Non-Fungible Token

NFT per la musica, sarà nuova bolla? Cosa aspettarsi

La febbre degli NFT si è alzata in breve tempo anche nel settore musicale. Molte le iniziative di artisti che puntano sul fattore esclusività per cavalcare l’onda dei Non-Fungible Token, ma è presto per parlare di killer application

Pubblicato il 25 Mar 2021

Enzo Mazza

CEO F.I.M.I. (Federazione industria musicale italiana)

blockchain

Anche nel campo della musica, il nuovo fenomeno del momento sembra essere rappresentato dagli NFT, ovvero i Non-Fungible Token, pacchetti di informazioni che descrivono e certificano la proprietà di un oggetto fisico o digitale.

Ma sarà vera rivoluzione o finirà come molti hype che si sono sgonfiati senza i risultati attesi?

NFT e musica

Vero è che negli ultimi due anni tutto ciò che è stato associato all’industria musicale, dopo la svolta legata a un’innovazione spinta, ha portato a una forte crescita di valore del settore con decise iniezioni di liquidità e positivi riscontri per gli investitori.

Le quotazioni di aziende musicali e di piattaforme streaming hanno realizzato importanti incrementi e le previsioni degli analisti, ad esempio di Goldman Sachs, parlano di una corsa all’oro legata alla musica da qui al 2030.

Tra gli hype che tuttavia hanno mancato fino a oggi le promesse possiamo sicuramente collocare la blockchain, che dopo una prima fase di potenziale esplosione come killer application, è rimasta più che altro confinata ad una nicchia di mercato, nel segmento della gestione del copyright.

Stesso discorso per i Non-Fungible Token. Sono definiti non fungibili perché sono unici e insostituibili possono essere venduti in cambio di denaro e quasi sempre in criptovalute. Sempre tramite una blockchain gli NFT sono certificati dalla criptovaluta del circuito Ethereum.

In prospettiva possono anche essere agganciati ad altre blockchain che ovviamente ne certificassero le caratteristiche come autore, data e ora di creazione dei file digitale, dimensioni, e tutte le informazioni sul valore. Gli NFT possono anche essere frazionati tra più titolari o comproprietari dei diritti di copyright.

La febbre degli NFT si è alzata in breve tempo anche nel settore musicale, tra quelli più attenti a ogni innovazione tecnologica, e ha subito visto diverse transazioni milionarie e iniziative tra le quali, l’ultima, è l’annuncio di un’asta dell’artista Post Malone, fissata per il 25 marzo prossimo con la vendita di un’opera realizzata dall’artista digitale Fvckrender e anche un video musicale esclusivo del cantante. Il 13 marzo scorso Halsey ha annunciato la messa a disposizione di una serie di animazioni esclusive, a contenuto musicale, sul marketplace più noto nel mondo degli NFT, Nifty Gateway. Il ricavato della vendita delle collezioni virtuali di Halsey sarà destinato in charity.

I Kings of Leon hanno realizzato un’asta ai primi di marzo con degli NFT, a livello di biglietti esclusivi per il prossimo tour, venduti insieme al nuovo album, che ha generato 2 milioni di dollari in un giorno.

Perché il business degli NFT è diventato interessante per gli artisti

L’aspetto dell’esclusività e della limitata disponibilità del bene è forse la questione più intrigante oggi per il settore musicale. Nell’era della diffusione estrema tramite le piattaforme mainstream e della enorme quantità di contenuti immessi ogni giorno in rete (Spotify carica 60 mila tracce al giorno sulla piattaforma) l’economia della scarsità che nel mondo del prodotto fisico e dei concerti dal vivo aveva caratterizzato il settore musicale sta ora riadattandosi alla ricerca di nuove soluzioni. Tirature limitate di vinili, versioni esclusive, show case con accessi limitati hanno visto espandere la propria dimensione, con l’effetto di attirare i fan verso qualcosa di realmente unico o accessibile solo in pochi esemplari.

Ecco allora che il business degli NFT è diventato una prospettiva interessante per alcuni artisti che hanno compreso meglio di altri questa dinamica. Dall’altra parte, tuttavia, come già accaduto per il fenomeno della blockchain, è difficile intravedere in questo modello di business una risposta al mercato mainstream o una soluzione per disintermediare il tradizionale modello del copyright e la corsa verso gli NFT rischia di generare non pochi dolori per chi immagina di cavalcare questo business per una repentina speculazione finanziaria.

È infatti evidente a tutti che un gruppo come i Kings of Leon non avrebbero avuto certamente bisogno di un’asta con NFT per vendere i biglietti dei tour con posti esclusivi, cosa ampiamente praticata, ma semplicemente hanno cavalcato un hype che in questo momento è abbondantemente fuori controllo per generare un maggiore interesse sull’operazione. Questo ci porta alla riflessione che su molti artisti di grande visibilità e con capacità di marketing molto elevate, il fenomeno degli NFT potrà giocare a favore consentendo lo sviluppo di business collaterali fino a quando la bolla avrà questa espansione.

Conclusioni

Da qui, ritenere che il fenomeno degli NFT rivoluzionerà il sistema, disintermediando l’artista dai produttori o che introdurrà nuovi modelli di remunerazione in sostituzione degli attuali scenari della proprietà intellettuale è invece molto meno probabile.

C’è poi l’aspetto della licenza. Il sistema del diritto d’autore non prevede il possesso dell’opera, pertanto anche laddove un acquirente avesse acquisito il contenuto di un’opera digitale, pensiamo a un video clip o una traccia musicale, tale token, generato nell’ambito dell’NFT non porterebbe al possesso dell’opera ma solo all’utilizzo sulla base di una licenza, trasformando tutto l’hype del NFT in un molto più banale smart contract. Un acquirente non potrebbe a questo punto modificare, utilizzare a suo piacimento il contenuto ma solo disporne per l’ascolto o la visione, con diversi limiti sullo sviluppo del mercato.

In tema di sicurezza dell’investimento vi è poi la questione di come funzionano le NFT. Il codice dei token punta a un URL, che non è il supporto stesso ma, come noto, un file di metadati, o un gateway IPFS. Entrambi sono generalmente gestiti dalla piattaforma dove è stato acquistato il token oppure dove il contenuto è stato generato, alcuni dei quali inseriscono più dati sulla blockchain di altri. Le piattaforme che commercializzano questi token sono, per ovvie ragioni, tipicamente start-up e le start-up hanno un alto tasso di mortalità. In sostanza, se la start-up di hosting fallisce, la certificazione del valore rischia di scomparire completamente. La NFT non esiste più e il contenuto per il quale si è pagato improvvisamente non ha più alcun valore.

Un altro tema poco evidenziato è quello della contraffazione e della pirateria. La tecnologia degli NFT impedisce loro di essere duplicati senza permesso ma non c’è allo stato un modo per controllare che colui che realizza un NFT in prima battuta, sia il titolare originario dei diritti. Un aspetto questo molto pericoloso perché apre le porte a potenziali abusi di soggetti che potrebbero non solo realizzare e distribuire contraffazioni ma assumere perfino l’identità, paradossalmente certificata da una blockchain, del vero artista. In conclusione, è molto probabile che alla fine, con gli NFT l’artista venderà di fatto delle jpeg realizzate in esclusiva come oggi vende un vinile firmato su Amazon, cosa che riporterà molti con i piedi per terra.

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