Di recente il mercato globale dei semiconduttori ha subito uno shock che ha fatto tremare tutte le maggiori potenze mondiali. L’offerta di questi componenti, essenziali alla realizzazione della maggior parte dei dispositivi elettronici utilizzati, quali computer o telefonini, si è dimostrata insufficiente a soddisfare la domanda e si è verificato quella che è stata definita una global chip shortage, letteralmente carenza globale di chip.
Ma è pensabile che l’Europa riesca a raggiungere l’autosufficienza nell’approvvigionamento di questi importanti componenti per il settore digitale?
Per comprendere le difficoltà di questo obiettivo, esaminiamo le caratteristiche della catena del valore dei semiconduttori e le cause di questo shock del mercato.
Crisi del chip, le strategie Europa e Usa per evitare il collasso
Guerra commerciale Cina-Usa e pandemia: la tempesta perfetta per i semiconduttori
Le cause di questo shock del mercato sono state, congiuntamente, la guerra commerciale avviata dall’amministrazione Trump e la pandemia globale di Covid-19. La pandemia ha infatti esponenzialmente incrementato le richieste di dispositivi elettronici, divenuti fondamentali per lo svolgimento di pressoché qualunque attività ormai relegata ad essere svolta all’interno delle mura domestiche. I consumatori hanno quindi iniziato a sovraccaricare di richieste il mercato degli apparecchi elettronici, che ha però nei semiconduttori il suo più drammatico collo di bottiglia. La guerra commerciale di Trump, dal canto suo, ha portato a un’impennata dello stoccaggio cinese di semiconduttori, ulteriormente riducendo la loro disponibilità sul mercato internazionale.
La carenza di semiconduttori sta impattando i livelli di produzione di molti settori industriali, a cominciare dal settore automobilistico. Il mercato dell’auto richiede infatti che sempre più componenti elettroniche vengano integrate all’interno dei veicoli. La carenza di semiconduttori ha colpito l’industria automobilistica così profondamente da portare General Motors, una delle aziende produttrici di auto più grandi al mondo, ad annunciare una perdita potenziale di 2 miliardi di dollari poiché la carenza globale di chip ha forzato l’azienda a chiudere temporaneamente alcuni dei suoi stabilimenti di produzione.[1]
In risposta a tale shock il neo-eletto Presidente Joe Biden ha richiesto uno studio che verificasse la dipendenza degli Stati Uniti da potenze estere nella catena del valore dei semiconduttori e nel suo approvvigionamento di questi componenti. Ciò che si evince dalle parole del Presidente è che, oltre al supporto alla produzione interna, centrale sarà anche il rafforzamento del sistema di alleanze di Washington con paesi quali Tawain, la Corea del Sud e l’Australia – con quest’ultimo specialmente in materia di approvvigionamento di ‘terre rare’ (rare earths).[2]
Cosa sono i semiconduttori, e perché sono così importanti
Come si evince dal termine stesso, i semiconduttori sono sostanze con caratteristiche di conduttività elettrica intermedia tra quella dei conduttori e quella degli isolanti. Sono semiconduttori sostanze come il silicio o il germanio. Per le loro peculiari caratteristiche, i semiconduttori consentono una regolazione molto precisa della loro conduttività e sono ampliamente usati nell’industria elettronica; il silicio, per esempio, è l’elemento base dei chip. Il primo transistor, un dispositivo a semiconduttore largamente usato nell’elettronica analogica, fu inventato nel 1947 al Bell Labs, in New Jersey. I suoi inventori vinsero il premio Nobel per la fisica e crearono la prima industria elettronica moderna della Silicon Valley, in California, ponendo le fondamenta per la transizione al mondo digitale odierno.
Ogni paese nel mondo ha quindi bisogno di semiconduttori, ma la loro produzione è estremamente complessa.
La capacità produrre chips che siano sempre più piccoli in modo da accomodare le richieste del mercato è poi particolarmente critica. A tal proposito, il co-fondatore di Intel, Gordon Moore, aveva previsto già nel 1965, con quella che viene ricordata come la “legge di Moore”, che la complessità di un microchip, misurata ad esempio in numero di transistor per chip, sarebbe raddoppiata ogni 18 mesi. Ne segue che i computer sarebbero stati in grado di raddoppiare la loro efficienza, mentre il prezzo di mercato di questi beni avrebbe continuato a diminuire. Produrre questo tipo di chip però è anche sempre più difficoltoso.
Con l’avvento dell’Internet delle Cose e la rampante corsa globale all’accumulazione di sistemi di intelligenza artificiale, nonché con la transizione al 5G, queste componenti elettroniche assumeranno sempre più centralità strategica, costringendo i leader mondiali a ripensare profondamente le loro strategie industriali.
Crisi dei chip, così colpisce e trasforma l’industria dell’auto ed elettronica
La catena del valore dei semiconduttori
La catena del valore globale dei semiconduttori[3] è altamente interdipendente, concentrata nelle mani di un esiguo numero di aziende, e basata su una forte divisione del lavoro tra gli attori che la compongono. La produzione dei differenti tipi di semiconduttore è dominata da una manciata di aziende. Per esempio, Intel possiede una quota di mercato del 82% nella produzione del processore x86, componente fondamentale nella produzione della quasi la totalità dei computer.
Non è tuttavia solo la produzione di specifici tipi di semiconduttori ad essere altamente concentrata, ma la catena del valore stessa. La produzione di semiconduttori consiste in tre fasi relativamente distinte: la progettazione del chip, la sua fabbricazione, l’assemblaggio e test. Le aziende degli Stati Uniti, di Taiwan, della Corea del Sud e del Giappone detengono le chiavi di questa catena del valore.
Le aziende che progettano chip ma si affidano a produttori esterni per la fabbricazione e l’assemblaggio sono chiamate “fabless” – mancano di un “impianto di fabbricazione”. Il termine “fabless” indica quindi un’azienda che non produce le lastre di silicio o i chip utilizzati nei suoi prodotti. Le aziende statunitensi Broadcom, Qualcomm, Nvidia e AMD, sono ad oggi di gran lunga leader in questo settore. Sebbene un crescente numero di aziende fabless, tra le quali le cinesi Baidue e Alibaba, stiano progressivamente conquistando fette nel mercato, il software necessario per sviluppare i chip – l’EDA (Electronic Design Automation) – proviene invece essenzialmente da sole tre società, tutte con sede negli Stati Uniti. Senza questi strumenti, sviluppare chip è impossibile.
Le aziende fabless inviano poi i loro progetti alle aziende in grado di produrre queste componenti elettroniche, le vere e proprie fonderie. La prima fonderia al mondo, la Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC), è stata costruita nel 1987; a partire dal 2015 rimane il più grande produttore globale di componenti di silicio, con una quota di mercato di circa il 55%. La TSMC è anche ad oggi una delle uniche aziende al mondo in grado di produrre chip di ultima generazione da 5nm.[4]
Un esempio di 5nm chip è il A14 bionic, che Apple ha definito come il più veloce in commercio nel mercato degli smartphone ed ha installato nel suo ultimo iPhone12. Per avere un’idea della posizione del mercato di TSMC basti pensare che la Semiconductor Manufacturing International Corporation (SMIC), una delle più grandi fonderie cinesi, è considerata in ritardo di almeno tre o quattro anni rispetto a TSMC.
L’ultimo passaggio dalla progettazione al chip finito è l’assemblaggio e test. Le società OSAT (Outsourced Semiconductor Assembly & Test) ricevono i wafer di silicio sviluppati dalle fonderie, li tagliano, testano e assemblano. Il mercato OSAT, da oltre 30 miliardi di dollari, è suddiviso tra società taiwanesi, cinesi e statunitensi, con alcune società taiwanesi che detengono una quota di mercato superiore al 50%.
Appare quindi più che evidente come, per la natura stessa della catena del valore dei semiconduttori, nessun paese possa considerarsi autosufficiente in quanto ad approvvigionamento di questa tecnologia. A fronte di crescenti tensioni geopolitiche questo aspetto non fa che esacerbare l’apprensione e i tentativi più o meno convincenti degli Stati di rendere più resistenti a shock esterni le loro economie.
Le sfide geopolitiche nel mercato dei semiconduttori
L’esempio più lampante dell’impatto di questo tipo di shock esterni è stato fornito dall’amministrazione Trump che nella sua corsa all’America First ha lanciato una guerra commerciale con la Cina che aveva proprio nel mercato dei semiconduttori il suo nodo più critico. Sotto Trump, l’America ha promulgato un divieto assoluto di vendere semiconduttori alle industrie cinesi, prima fra tutte al colosso della telefonia Huawei, accusato di furto di proprietà intellettuale e di spionaggio. La misura di controllo delle esportazioni, ad esempio, ha tagliato specificamente l’accesso di HiSilicon, una consociata cinese controllata al 100% da Huawei, nonché la più grande azienda fabless cinese, agli strumenti EDA sopracitati. Questo ha reso la fabbricazione di chip all’avanguardia sostanzialmente impossibile per l’azienda.
Per tutta risposta, la Cina ha incrementato in modo esponenziale l’acquisto e lo stoccaggio di semiconduttori da aziende in giro per il mondo ed ha aumentato del 20% rispetto all’anno precedente l’importazione di macchinari per poter per la produzione interna di chip, per un esborso di circa 32 miliardi di dollari.[5] Si stima tuttavia che la Cina non sarà in grado di sviluppare una propria autonomia strategica nel campo dei semiconduttori prima di 10 anni.
Oltre alle tensioni tra Cina e Stati Uniti, uno degli aspetti più rilevanti e forse più preoccupati a livello geopolitico per ciò che concerne la catena del valore dei semiconduttori è la centralità di Taiwan nel processo produttivo. Taiwan è infatti non di meno al centro di uno dei dossier più complessi e rilevanti per il governo cinese.
Le frizioni bilaterali tra la Repubblica Popolare Cinese e Taiwan (nota anche come Repubblica di Cina – ROC) iniziarono all’indomani della vittoria di Mao sul governo nazionale cinese. Il partito del Kuomintang, infatti, in carica al momento della grande marcia di Mao si ritirò nell’isola di Taiwan proclamando l’istituzione della Repubblica di Cina. Da allora, i legami bilaterali tra le due entità sono stati caratterizzati da lunghi anni di totale assenza di dialogo, da un forte grado di reciproca ostilità e dal sostanziale obbiettivo Pechino di procedere alla riunificazione dell’isola con la mainland. È evidente quanto dirompente sugli equilibri del mercato globale potrebbe essere un’effettiva riunificazione dei due territori a cavallo dello stretto, o comunque un’eventuale intensificazione delle tensioni in quell’area geografica.
L’illusione della sovranità tecnologica Europea
In questo complesso quadro geopolitico non sorprende che gli sforzi europei volti a rafforzare la tanto citata sovranità tecnologica del continente si siano riversati anche nell’ambito dei semiconduttori.
E’ dello scorso Dicembre la notizia che undici Stati dell’Unione (Belgio, Grecia, Germania, Francia, Spagna, Olanda, Italia, Portogallo, Malta, Slovenia, Finlandia) hanno firmato una dichiarazione congiunta con la quale si impegnano a collaborare per rafforzare la produzione interna di semiconduttori.[6] Secondo quanto delineato nella strategia comunitaria per il digitale l’Europa si pone l’obbiettivo di incrementare la produzione di semiconduttori fino a raggiungere il 20% del mercato globale;[7] attualmente la quota europea è appena del 10%.[8]
Appare tuttavia poco chiaro, e forse poco realistico, come l’Europa intenda supportare la propria corsa alla sovranità digitale progressivamente affrancandosi dalle influenze estere in questo complesso mercato. La catena del valore dei semiconduttori continuerà infatti ad essere altamente concentrata in alcune fasi e tecnologie di produzione.
L’autonomia strategica europea nei semiconduttori non potrà, per forza di cose, seguire le orme statunitensi o cinesi. Riportare la produzione di chip sul suolo nazionale potrebbe funzionale nel contesto di queste economie, ma appare profondamente irrealistica per l’Europa che non ha quasi nessuna azienda fabless e nessuna fonderia.
Se quindi, la politica industriale giocherà un ruolo nell’ambizione europea di ricoprire una posizione più centrale nella catena del valore dei semiconduttori, altrettanto importanti saranno gli sforzi in politica estera volti a garantire il, comunque, irrinunciabile accesso alle tecnologie straniere.
Conclusioni
Nonostante le tinte fosche con cui si può tratteggiare lo scenario geopolitico nel campo dei semiconduttori, alcuni segnali timidamente promettenti arrivano proprio da Washington e Pechino. L’Associazione Cinese per l’Industria di Semiconduttori (CSIA) ha infatti annunciato l’istituzione di un gruppo di lavoro con la propria controparte americana, la SIA (Associazione delle Industrie di Semiconduttori), che si riunirà ogni sei mesi per aggiornarsi sulle restrizioni alle esportazioni vigenti tra i due paesi e migliorare la sicurezza e resilienza della catena del valore.[9]
Dal canto suo, l’Europa dovrebbe, contestualmente al rafforzamento delle proprie capacità industriali, favorire quanto possibile questo tipo di tentativi di dialogo transpacifico.
Note
- https://www.ilmessaggero.it/economia/news/general_motors_la_carenza_di_chip_potrebbe_ridurre_i_profitti_di_2_miliardi_nel_2021-5757967.html ↑
- https://asia.nikkei.com/Politics/International-relations/Biden-s-Asia-policy/US-and-allies-to-build-China-free-tech-supply-chain ↑
- Questa sezione fa riferimento a: Jan-Peter Kleinhans (2020), Geopolitics of the Global Semiconductor Value Chain, Ottobre. Disponibile: https://directionsblog.eu/geopolitics-of-the-global-semiconductor-value-chain/ ↑
- https://it.talkingofmoney.com/what-are-fabless-chip-makers-and-why-are-they-important-in-semiconductor-market ↑
- https://www.italiaoggi.it/news/la-guerra-mondiale-per-i-semiconduttori-sta-bloccando-interi-settori-industriali-nell-ue-al-solito-la-2506550 ↑
- https://www.corrierecomunicazioni.it/digital-economy/sovranita-europea-sui-chip-via-allalleanza-tra-11-stati/ ↑
- https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/SPEECH_20_1362 ↑
- http://ow27.rassegnestampa.it/ConfindustriaDigitale/PDF/2021/2021-03-10/2021031047930647.pdf ↑
- https://www.china-files.com/in-cina-e-asia-i-vaccini-cinesi-alle-olimpiadi/ ↑