la proposta

Missione 6 Salute del Pnrr, come attuarla: approcci possibili

Proponiamo possibili approccio attuativi per ricostruire una Sanità nell’era digitale. In ogni caso è opportuno che il metodo adottato sia equo, trasparente e soprattutto efficiente dal punto di vista delle procedure e dei tempi

Pubblicato il 23 Feb 2021

Gabriella Borghi

Cefriel – Esperta in progettazione e gestione progetti di sanità digitale

Loredana Luzzi

Direttore Generale Università degli Studi di Brescia e componente direttivo AisdeT

Carlo Zocchetti

Epidemiologo e ingegnere informatico

comunicazione sanità - fascicolo sanitario elettronico

Abbiamo a disposizione due mesi per ridefinire/confermare gli interventi del Pnrr, per la Sanità, con le relative procedure di assegnazione delle risorse e l’individuazione di indicatori di realizzazione e controllo.

Altrimenti faremmo l’ennesima brutta figura di fronte a chi ci finanzia (Europa) se alle difficoltà realizzative insite nella materia – si vedano i tempi che hanno richiesto per la loro realizzazione le diverse iniziative territoriali citate in precedenza – ne aggiungessimo di ulteriori semplicemente per lentezze e garbugli burocratici.

In un altro articolo abbiamo ricordato gli interventi ora indicati nella Missione 6 Salute del PNRR, che sembrano orientati a strutturare “fisicamente” una nuova “salute territoriale”.

Qui proviamo a fare due considerazioni attuative.

Attuare gli obiettivi della Missione 6 Salute Pnrr

La prima. Alla luce delle eterogenee esperienze in corso sul tema della gestione della sanità e socio-sanità a livello di distretti (ambiti, ASL, …) nonché delle peculiarità dei territori e dei, presumibilmente, diversi bisogni cui vi sarà necessità di rispondere localmente, è auspicabile che una proposta nazionale si limiti a stabilire gli obiettivi da raggiungere e le regole di ingaggio da adottare, lasciando poi alle singole regioni ed alla loro organizzazione territoriale (ASL, ATS, …) il compito di implementare le soluzioni tecniche che ritengono più corrispondenti alle esigenze delle popolazioni cui si rivolgono. Va da sé che questo indirizzo rimette tecnicamente sul tavolo anche la tematica del corretto rapporto tra centro e periferia attraverso il coinvolgimento diretto delle Regioni che sulla sanità hanno una piena competenza organizzativa, nella speranza che la stessa dinamica sussidiaria si riproduca poi all’interno delle singole regioni (almeno per quelle più grandi).

Ciò potrebbe essere però superato dalla presenza di un framework o modello condiviso a livello nazionale, anche per consentire al settore industriale di conoscere i requisiti tecnologici e gli standard richiesti aprendo veramente un mercato non più frammentato ed in grado poi di poter competere a livello europeo. Nella situazione attuale non è facile disporre di valutazioni indipendenti sulla qualità e sulle reali prestazioni dei prodotti offerti. E non c’è come la tecnologia poco integrata ed “user friendly” per frenare la trasformazione digitale auspicata. L’aspetto tecnologico non è di poco conto: l’effettivo salto di qualità nella erogazione dei servizi potrà essere fatto solo con l’adozione di strumenti tecnologici diffusi, sicuri e facili da utilizzare.

La seconda. Essendo disponibili risorse economiche a livello nazionale, è opinione degli scriventi che la gestione di tali risorse, anche alla luce di quanto appena osservato, non avvenga direttamente a livello centrale – a prescindere da chi sarà il soggetto materialmente coinvolto – ma sia demandata alle singole regioni. Certamente è necessario adottare le naturali precauzioni di governo che si richiedono in questi casi e per tutte e tre le tipologie di intervento è necessario individuare una modalità adeguata per distribuire tali fondi ai diversi territori sulla base di indicatori condivisi per l’assegnazione, la verifica ed il controllo dell’utilizzo.

PNRR, la Missione Salute sul territorio: focus su assistenza di prossimità e telemedicina

Gli approcci possibili

A questo proposito, e nell’ipotesi che il ruolo di periferia sia svolto dalle singole regioni (che poi distribuiranno a loro volta le risorse acquisite), le opzioni possono essere molte.

  • Un primo approccio potrebbe essere quello di replicare la suddivisione per quota capitaria che caratterizza la ripartizione del Fondo Sanitario Nazionale: in questo caso si potrebbero utilizzare le quote riferite al riparto complessivo, ovvero le quote relative alla parte di fondo destinata alla assistenza territoriale, ovvero ancora le quote conseguenti ad ulteriori scomposizioni della assistenza territoriale (medicina di base, prestazioni ambulatoriali, …). Adottando questo criterio si deve anche aggiungere che più è generale il contesto preso a riferimento (ad esempio: fondo totale indiviso) e meno vi è garanzia che i fondi siano utilizzati proprio per gli interventi proposti: succede infatti spesso che i fondi indivisi alla fin fine vengano messi dove “servono” e non dedicati alle opere per cui sono stati assegnati.
  • Un secondo approccio potrebbe prevedere la predisposizione di proposte operative definite da parte delle regioni ed il conseguente finanziamento a fronte di un progetto economico preciso, così come solitamente succede con i bandi europei, con i bandi di ricerca, e così via. Questa modalità garantisce maggiore aderenza tra fondi assegnati e progetti da realizzare ma richiede un meccanismo di assegnazione più complesso (ad esempio: una commissione di valutazione dei progetti) e potrebbe non garantire una equità distributiva (maggiori fondi alle regioni più solerti nel presentare progetti).

Sono due esempi di approcci – tra i tanti possibili – che sono caratterizzati dal fatto che il finanziamento avvenga ante operam: in questo caso sarà opportuno introdurre da una parte elementi di controllo per garantire che i fondi finiscano esattamente dove è previsto dagli obiettivi nazionali stabiliti e dalle regole di ingaggio poste sul tavolo, e dall’altra elementi di valutazione affinché le opere siano realizzate secondo tali obiettivi e regole di ingaggio.

  • Un altro approccio potrebbe invece essere quello di prevedere il finanziamento post operam – o in corso di attuazione – il vantaggio di questo approccio è la garanzia che l’opera è effettivamente in corso di realizzazione (se non già terminata), ma espone le regioni finanziariamente perché i fondi vengono erogati una volta che gli stessi sono già stati spesi ed ammesso che vi sia una positiva valutazione (anche dal punto di vista economico) del progetto realizzato.

A prescindere dall’approccio che si vorrà scegliere – quelli proposti sono solo esempi e ammettono molte varianti e condizioni al loro interno – è opportuno che il metodo adottato sia equo, trasparente e soprattutto efficiente dal punto di vista delle procedure e dei tempi.  

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