ambiente e diritti umani

Sostenibilità, le imprese verso i nuovi obblighi della “CSDDD”: come prepararsi



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La Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD) impone alle imprese di risolvere gli impatti negativi ambientali e sui diritti umani. Le grandi imprese dovranno adeguarsi entro tre-cinque anni, coinvolgendo anche le PMI. Previste sanzioni severe per violazioni. Le imprese devono iniziare a implementare procedure sostenibili per conformarsi gradualmente

Pubblicato il 9 lug 2024

Gianluca Albè

A&A Studio Legale



sostenibilità dei data center

Lo scorso 24 maggio 2024 è stato completato l’iter di adozione della Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD o CS3D), che con la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), relativa alla rendicontazione societaria di sostenibilità, concorre alla promozione del processo di transizione verso uno sviluppo economico sostenibile.

Etica e sostenibilità delle imprese, i pilastri della CSDDD

Mentre la CSRD ha lo scopo di promuovere la trasparenza sugli impatti delle attività di impresa – ambientali, sociali e in tema di ESG – attraverso un incremento degli obblighi di reporting, la CSDDD imporrà alle imprese di prendere in considerazione e risolvere gli eventuali impatti negativi generati dall’attività svolta verso l’ambiente e i diritti umani. Etica e sostenibilità sono quindi i due obiettivi che dovranno concorrere con quello della generazione di profitti, il cui perseguimento non potrà andare a scapito della salute del pianeta e delle persone.

L’impresa dovrà prediligere comportamenti sostenibili e responsabili a livello globale, che si racchiudono nella stretta osservanza del dovere di diligenza in ogni fase del processo produttivo, quindi non solo nei processi interni, ma anche lungo tutta la catena di valore, coinvolgendo i partner commerciali, a partire dalle fasi di progettazione iniziale e dell’approvvigionamento delle risorse e fino alla distribuzione finale.

Le tempistiche della CSDDD

Una volta pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, la CSDDD entrerà in vigore trascorsi 20 giorni, con conseguente obbligo di recepimento a carico degli Stati membri entro i successivi due anni. Le norme si applicheranno gradualmente alle grandi imprese, in base alla dimensione, nei tre – cinque anni successivi. Precisamente:

  • entro i primi tre anni successivi all’entrata in vigore della Direttiva, si dovranno adeguare le imprese che nell’ultimo esercizio hanno contato più di 5000 dipendenti e un fatturato di oltre 1.500.000.000,00 euro;
  • entro l’anno successivo, e quindi quattro anni successivi all’entrata in vigore del provvedimento, l’obbligo entrerà in vigore anche per le imprese con più di 3000 dipendenti e con un fatturato di oltre 900.000,00 euro nell’esercizio precedente;
  • l’ultimo step avverrà dopo cinque anni dall’entrata in vigore della Direttiva, quindi presumibilmente nel 2029, quando gli obblighi si applicheranno alle imprese con più di 1000 dipendenti ed un fatturato di oltre 450.000,00 euro.

Sono quindi interessate direttamente dal provvedimento solo le grandi imprese. Tuttavia, la Direttiva prevede misure di sostegno e di protezione a favore delle piccole e medie imprese (PMI). Anche le PMI, infatti, si troveranno coinvolte, seppure indirettamente, partecipando a vario titolo alle catene di approvvigionamento delle grandi imprese. Tutti gli attori della supply chain saranno dunque chiamati a fornire informazioni relative alla sostenibilità.

I nuovi obblighi di due diligence riferiti alla tutela dell’ambiente e dei diritti umani

Entrando nel merito delle nuove disposizioni, la CSDDD, coerentemente con quanto previsto dalla CSRD, introdurrà nuovi obblighi di due diligence riferiti alla tutela dell’ambiente e dei diritti umani, allo scopo di individuare gli impatti negativi, prevenirli ed eventualmente porvi rimedio. Le imprese, infatti, saranno tenute ad integrare il dovere di diligenze nelle proprie politiche, elaborando un codice di condotta e delle specifiche procedure, da aggiornare in caso di modifiche e comunque periodicamente.

Come?

Le imprese dovranno innanzitutto mappare le proprie attività estendendo l’analisi a quelle delle loro filiazioni e, se collegate alle proprie catene di attività, dei partner commerciali. L’interlocuzione e la collaborazione sono quindi necessarie. Ciò potrà riguardare l’identità dei partner commerciali, diretti e indiretti, o informazioni essenziali indispensabili per individuare gli impatti negativi, effettivi e anche solo potenziali, mentre tale pratica non potrà spingersi sino a imporre la divulgazione di segreti commerciali.

Potranno essere richieste garanzie contrattuali al fine di assicurare il rispetto del codice di condotta adottato dalla grande impresa o del piano di azione in materia di prevenzione, purché siano previste condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie. In tali casi, la verifica della conformità può essere demandata a un ente terzo.

Le PMI coinvolte, se necessario in considerazione delle relative risorse economiche, potranno essere destinatarie di misure di sostegno finanziario mirato in modo da evitare che l’implementazione delle policy ed il rispetto del codice di condotta abbiano impatti negativi e poco sostenibili sul piano finanziario. Le società dovranno inoltre conservare la documentazione riguardante le azioni svolte per adempiere agli obblighi relativi al dovere di diligenza, al fine di attestare la conformità, per almeno cinque anni dal momento in cui tale documentazione è stata prodotta o ottenuta.

L’apparato sanzionatorio

In caso di violazione delle norme nazionali di recepimento, gli Stati membri dovranno prevedere sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, tenuto conto di una serie di elementi. In particolare (i) di natura, gravità e durata della violazione nonché degli impatti da essa causati; (ii) degli investimenti effettuati e del sostegno fornito alle PMI; (iii) dell’eventuale collaborazione allo scopo di affrontare gli impatti della violazione; (iv) delle eventuali misure correttive adottate dalla società, così come di eventuali altri fattori aggravanti o attenuanti rilevanti.

Le imprese saranno quindi tenute alla stretta osservanza dei diritti umani e degli standard ambientali anche al fine di evitare sanzioni che possono raggiungere il 5% del fatturato mondiale netto nell’esercizio finanziario precedente. In aggiunta, verrà prevista la responsabilità civile della società, con conseguente obbligo di risarcire i danni causa a persone fisiche o giuridiche dalla violazione degli obblighi di prevenzione degli impatti negativi previsti dalla Direttiva. Ferma la responsabilità solidale della grande impresa e dei partner qualora il danno sia causato congiuntamente, tale responsabilità è invece esclusa se il danno è causato dai soli partner commerciali.

Come prepararsi

Sebbene siano direttamente coinvolte le grandi imprese in un percorso che interesserà almeno i prossimi cinque anni, anche in considerazione del ruolo centrale della tutela dell’ambiente e dei diritti umani negli ultimi provvedimenti adottati a livello comunitario, è opportuno che le imprese inizino gradualmente ad implementare procedure che attestino una certa sensibilità verso tali tematiche.

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