CULTURA DIGITALE

Perché una strategia per l’e-leadership

Lo sviluppo della cultura digitale nel mondo del lavoro e in particolar modo tra manager e imprenditori è fondamentale per il “salto” di qualità che deve realizzare l’Italia. In questo una strategia organica per favorire l’e-leadership diventa un decisivo fattore di successo

Pubblicato il 25 Ago 2014

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Uno dei principali temi trattati negli workshop di Digital Venice sulle competenze digitali è stato quello delle competenze digitali per il lavoro e nel lavoro, tema che è naturalmente al centro anche dei programmi operativi territoriali in fase di realizzazione nelle Regioni. Un tema che sta assumendo sempre più un’importanza strategica via via che si acquisisce la consapevolezza che il valore e l’impatto positivo della rivoluzione digitale risiedono soprattutto nella capacità di indirizzare in modo adeguato le opportunità offerte dalle tecnologie, e soprattutto di quelle digitali.

Se seguiamo il paradigma presentato dal Programma Nazionale per la cultura, la formazione e le competenze digitali, il tema dell’e-leadership si articola su due fronti:

  • delle competenze digitali relative allo specifico ambito di lavoro e quindi legate al dominio di applicazione (non solo secondo la discriminante settore pubblico-privato ma anche rispetto alle specializzazioni verticali, come turismo, sanità, mobilità);
  • delle competenze digitali relative all’esercizio della leadership e quindi proprie dei ruoli imprenditoriali e manageriali.

L’approccio alla e-leadership, in questi ultimi anni molto spinto dalla Commissione Europea con alcuni importanti programmi come eskillsforJobs e dalle iniziative di Empirica, sostanzialmente punta a far sì che il digitale esca dalla nicchia degli specialisti ICT (fondamentale per la realizzazione delle innovazioni ma non per comprendere quali innovazioni realizzare) e che pervada rapidamente tutti i settori economici. Non soltanto, naturalmente, nella parte finale della vendita, pur importante, e quindi non soltanto misurabile con i dati dell’e-commerce, ma in generale e in profondità penetrando nei processi e nei funzionamenti strategici e operativi delle organizzazioni. Non è un caso, infatti, che il modello delle competenze di e-leadership si costruisca intorno alla piena integrazione di competenze soft e relazionali, competenze manageriali e di contesto, e competenze specifiche della comprensione del come il digitale può essere utilizzato per gli obiettivi organizzativi e di “business”. In altri termini, rispetto al come le tecnologie digitali possono contribuire a migliorare e a rendere più efficace e di successo il prodotto-servizio realizzato, oltre che a migliorare i processi di gestione, di comunicazione, di marketing. È la competenza che accompagna il fenomeno, irreversibile, per cui ogni lavoro richiederà competenze digitali, e che diventa necessaria per le aziende nei due momenti più critici:

  • il passaggio dalla fase pre-adolescenziale a quella adolescenziale e poi di eccellenza del proprio ciclo di vita (quando diventa necessaria una forma flessibile ma evoluta di organizzazione, che per le start-up si verifica verso i 5-6 anni);
  • la trasformazione-rigenerazione che permette di non passare dalla fase di eccellenza a quella matura e non più espansiva, ma lentamente regressiva, e di cambiare nei propri processi, nel mercato e nella propria offerta.

E se questo diventa fondamentale per la sopravvivenza stessa delle aziende, per il settore pubblico rappresenta l’unica via per riuscire a mantenere la propria missione, che si può sinteticamente riassumere, seguendo il Programma Nazionale per la cultura digitale, nel “Realizzare una Pubblica Amministrazione più efficiente ed efficace al servizio del cittadino” e quindi “gestire il cambiamento e l’innovazione nella PA”.

Chi sono gli e-leader

Non esistono “e-leader potenziali”. Gli e-leader sono coloro che innovano, e quindi cambiano concretamente la realtà in cui operano. Non sono inventori e creativi, anche se sono importanti la creatività e l’intuito. Si distinguono perché nelle loro iniziative di cambiamento non sono soli, ma riescono a costruire una squadra che rende possibili i risultati e che diventa a sua volta, contagiosamente, motore di cambiamento. Si distinguono perché il cambiamento ha solide radici, può essere dirompente, ma anche flessibile. Perché l’intento è durare nel tempo e cavalcare più onde, riconoscerle e, se necessario, immaginarle e crearle.

Nulla di nuovo, se non per il fatto che la piena comprensione del digitale diventa un fattore critico di successo, come non era mai stato prima davvero per la conoscenza delle tecnologie. Perché da questa comprensione passa non solo l’attività produttiva, ma l’intera attività dell’organizzazione, il suo stesso carattere. Nello stadio più maturo della comprensione di quell’affermazione “i mercati sono conversazioni” (legata al “Cluetrain Manifesto”) oscura dieci anni fa alla maggior parte dei manager e degli imprenditori.

E quindi, chi sono gli e-leader? Sono prima di tutto gli innovatori che hanno realizzato un cambiamento, non effimero, grazie al digitale. Seguendo sempre il Programma Nazionale della cultura digitale, sono innovatori come Salvatore Giuliano e il suo progetto Book in Progress , che nasce nel 2009 presso l’ITIS “Ettore Majorana” di Brindisi con l’intento di realizzare e distribuire agli alunni e alle famiglie libri di testo e altri materiali didattici per tutte le discipline delle prime e delle seconde classi dei Licei, degli Istituti tecnici e degli Istituti professionali. Oggi Book in Progress è una rete nazionale in grande espansione e che conta circa 1000 docenti­-autori facenti capo a 150 istituzioni scolastiche diffuse in tutta Italia. Oppure, nel settore privato, come Massimo Banzi, co-fondatore del progetto Arduino, non tanto per la costruzione geniale della scheda a microcontroller open source made in Italy, che viene utilizzata dai creativi di tutto il mondo, quanto per il processo che ha portato dai FabLab ad un’azienda di dimensioni internazionali, grazie ad una community online di appassionati, ma anche ad una rete organizzativa efficace. Come gli imprenditori e i manager che oggi riescono, nel privato, a far sì che le proprie imprese siano eccellenti nel mercato e riferimento per la qualità del lavoro, e nel pubblico a uscire dagli schemi medi di efficienza ed efficacia.

Coltivare l’e-leadership

La e-leadership “esiste in natura”, quindi, ma non possiamo accontentarci. Perché deve pervadere, in una certa misura, tutti i lavoratori, e perché dobbiamo costruire le condizioni migliori per un suo sviluppo sempre più diffuso. L’obiettivo finale è, infatti, che queste competenze siano in ogni organizzazione. Per questa ragione bisogna agire su due fronti, contemporaneamente:

  • della scuola e dell’università, perché per i giovani sempre più la comprensione del digitale diventi capacità di realizzare attività con le tecnologie digitali;
  • della formazione permanente, perché le professionalità si convertano rapidamente verso il paradigma basato sulle competenze digitali.

E rispetto ai giovani, principali “digital evangelist” di questo cambiamento, seguendo sempre Il Programma Nazionale per la Cultura Digitale “pensare a nuovi percorsi di alta formazione che coniughino competenze specialistiche di contesto […] con alte competenze caratterizzanti la e-leadership, dalla cultura digitale ai soft skill alle alte competenze manageriali. Ma è altrettanto opportuna anche una disseminazione di ampia scala di “fondamenti di e-leadership” sui giovani che potranno svolgere nuovi lavori, oggi ancora non classificati, in imprese e organizzazioni piccole, in settori su cui l’economia italiana può “entrare in partita” con l’apporto di creatività digitale”

Anche in Italia ci sono delle prime iniziative, come quelle premiate al recente “Contest delle Azioni Digitali”, come l’esperienza della Regione Toscana del sistema di web learning TRIO, che ha promosso un percorso formativo rivolto al mondo della scuola, agli occupati e inoccupati, al personale della PA, il programma formativo Sailing di Federmanager, e il progetto Meet to Neet 2 di Fondazione Mondo Digitale, che ha finora raggiunto circa 6.000 giovani in 9 regioni italiane. Il tema principale è qui, soprattutto, promuovere percorsi pienamente interdisciplinari e allo stesso tempo operativi, andando oltre la separazione e la specializzazione delle competenze. E far seguire politiche e programmi organici. Perché abbiamo bisogno di “pensare digitale”.

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