Public performance

Streaming e musica “su misura” per i negozi: le nuove opportunità

La musica è una parte importante dell’arredo di un negozio, oltre che una forma di intrattenimento, e la costruzione del palinsesto, per essere efficace, deve essere realizzata da esperti del settore. Il mercato dello streaming su misura per gli esercizi commerciali è in crescita. Il punto

Pubblicato il 05 Mar 2021

Enzo Mazza

CEO F.I.M.I. (Federazione industria musicale italiana)

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Tecnologie digitali e streaming trovano un nuovo importante sbocco commerciale nella diffusione di musica nei pubblici esercizi. Sebbene in Italia questo tipo di servizio musicale “su misura” sia ancora poco diffuso, le stime dei potenziali ricavi a livello globale sono molto promettenti.

Il mercato del public performance

Quello del public performance, ossia della diffusione di musica B2B in locali come esercizi pubblici, negozi, grandi superfici, è un mercato sempre più rilevante per i fatturati delle case discografiche. Nel 2019, in Italia, l’incasso complessivo della principale società di gestione attiva sul mercato, SCF, ha superato i dieci milioni di euro in questo specifico segmento. A livello mondiale questa linea di fatturato ha superato gli 850 milioni di dollari ed essa costituisce una quota rilevante degli incassi che provengono dai diritti musicali, superiore, ad esempio, a quanto generato dal broadcasting.

Anche se nel 2020 la pandemia avrà un certo impatto negativo sui ricavi a causa dei vari lockdown, il modello di business è in costante espansione e sicuramente tornerà a crescere in futuro, grazie soprattutto ad una forte spinta verso l’innovazione nei processi di diffusione del contenuto. L’Europa, in particolare, è l’area con la maggiore potenzialità, seguita dall’America Latina. L’Italia è l’ottavo mercato al mondo per ricavi.

Molte società nazionali e internazionali gestiscono questi servizi come music provider con un’offerta ampia ed articolata e, soprattutto grazie alle tecnologie dello streaming, in grado di essere modulata con playlist dedicate al tipo di esercizio o di attività professionale. Le ricerche di mercato hanno dimostrato l’importanza della presenza di musica all’interno di un punto vendita e delle potenzialità legate anche a influenzare i consumatori. La musica è di fatto una parte importante dell’arredo di un punto vendita, oltre che una forma di intrattenimento e la costruzione del palinsesto, per essere efficace, deve essere realizzata da esperti del settore. Il mercato globale degli esercizi commerciali che potrebbero utilizzare musica come sottofondo è enorme ed è stato stimato da una ricerca di Nielsen in oltre ventuno milioni, con un potenziale di ricavi per l’industria discografiche di oltre due miliardi e mezzo di dollari all’anno, più del doppio di quanto ricavato oggi.

Contenuti on-demand per i brand

Quasi il 90% degli esercizi commerciali passano musica per una media di 4/5 giorni alla settimana e spesso utilizzano tuttavia le piattaforme di streaming personali, cosa non autorizzata dalle licenze. La licenza di Spotify, ad esempio, chiarisce che la musica in abbonamento non può essere utilizzata per la pubblica diffusione in negozi, bar, ristoranti, ecc. ma solo per l’intrattenimento personale.

Su questa linea sono così sorte società dedicate, una della quali è proprio uno spin off di Spotify, Soundtrack Your Brand, o MCube, una delle tante attive anche in Italia. Sono realtà che sviluppano contenuti on demand, e gestiscono l’aggiornamento e la produzione di playlist verticalizzate ed in linea con la strategia dei brand. Oltre l’80 % dei titolari di esercizi hanno infatti confermato come la musica sia estremamente importante o importante per il proprio business e l’86 % ha affermato di essere disposto a pagare un fee per un servizio dedicato.

La situazione in Italia

La situazione in Italia è ancora abbastanza confusa e il 50% dei titolari di esercizi commerciali ha affermato che utilizza propri account personali di piattaforme streaming o di video sharing per trasmettere musica nel proprio locale. E questo si somma a un’evasione dei diritti ancora diffusa, soprattutto in certe aree del Paese. In realtà le società che raccolgono i diritti per l’utilizzazione secondaria, come SCF, e i partner attivi nell’offerta di musica on-demand hanno da tempo elaborato licenze dedicate che affiancano al pagamento dei diritti anche una serie di servizi dedicati che modulano le playlist anche con riferimento al tipo di prodotto commercializzato o al tipo di consumatore. Di questo tema, peraltro, si è parlato diffusamente in un panel che si è tenuto durante l’ultima edizione della Milano Music Week.

L’evoluzione della radio in-store - Milano Music Week 2020

L’evoluzione della radio in-store - Milano Music Week 2020

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Oggi, in Italia, i punti vendita serviti dai music provider B2B con licenza SCF sono oltre 35 mila e utilizzano un vasto repertorio di decine di milioni di brani musicali dei più importanti generi o star italiane ed internazionali. Negli ultimi dieci anni l’offerta è cresciuta del 70% e ha avuto ovviamente un proprio boom con lo streaming musicale che consente di generare flussi centralizzati, ma allo stesso tempo verticalizzati sui clienti, con un modello di abbonamento. I servizi dedicati consentono di integrare pubblicità mirate, annunci di pubblica utilità o messaggi informativi nell’ambito dello stream che viene pianificato e scelto spesso dallo stesso gestore dei retail con una propria app gestita da mobile, come se fosse un normale servizio di streaming consumer. Questo modello di business è stato per molti anni poco incentivato, anche a causa della complessità tecnologica legata alla diffusione, che spesso portava semplicemente alla trasmissione di musica tramite la radio. Le tecnologie digitali e lo streaming in particolare hanno offerto una nuova potenzialità che richiamerà molti competitor in un segmento realmente promettente.

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