Studi recenti (di Stanford University e Brookings Institution) confermano ciò che l’anno scorso di questi tempi molti temevano (MIT, World Economic Forum) la pandemia ha accelerato i piani di automazione di molte aziende, negli USA, ai danni delle prestazioni lavorative più qualificate e maggiormente remunerate, fino a poco tempo fa considerate non a rischio.
I robot vanno a caccia dei colletti bianchi, titola il New York Times, riportando diversi esperti e addetti ai lavori che confermano queste evidenze. Per la prima volta, l’automazione comincia a colpire più i lavori di medio-alto profilo che quelli di medio-basso (blue collar). “I lavoratori laureati saranno quasi quattro volte più esposti ai processi di automazione prodotti dai sistemi di intelligenza artificiale rispetto ai lavoratori con solo un diploma di scuola superiore”, si legge nello studio.
Le previsioni del World Economic Forum
Il World Economic Forum lo aveva già descritto nel Report “The Future of Jobs 2018”, prevedendo per il 2022 la cessazione di ben 75 milioni posti di lavoro, soltanto come primo effetto dell’inesorabile processo di profonda trasformazione delle occupazioni destinato, come punto di non ritorno, anche in base a quanto teorizzato nell’ultima edizione del Report WEForum del 2020, a mutare drasticamente il mercato del lavoro.
La previsione è che «nei prossimi 10 anni l’automazione cambierà il 50% dei posti di lavoro, mentre 9 lavori su 10 richiederanno competenze digitali […] 1,2 miliardi di dipendenti in tutto il mondo saranno interessati dall’adattamento delle tecnologie di automazione e dell’intelligenza artificiale» con il rischio di provocare la perdita di 800 milioni di posti di lavoro entro il 2030.
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L’accelerazione legata al covid
Previsione che ora con la pandemia può essere addirittura troppo conservativa. La società di consulenza McKinsey, che aveva previsto prima della pandemia che 37 milioni di lavoratori statunitensi sarebbero stati spostati dall’automazione entro il 2030, ha recentemente aumentato la sua proiezione a 45 milioni.
Addetti alle risorse umane riportano al NYTimes che il covid-19 ha obbligato alcune aziende ad automatizzare i posti “di concetto”, per via del calo dei ricavi; ma anche ha fornito loro in altri casi una giustificazione per tagli che prima sarebbero stati poco giustificabili politicamente.
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Il covid infatti ha determinato la rapida ristrutturazione dei processi produttivi delle aziende che, mediante un significativo incremento degli investimenti nel settore dell’intelligenza artificiale, stanno realizzando ingenti piani di automazione delle proprie strutture organizzative gestite da software e applicazioni tecnologiche che faranno a meno di un numero crescente di dipendenti adibiti alle attuali mansioni lavorative.
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L’impatto della automazione dei processi robotici
La cosiddetta “automazione dei processi robotici” sta producendo risultati efficienti nel sistema organizzativo delle imprese a costi inferiori rispetto a quelli sostenuti per il pagamento del salario dei lavoratori o per la necessaria pianificazione di programmi di riqualificazione professionale, determinando, come “effetto domino”, il progressivo licenziamento di un crescente numero di dipendenti per lo svolgimento di compiti facilmente gestibili dalle tecnologie con un significativo risparmio di spesa a fronte di un rilevante incremento dei profitti realizzati mediante tali strategie aziendali di automazione.
Peraltro, l’attuale situazione emergenziale “Covid-19” consente di superare, con maggiore facilità rispetto allo scenario pre-pandemia, le resistenze culturali manifestate da politici e sindacati, a difesa dei diritti dei lavoratori, contrarie a qualsivoglia politica di automazione delle occupazioni incidente sulla contrazione dei posti di lavoro, proprio perché in tale momento storico si intensifica la proliferazione in chiave digitale di attività che presuppongono, per soddisfare la domanda di beni e servizi, il necessario utilizzo di applicazioni, sistemi tecnologici, bot e algoritmi indispensabili al fine di consentire lo svolgimento di mansioni altrimenti ineseguibili.
I lavori qualificati diventano ad alto rischio
Non c’è solo un aumento quantitativo dell’automazione. I lavori white collar a rischio finora (come quelli blue collar) sono stati quelli ripetitivi, single-task (data entry, legal discovery, call center…). L’automazione, come detto, ora sembra destinata a travolgere non solo le occupazioni meramente esecutive nello svolgimento di attività meccaniche, ma anche le prestazioni intellettuali tradizionalmente affidate a personale umano qualificato, in possesso di cognizioni formative elevate, presto quindi sostituito da sofisticati algoritmi che saranno in grado di svolgere qualunque tipo di lavoro cognitivo tipicamente riservato ai cosiddetti “colletti bianchi” (come medici, avvocati).
“Molti lavori professionali combinano qualche elemento di elaborazione delle informazioni di routine con un elemento di giudizio e discrezione”, ha detto al NyTimes David Autor, un economista del M.I.T. che studia gli effetti dell’automazione sul lavoro. “È qui che il software ha sempre fallito. Ma con l’A.I., quel tipo di lavoro è molto più sostituibile”.
Quelle competenze, di carattere decisionale e predittivo, sono ora automatizzabili meglio – in contesti prevedibili – dall’AI e infatti, nota lo studio Brookings-Stanford – le aziende ora cercano più spesso software dotati di queste funzioni. Capacità di prevedere e prendere decisioni.
Qualche esempio tratto dall’analisti del NyTimes: automatizzati ora molti lavori ambiti finanziari (riconciliare gli estratti conto bancari, approvare le note spese, rivedere i moduli delle tasse) e periti assicurativi.
In uno scenario di instabilità generale, ove anche le certezze del passato sono sempre più erose dalla rapida evoluzione dell’innovazione tecnologica che mette a dura prova la tenuta dei “secolari” sistemi educativi delle scuole e delle università, in passato considerati percorsi affidabili nel garantire l’accesso sicuro e celere al mercato del lavoro, i progressi dei sistemi di intelligenza artificiale evidenziano impensabili prospettive di apprendimento automatico in grado di rendere marginale il sapere – specie se nozionistico – acquisito nel corso di lunghi e faticosi anni di formazione.
Una situazione che rende più necessario si acceleri su politiche del lavoro e formative di massa, per evitare una potenziale bomba sociale.
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