L’analisi

Immuni ora è fai da te: c’è vita oltre il flop?

Immuni ora permette lo sblocco in autonomia con la nuova versione. L’app potrebbe essere ancora determinante nella lotta al coronavirus e avere un ruolo centrale nel combattere eventuali nuovi focolai in futuro e diventare strumento centrale di una nuova sanità digitale. Cosa si è sbagliato e come rimediare

Pubblicato il 09 Apr 2021

Riccardo Berti

Avvocato e DPO in Verona

Franco Zumerle

Avvocato Coordinatore Commissione Informatica Ordine Avv. Verona

immuni

Immuni, l’applicativo per il contact tracing italiano, dal 7 aprile ha un aggiornamento che permette agli utenti, positivi al virus, di avviare in autonomia il tracciamento contagi senza passare dai sanitari, noti colli di bottiglia.

Chissà se si apre così una nuova vita per l’app lanciato con non troppa enfasi nel giugno scorso, è fermo da mesi intorno ai 10 milioni di download e pare “abbandonato” dal Governo che in effetti non sembra averci mai creduto troppo.

L’abbandono traspare anche da questo aggiornamento, pronto da oltre un mese a quanto risulta ad Agendadigitale.eu e tenuto in cassetto dal ministero della Salute fino a questo momento.

Immuni ha registrato solamente 15.000 contagi e veicolato 95.000 notifiche di contatto (sebbene quest’ultimo dato sia parziale). 

Se i numeri possono apparire significativi, per riportarli al loro reale significato è sufficiente pensare che in questi giorni vengono rilevati circa 20.000 contagi ogni giorno in Italia e quindi il totale delle notifiche inviate da Immuni da giugno a oggi non copre nemmeno un giorno di contagi.

Eppure, l’app italiana era partita sotto i migliori auspici, sviluppata (peraltro gratuitamente) da un primario operatore del settore, basata su un sistema (il framework di Apple e Google) efficace e pronta per essere interoperabile a livello europeo e internazionale.

Purtroppo, però, nonostante alcuni slanci nei numeri di download (in concomitanza con l’attività di promozione politica più intensa), l’app è ora ferma a 10 milioni di scaricamenti e si trova in una fase di sostanziale stasi con numeri che salgono di appena 2.000 download al giorno.

Immuni: perché l’app sembra morta (ma non lo è)

Non è colpa di Immuni

Sgomberiamo il campo da un equivoco di fondo, non è “colpa” di Immuni. L’applicativo funziona, è stato sviluppato in fretta e secondo i giusti criteri, ha funzionato a dovere, salvo alcuni problemi iniziali ed era e rimane un valido strumento per la lotta al diffondersi della pandemia.

Solo che il governo ha fatto l’errore di pensare di non dover costruire un pacchetto accattivante intorno a questo servizio. Immuni è la medicina, serve lo zucchero per farla mandar giù agli italiani.

L’errore, quindi, è stato quello di non inserire l’app in una strategia più ampia di lotta al coronavirus, spostando ulteriori servizi nonché parte del welfare sull’applicativo, sul modello inglese che in effetti ha raggiunto un successo davvero ampio con numeri che fanno impallidire Immuni.

L’app covid inglese ha bloccato tanti contagi, quale lezione per Immuni

Non tutto però è perduto.

Ipotesi di rilancio

Non tutto è perduto innanzitutto perché non è troppo tardi per invertire la rotta. Immuni potrebbe essere ancora uno strumento determinante nella lotta al coronavirus e, se venisse scaricata da una fetta ancor più significativa della popolazione e utilizzata attivamente, potrebbe avere un ruolo centrale nel combattere eventuali nuovi focolai in una fase, verso la quale speriamo di avvicinarci, in cui i numeri del virus continueranno a scendere e si potrà/dovrà tornare a prestare attenzione a isolati focolai locali.

Proprio in quei casi il massiccio download di questo strumento di contact tracing tecnologico, localizzato nell’area del focolaio, potrebbe essere davvero essenziale.

I numeri di Immuni non sono, inoltre, così negativi in assoluto, i 10 milioni di persone che hanno già scaricato l’app costituiscono quasi il 20% della popolazione che può scaricare Immuni (app riservata ai soggetti che hanno più di 14 anni).

Il problema è che evidentemente molti si dimenticano di utilizzare l’app per comunicare la loro positività, senza che quest’attività venga loro ricordata o proposta dai sanitari che la accertano (altrimenti non si spiega perché se il 20% della popolazione ha scaricato Immuni sull’app vengono caricati meno di 100 casi di positività al giorno su quasi 20.000 contagi, ovvero lo 0,5%).

Gli studi, le app possono servire

I numeri di Immuni vanno poi valorizzati alla luce degli studi più recenti sul contact tracing.

A giugno scorso molti stimavano che l’app Immuni avrebbe potuto essere utile solo raggiungendo una grossa fetta della popolazione (si parlava allora del 50/60%), ma questa idea è stata smentita dalle ricerche più recenti.

  • Ad esempio, l’Università di Oxford ha effettuato uno studio sull’app di contact tracing inglese, ha dimostrato che il download dell’applicativo da parte di più del 15% della popolazione (quota che Immuni ha già abbondantemente superato) ogni ulteriore 1% di download può ridurre le nuove infezioni dallo 0,8% al 2,3%.
  • Nature communications ha invece pubblicato uno studio effettuato da un gruppo di ricercatori spagnoli, inglesi e americani sull’app per il contact tracing spagnola Radar Covid (che è stata scaricata da circa il 17% della popolazione spagnola, paragonabile alla percentuale di Immuni) e sul suo funzionamento in una cittadina delle Canarie, evidenziando come l’utilizzo dell’app abbia consentito di rintracciare il doppio dei contatti rispetto alle procedure manuali.
  • Segnaliamo anche il caso dell’omologa app tedesca con numeri di utilizzo da parte dei positivi circa dieci volte superiori a quelli di Immuni (15-20% dei positivi la usano al giorno, secondo dati di aprile); molte meglio di Immuni anche l’app svizzera.

Gli studi valorizzano anche l’utilità dell’app se diffusa localmente, in comunità isolabili a livello amministrativo.

Se guardiamo ai dati di Immuni in questo senso è possibile ad esempio valorizzare l’utilizzo dell’app in Emilia-Romagna, che è la regione dove è stata scaricata da più persone (il 25,2% della popolazione che la può scaricare) e dove soprattutto si registrano spesso il maggior numero di casi positivi (ad esempio nella settimana tra il 22 e il 28 marzo scorso erano oltre il quintuplo della media nazionale).

È quindi evidente che i dati dell’app, specie quelli concentrati in una regione, potrebbero efficacemente combattere l’insorgere di focolai in quella zona, aiutando piano piano a “liberare” sempre più regioni dal contagio e così da farne trarre giovamento all’intera nazione.

L’inserimento dei dati in autonomia

Con provvedimento del 25 febbraio 2021 il Garante Privacy ha dato il via libera alla nuova versione della Valutazione di Impatto relativa all’applicativo Immuni, in cui si dà atto della possibilità per l’utente, in autonomia e quindi senza l’intervento di un sanitario, di inserire nell’app Immuni il codice CUN (codice univoco nazionale attribuito dal Sistema TS ai referti dei test diagnostici per SARS-CoV-2) associato a un proprio referto con esito positivo unitamente alle ultime 8 cifre della propria tessera sanitaria.

Solo a oltre un mese dal via libera del Garante è affiorata l’innovazione nell’app. Utilissima per alleggerire la fase di inserimento dati, che con la sua meccanica non immediata ha finora contribuito ai bassi numeri dei contagi “denunciati” tramite Immuni e questo anche perché i sanitari sono impegnati in ben altre urgenze e molti di loro non vedono certo come una priorità quella di dedicarsi a imparare il funzionamento dell’app e a seguire il soggetto positivo nella fase di inserimento dei dati.

L’interoperabilità di Immuni

Un nuovo slancio per l’applicativo potrebbe inoltre arrivare quest’estate, quando verosimilmente (e auspicabilmente) gli italiani potranno tornare a viaggiare anche all’estero.

Il fatto che Immuni sia stata progettata secondo il framework Apple e Google le consente senza difficoltà di essere interoperabile con le app di contact tracing presenti in altri paesi europei attraverso il servizio European Federation Gateway.

Immuni può già oggi “comunicare” con numerosi altri applicativi UE (con le importanti eccezioni di Francia, Regno Unito e Portogallo). È sufficiente impostare nell’app Immuni fino a un massimo di tre paesi europei e per i 14 giorni successivi se l’applicativo raccoglierà i dati Bluetooth anche dagli applicativi che hanno scaricato le app omologhe a Immuni nei paesi selezionati, sarà possibile ricevere eventuali notifiche di esposizione nonché comunicare ai nostri concittadini europei la nostra positività.

Per maggior sicurezza (e per evitare un maggior consumo di batteria) il sistema è realizzato in modo che ogni applicativo comunichi solamente con il server del proprio paese, mentre è il gateway europeo che mette in comunicazione i vari server in backend per ottenere le notifiche di esposizione anche dei paesi europei selezionati sull’app.

fonte: immuni.italia.it

La digitalizzazione della sanità

Un ulteriore fattore che potrebbe dare un aiuto a Immuni è quello della generale spinta verso l’informatizzazione del settore sanitario, che ha subito un’accelerazione alla luce della pandemia.

La necessità è quella di essere preparati alle eventuali evoluzioni di questa emergenza e a nuove emergenze approntando strumenti tecnici, tecnologici e informatici a supporto della sanità, al fine di prevenire, isolare e limitare i contagi, così come per prevedere le necessità e meglio dislocare le risorse (anche riorientandole al bisogno).

Le sfide sanitarie portate dalla pandemia dimostrano come sia essenziale una strategia digitale per la sanità, senza tentennamenti e senza frazionamenti regionali.

La digitalizzazione della sanità è infatti un fenomeno non reversibile e deve essere inclusiva, coinvolgendo in una cultura digitale anche i medici di base, che non possono rimanere semplici utenti passivi di queste evoluzioni ma devono diventarne attori protagonisti.

Al centro di questa digitalizzazione potrebbe collocarsi Immuni, non più fumosa app di solo contact tracing ma hub di servizi informatici utili al cittadino, che fornisca informazioni e consenta di accedere (come modalità alternativa e concorrente) a determinati benefici.

Il risultato degli studi citati in questo articolo poi parla chiaro, il successo del contact tracing tecnologico passa per una efficace campagna promozionale a livello nazionale e locale, evitando controproducenti boicottaggi e scontri come accaduto in certe regioni italiane.

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