psicotecnologie

La salute mentale nell’era digitale (e del covid): le priorità nell’agenda della politica mondiale

Mai come ora, la salute mentale è al centro delle strategie di investitori, media e politica. La pandemia ha infatti acuito una situazione già precaria, generando una crisi diffusa del benessere psicologico. Gli strumenti digitali sono parte del problema, ma anche della soluzione. Lo scenario globale

Pubblicato il 09 Apr 2021

Luca Bernardelli

Psicologo, Autore del libro "Guida Psicologica alla Rivoluzione Digitale", CEO di BECOME. Augmented Life, Cofounder di BOWMAN - Data Matter

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Tentando di individuare alcuni effetti positivi dell’impatto del Covid-19 sulla collettività, emerge certamente la rinnovata attenzione verso la sanità e la sua trasformazione digitale.

La straordinaria vitalità del mercato della “digital health”, l’ambito specifico della salute potenziata da strumenti tecnologici e protocolli innovativi, è testimoniata dalle risorse introdotte dai fondi pubblici e privati, dalla vivacità delle start-up a tema, da una nuova consapevolezza dei professionisti sanitari e dalle necessità crescenti di pazienti/utenti di essere seguiti non solo a distanza, ma con una ricchezza – mai vista prima – di dati e informazioni sul loro stato psicofisico.

Particolarmente interessante – e in controtendenza rispetto al passato – è il fervore sulla salute mentale, mai come ora al centro delle strategie degli investitori, dei media e della politica.

La pandemia ha infatti acuito una situazione già precaria, tanto che l’ultimo report del febbraio 2021 presentato dall’organizzazione internazionale Global Wellness Institute riferisce una vera e propria crisi diffusa del benessere mentale e, ormai da tempo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha concepito l’aforisma “No Health Without Mental Health”.

La chiamata alla salute mentale dell’Ue

È sintomatico che una delle prossime call europee Horizon – principale programma di finanziamento creato dalla Commissione Europea, per sostenere e promuovere la ricerca – sia intitolata “Boosting Mental Health in Europe in times of change” e che miri a sostenere le attività che contribuiscono alla buona salute e a un’assistenza sanitaria di alta qualità a tutti i cittadini, attraverso servizi digitalizzati accessibili, scalabili ed efficaci, incentivando stili di vita e comportamenti più sani in un’ottica di miglior prevenzione, gestione e cura delle psicopatologie.

Oltre alle forme tipiche e ai regimi normativi tradizionali, stanno prendendo forma due nuove risposte innovative a questa “chiamata alla salute mentale”. Dalle terapie digitali – seppur non ancora regolamentate specificatamente in UE, se non da singoli paesi quali Inghilterra, Francia e Germania – alla variante dei “Software as a Medical Device” (dispositivi medici con marcatura CE, più noti con l’acronimo SaMD), una classe di software progettati per svolgere una o più funzioni mediche senza la necessità di hardware, applicazioni destinate a trattare, diagnosticare, curare, mitigare o prevenire le malattie (seppur il nuovo Regolamento UE sui dispositivi medici – che prevede appunto anche i “SaMD” – sia stato rimandato a maggio 2021 e potrebbe essere ulteriormente posticipato).

Tra i risultati attesi, l’UE punta a mettere i cittadini in condizione di utilizzare nuovi strumenti e servizi digitali, anche in modalità di autoaiuto, per prendere decisioni consapevoli sulla cura della propria salute psicologica e in generale sulla promozione del proprio benessere, contribuendo a ridurre lo stigma e l’emarginazione legati alla malattia mentale.

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I rischi e le opportunità di origine digitale negli anni ‘20

L’adozione esponenziale delle tecnologie digitali nella vita quotidiana non solo ha generato cambiamenti nel modo di comunicare, ma sta avendo significativi impatti – di entrambi i segni – sulla salute mentale, in particolare dei giovani.

Di segno negativo appaiono i rischi di disagi diffusi o di veri e propri disturbi mentali di origine digitale quali, a titolo esemplificativo, l’Internet Addiction Disorder (la dipendenza da Internet, riconosciuta da anni nel DSM-5, il manuale dei disturbi mentali), il Gaming Disorder (riconosciuto nell’ICD-11, la classificazione internazionale delle malattie), il tecnostress (riconosciuto in Italia dal 2007 come malattia professionale), la nomofobia (o sindrome da disconnessione, non ancora riconosciuta formalmente, ma con sintomi preoccupanti e sempre più estesi), fino a fenomeni sociali quali il cyberbullismo, la continua esposizione a contenuti falsi o inappropriati e le online challenge estreme, solo per citarne alcuni.

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Di segno opposto sono le opportunità offerte dalle psicotecnologie contemporanee, dispositivi e piattaforme digitali declinati su casi d’uso specifici per fornire un supporto crescente alla salute mentale delle persone, mediata da professionisti o in modalità self-help.

Il moltiplicarsi di aziende sul mercato globale che propongono nuovi strumenti e paradigmi su questi temi è senza dubbio un interessante predittore degli scenari del prossimo futuro.

Ansia, depressione, dipendenze, stress, insonnia: queste sono le principali aree in cui il nuovo ecosistema si sta posizionando.

Lo stato dell’arte oltreoceano è favorito da un humus ottimale, mentre le sorti europee spesso dipendono ancora in gran parte dal grado di reattività e iniziativa dei singoli Stati (o da fondi privati frequentemente extraeuropei).

Il settore della salute mentale digitale negli Stati Uniti

Le sempre più numerose società statunitensi che si occupano di digital mental health possono contare su un solido tessuto di advisor visionari, investitori coraggiosi e legislatori innovativi, che fungono da propulsori essenziali per contribuire al successo di progetti di tale complessità e potenziale impatto.

Insieme a consolidate infrastrutture tecnologiche ed economico-finanziarie, l’impianto normativo fornito dall’FDA (Food & Drug Administration) sui digital therapeutics (DTx), per esempio, ha contribuito a far nascere startup e a indirizzare società già affermate sui nuovi paradigmi della salute mentale, sempre più orientati verso la progettazione di “farmaci digitali”. Questi ultimi sono prescrivibili da soli medici in affiancamento alle – o in sostituzione delle – terapie farmacologiche tradizionali, rimborsabili dai sistemi sanitari o dalle assicurazioni private in subordine a un’adeguata validazione mediante il complesso iter del trial clinico randomizzato e controllato (RCT).

Si tratta di un territorio di conquista di società eterogenee, dalle big pharma (esempio Roche) alle big tech (Apple), passando per le start-up più abbienti. Dopo la pionieristica Pear Therapeutics (che nel 2017 ha dato vita a questo settore con “reSET”, il primo software DTx autorizzato dall’FDA), il mercato è letteralmente esploso e una parte consistente di questi trattamenti consta di interventi psicoterapeutici “CBT” validati per migliorare il trattamento di una specifica psicopatologia.

Altre aziende si sono concentrate sullo sviluppo di piattaforme sempre più sofisticate di telepsicologia e telepsichiatria, che propongono directory di professionisti specializzati nelle varie aree della salute mentale.

Seguono alcuni esempi di realtà nordamericane che hanno concepito servizi digitali generalisti di supporto psicologico a distanza e che stanno ottenendo ottimi risultati nei numerosi round di raccolta di investimenti.

Alma (28 milioni di dollari di funding nel 2021, con advisor clinici del calibro di Esther Perel e Guy Winch) sta sperimentando un modello che offre ai professionisti un’affiliazione al servizio mantenendo l’autonomia di uno studio privato.

Headway (32 milioni di dollari di funding nel 2020) ha aggiunto la gestione del rimborso assicurativo, evitando ai clienti questa annosa pratica.

Con oltre un milione di clienti, TalkSpace (diventata nel gennaio 2021 una Public Company attraverso una fusione con la Hudson Executive Investment Corp., in un accordo del valore di 1,4 miliardi di dollari) è la piattaforma più affermata in quest’area, con testimonial del calibro di Michael Phelps e Demi Lovato.

Questo parzialissimo elenco dei player di due delle numerose macroaree di intervento è eloquente rispetto a un trend in inequivocabile crescita.

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La salute mentale digitale in Europa

In Europa (UE ed extra-UE), alcune nazioni più di altre – Inghilterra, Germania, Francia, Danimarca, Estonia, solo per citare alcune tra le più virtuose – riescono a fungere da acceleratori di progetti innovativi di salute mentale, ma gli investimenti sono decisamente meno numerosi e meno abbondanti rispetto agli Stati Uniti.

Tra le società europee che sviluppano strumenti aumentativi delle talking therapy dei professionisti della salute mentale, la capofila è probabilmente la britannica OxfordVR (10 milioni di sterline di funding nel 2020), che fornisce ambienti di realtà virtuale da integrare alla pratica quotidiana di psicologi e psicoterapeuti. Tali applicazioni, attraverso protocolli cognitivo-comportamentali di Exposure Therapy, danno la possibilità ai pazienti di essere esposti ad ambienti che innescano comportamenti disfunzionali o a stimoli fobici o ansiogeni, per poi gestirli con l’aiuto di un professionista in un contesto protetto.

Sempre in UK, Unmind (8 milioni di sterline di funding nel 2020) propone una piattaforma per il benessere psicologico nelle organizzazioni, con l’obiettivo di permettere ai dipendenti di vivere una vita più appagante sul posto di lavoro e contribuendo alla trasformazione della cultura aziendale.

Un altro use case della salute mentale è rappresentato dai “Data Analytics”, in cui si posiziona l’inglese Psyomics (1,5 milioni di sterline di funding nel 2020), che fornisce una piattaforma di valutazione psichiatrica online, grazie a sofisticati algoritmi che guidano l’utente attraverso una serie di domande per costruire un quadro completo della sua salute mentale e delle sue necessità cliniche.

Con più di due milioni e mezzo di utenti all’attivo, la tedesca Meditopia (13 milioni di euro di funding nel 2020) è una delle app di autoaiuto più scaricate nei mercati non anglofoni, fornendo migliaia di contenuti personalizzati, tra meditazioni, canzoni, discorsi e podcast, localizzati in più di 10 lingue.

Sempre in Germania, nel 2020 il gruppo Südwestdeutsche Medienholding ha acquisito 7Mind (per una cifra non citata), una delle principali piattaforme digitali per la meditazione e la mindfulness nei paesi di lingua tedesca con oltre 1,5 milioni di utenti dichiarati.

Insomma, sono ormai diverse centinaia le società nate negli ultimi anni in un mercato in costante crescita ed evoluzione, dove presto entreranno più diffusamente tecnologie quali l’intelligenza artificiale, non solo per rendere più rapidi e accurati gli assessment e la psicodiagnostica, ma anche per il trattamento di specifiche psicopatologie.

Conclusioni

Le tecnologie digitali hanno trasformato le nostre economie, i nostri stili di vita e le nostre culture, e continueranno a farlo, incessantemente.

Le big tech stanno plasmando i comportamenti di intere generazioni, che vanno rese sempre più consapevoli sia degli impatti psicofisici e sociali negativi che queste possono causare, sia delle opportunità per migliorare il benessere psicologico e per differenziarsi nel mondo del lavoro, grazie a nuove stimolanti professioni multidisciplinari che saranno chiamate a progettare le psicotecnologie del futuro.

Anche i problemi psicologici di origine digitale potranno così essere affrontati con le stesse tecnologie che li hanno generati, ma l’educazione digitale del futuro non potrà che ripartire dal mantra – ormai divenuto profetico – di Brian Cox: «La tecnologia dovrebbe migliorare la tua vita, non diventare la tua vita».

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