Il governo britannico, olandese e a breve anche quello degli Emirati Arabi la spending review la fanno con software italiano. Perché ci sta che un commissario alla Bondi “dia la prima spazzolata, ma poi occorre sistematizzare i processi per non tornare alla situazione di partenza”. Ezio Melzi, direttore generale di Bravo Solution spera che il prossimo governo vada oltre la “scure” del commissario per “reiterare l’analisi di spesa. Un processo che permette alla Pa centrale britannica di fare una revisione mensile e a quella locale annuale della spesa”.
Il tutto tramite un forte utilizzo dell’e-procurement che la Pubblica amministrazione utilizza comunque meglio delle imprese. Domenico Casalino, amministratore delegato di Consip, stima al 5% il valore degli acquisti online degli enti pubblici contro un dato medio del 3% a livello nazionale.
Ma ovviamente non è soddisfatto. Come Melzi è convinto che il problema sia soprattutto di carattere culturale. Gli strumenti tecnologici e normativi esistono, mancano gli attori che decidano di svoltare con decisione verso l’online. Attori che nella Pa in teoria ci sarebbero visto che sono circa centomila i buyer per beni e servizi e probabilmente altrettanti per i lavori.
Un numero enorme che a Casalino piacerebbe ridurre. Nella sua lista dei desideri c’è infatti una razionalizzazione con “l’indicazione di una figura unica per ogni amministrazione in modo da avere chiarezza sulla responsabilità del processo di approvvigionamento. Migliorare le regole di compliance con un sistema di controlli più stringente è l’altro auspicio della società del ministero dell’economia che si occupa degli acquisti della Pa. Consip è infatti una “centale di committenza” nel senso che crea le condizioni e gli strumenti per acquisti degli enti pubblici.
Acquisti che si potrebbe anche trasferire, almeno in parte, verso l’online. Una misura utile ai fini della spending review che non ha però trovato posto al momento nei provvedimenti dell’esecutivo anche se potrebbe esserlo in futuro.
Di incentivare il passaggio verso l’online però ce n’è bisogno. Su 136,1 miliardi di spesa per beni e servizi da parte della Pa, Consip ne può presidiare 39. Il resto è formato da prestazioni sociali e “spesa da esplorare” come aggi su riscossione o spese particolari come quelle per la difesa. Di questi 39 miliardi oggi la società del ministero dell’Economia si occupa di 29 miliardi (il 74%) con strumenti come convenzioni, mercato elettronico e gare in Asp.
Attraverso il primo strumento nel 2011 gli acquisti effettuati con Consip sono stati pari a 2,9 miliardi con un risparmio medio del 20% rispetto ai prezzi mediamente praticati alla Pa. Per il mercato elettronico si parla di 243 milioni di euro, mentre le gare in Asp sono arrivate a 954 milioni di euro. La crescita c’è visto che a ottobre è stato superato il totale del 2011, ma il percorso è ancora lungo.
Gli acquisti effettuati tramite Consip sono infatti il 10% dei 29 miliardi, mentre sugli altri la società esercita una influenza indiretta perché chi decide di acquistare in altro modo gli stessi beni e servizi offerti con gli strumenti dell’e-procurement deve comunque uniformarsi al benchmark di prezzo e qualità stabilito da Consip. Il 10% è un dato medio che scorporato fra i vari enti vede in prima fila lo Stato con il 14%, gli enti territoriali con il 6%, la Sanità con il 10 e altri enti con il 18%.
“Ci sono amministrazioni – racconta Casalino – dove solo il 15% di una merceologia viene acquistato su Consip”. Il resto si perde tra vecchi contratti e altro. Manca l’attenzione alla qualità del processo di approvvigionamento nonostante ci siano 35 account che hanno il compito di supportare gli enti nel processo di acquisto oltre a una serie di attività a livello informativo e formativo che riguardano anche i piani alti delle amministrazioni.
Le zone di eccellenza sono sparse a macchia leopardo per tutta Italia. “Ci sono isole di efficienza al Sud e nelle isole dove sono presenti buyer con alto senso dello Stato”, spiega l’ad di Consip secondo il quale “L’organizzazione analogica della Pa con la polverizzazione dei processi d’acquisto (in Francia e Uk c’è un’unica centrale d’acquisto a livello nazionale) non ha più senso. Sono necessari centri di approvvigionamento in modo che la qualità degli addetti possa migliorare”. Oggi infatti non esistono certificazioni e ognuno può acquistare qualsiasi cosa.
Sul fronte delle imprese Ezio Melzi, direttore generale di Bravo Solution, racconta che “l’Italia tiene anche se le imprese sentono la congiuntura negativa e al momento hanno probabilmente altre priorità”. Un segnale positivo arriva dalla crescita delle medie aziende “soprattutto da quando queste soluzioni sono percepite non solo per gli acquisti, ma come un processo end to end che nasce dall’individuazione del fabbisogno aziendale fino ad arrivare all’emissione della fattura”.
Una delle filiere che più hanno compreso i vantaggi della gestione online degli acquisti è quella delle costruzioni che ha “affrontato con entusiasmo l’esperienza dell’e-procurement dove il risparmio rimane il parametro principale. Col tempo però si apprezzano l’efficienza operativa, il rigore e la tracciabilità del processo”.
L’evoluzione delle piattaforme segue le linee tracciate dai comportamenti aziendali. Le novità infatti non riguardano tanto il momento della formazione del prezzo, ma altri momento come la compilazione della lista dei fornitori invitati a partecipare alla gara. L’attenzione a parametri come la sostenibilità aziendale fa sì che si possano definire liste in base alla “pagella etica” dei fornitori”. “Per esempio individuando solo quelli che possono vantare la certificazione antimafia nel settore delle costruzioni”, spiega Melzi.
Così come Consip, anche Bravo Solution si aspetta un forte impulso dall’introduzione della fattura elettronica per i rapporti con la Pa e vuole guardare con ottimismo ai prossimi mesi. “Crediamo si stia consolidando l’idea che siano necessari progetti di legislatura”, sostiene Melzi. La tecnologia è pronta da tempo, basta prenderla.