Quali sono i prossimi passi delle nuove strategie del Governo per l’economia digitale? Innanzitutto, è bene precisare che l’Italia non è ferma ma molti piani sono già in corso di attuazione: dalla banda ultra larga, ai pagamenti elettronici, da SPID all’ANPR, ecc. Tuttavia, le nuove strategie hanno il merito di aver messo in fila progetti, attori e risorse garantendo ai piani un coordinamento nazionale, un respiro europeo e una maggiore ambizione.
Già, una congiuntura decisamente positiva che dona al Governo – a meno di un anno di vita – l’opportunità di disegnare strategie per le quali “i soldi non sono un problema”. 130 miliardi di euro circa tra fondi europei (fesr e feasr) e fondi nazionali (prevalentemente gli fsc 14/20 ma anche le economie dei passati FAS 07/13) da destinare allo sviluppo nazionale, soprattutto del Sud.
Un’occasione che capita ogni sette anni e che, se sfruttata al meglio, cambia i nostri destini.
Ecco che con queste possibilità le ambizioni aumentano e stimolano la voglia di veder crescere il nostro Paese e renderlo di nuovo leader. Per il digitale in particolare, perché è il settore, che più di qualunque altro, può rilanciare la nostra economia.
Le due strategie per il digitale, crescita e banda ultra larga, sono state scritte, inviate in Europa (in via informale la prima metà di novembre) e sono state sottoposte in consultazione pubblica per 30 giorni, sino al 20 dicembre, con circa 5500 visite e complessivamente ca. 900 commenti.
Ora siamo in una fase di riscrittura, abbiamo analizzato i contributi pervenuti, anche quelli prodotti da imprese che non hanno utilizzato la piattaforma pubblica preferendo l’invio di papers in forma riservata.
La prossima tappa è dunque a fine gennaio, quando avremo i testi definitivi delle due strategie che contemplano, dunque, i contributi pervenuti. Con la benedizione dei Ministri competenti i testi saranno poi inviati ufficialmente alla Commissione europea.
La seconda tappa si giocherà infatti a Bruxelles, dove le due strategie saranno analizzate per valutarne la portata sia in relazione al soddisfacimento delle condizionalità ex ante (per la spesa dei fondi comunitari 2014/20) sia la compatibilità con gli aiuti di Stato. Eventuali ulteriori modifiche potrebbero pervenire proprio da qui. Non dovrebbero esserci molti punti di tensione comunque, poiché le due strategie sono in linea con l’agenda digitale della Strategia EU2020. Il nuovo Piano per la banda ultra larga in particolare, aggiunge ai modelli del Piano già in corso di attuazione, la defiscalizzaIizzazione per le infrastrutture BUL che però segue un iter a parte, attraverso un separato decreto che pare non sia necessario notificare.
Il percorso è tracciato: la strada per digitalizzare il nostro Paese sembrerebbe quindi in discesa, ma l’iter descritto è un’ipotesi di scuola, che non tiene conto di tutte le variabili che argomenti di questa complessità non possono non mettere in conto.
Certamente, per il tema banda ultralarga la consultazione pubblica e le riflessioni in corso stanno facendo maturare degli obiettivi ugualmente ambiziosi, ma forse più razionali in termini di possibilità e di mercato. Lo scenario più probabile- da qui a 5/7 anni- potrebbe essere più vicino all’obiettivo 50% della popolazione coperta dal servizio oltre 100 mbps piuttosto che all’85% e quindi la restante metà della popolazione si attesterà sui 30 mbps. Anche se l’evoluzione tecnologica permetterà presto anche alla tecnologia Fttc di scalare la capacità da 30 a 100 mbps.
Se il piano andasse a buon fine sarebbe comunque uno straordinario salto di qualità rispetto alla situazione di oggi, ove solo poco più del 20% dei cittadini sono benedetti dai 30 Mbps e il sogno dei 100 Mbps è riservato a pochissimi eletti.
La terza tappa è l’istituzione del polo di attrazione dei fondi di cui si parla nella strategia governativa: un fondo multi fondo e multi programma che piloterà tutti gli investimenti, almeno per la parte banda ultralarga. Un fondo che ha il merito di garantire una regia unica, centralizzata, capace di sfruttare le sinergie possibili. Si tratta di uno strumento di cui si sono dotati anche molti altri Paesi europei, perché – fra gli altri benefici – ha quello di superare il vincolo del patto di stabilità, stuzzicando l’interesse anche di molti enti locali. Uno strumento forse non ben evidenziato sino ad oggi ma fondamentale per l’attuazione e l’efficacia del piano.
Un fondo che gestisca tutti i modelli di intervento previsti, in particolare quello a incentivo e diretto, ma anche, probabilmente, la misura di defiscalizzazione, a cui il mercato sta lanciando segnali positivi almeno nelle città principali, dove la domanda potrà generare accettabili ritorni sugli investimenti. Con questi presupposti i business plan di più di un operatore cominciano a girare anche per i 100 Mbps, sebbene il rischio d’investimento sia ancora elevato e debba essere supportato. Se l’Italia crede davvero che queste siano le autostrade del futuro, allora merita un po’ di riconoscenza anche chi queste strade le costruisce, perché lo sforzo economico non è indifferente. In questo, può e deve giocare un ruolo l’Autorità di regolamentazione: nel momento in cui il Governo fa uno sforzo così straordinario e di sistema, serve coraggio e capacità innovativa da parte di tutti gli stakeholders. Anche Agcom dunque dovrà lavorare con lungimiranza e in una logica di medio lungo periodo che privilegi un reale e significativo sviluppo infrastrutturale come altri regolatori europei hanno saputo efficacemente fare. Il nostro Paese ne ha uno straordinario e urgente bisogno.
@rlehnus