Agenzia delle Entrate

Stampa registri contabili va fatta nei termini della conservazione CAD

Con la sua risposta all’interpello 236 del 9 aprile 2021, l’Agenzia delle entrate interpreta in modo restrittivo le norme relative all’eventuale rinvio della stampa o conservazione dei registri contabili. Nessun rinvio. Vediamo quali sono le regole

Pubblicato il 12 Apr 2021

Salvatore De Benedictis

dottore commercialista

fattura elettronica forfettari

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta all’interpello 236 del 9 aprile 2021, ha interpretato restrittivamente le norme su stampa o la conservazione dei “registri contabili” successivamente alla scadenza del termine per la conservazione a norma previsto DMEF del 17 giugno 2014.

L’Agenzia ha spiazzato così tutti i contribuenti: le “semplificazioni” in base all’articolo 7 del Decreto legislativo 357/1994, – in assenza conservazione a norma – non permettono quindi, secondo l’Agenzia, di rinviare la stampa dei registri contabili.

Vediamo di esaminare i contorni della vicenda e le conseguenze, tenendo nella dovuta considerazione che attualmente le norme in materia di tenuta dei “registri contabili” in forma cartacea non prevedono alcuna formalità idonea a assicurarne la autenticità, la integrità e la immodificabilità, né tanto meno la tempestività della stampa rispetto ai termini di legge.

L’evoluzione delle “semplificazioni”: l’articolo 7 del Decreto Legge 357 del 1994

Il legislatore ha progressivamente reso meno stringenti i termini e le modalità di tenuta dei registri contabili[1]. Il primo intervento risale al lontano 1994, allorquando, in sede di conversione in Legge del Decreto Legge n.357, fu inserito il comma 4-ter all’articolo 7 che sancì la regolarità, a tutti gli effetti di legge, della “tenuta di qualsiasi registro contabile con sistemi meccanografici … in difetto di trascrizione su supporti cartacei, nei termini di legge, dei dati relativi all’esercizio corrente allorquando anche in sede di controlli ed ispezioni gli stessi risultino aggiornati sugli appositi supporti magnetici e vengano stampati contestualmente alla richiesta avanzata dagli organi competenti ed in loro presenza”. Questa innovazione permise di dispensare i contribuenti – quanto meno sino al 31 dicembre – dall’obbligo di procedere ogni 60 giorni alla stampa dei libri e registri contabili relativi all’anno N; col primo gennaio dell’anno N+1 l’esercizio N cessava di essere “corrente” ed era necessario quindi procedere alla stampa.

Con la modifica al comma 4-ter del citato articolo 7, ad opera dell’articolo 3 della Legge 342/2000, il legislatore consentì che la stampa dei libri e registri dell’anno N potesse essere rinviata – salvo le eventuali richieste della Amministrazione Finanziaria in sede di accessi, ispezioni e verifiche – sino al termine di presentazione della dichiarazione dei redditi dell’anno N.

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Con una successiva modifica, ad opera dell’articolo 1 della Legge 244/2007, il legislatore introdusse la regolarità dei registri IVA acquisti e vendite, tenuti con sistemi elettronici, in difetto di trascrizione su supporti cartacei nei termini di legge, se in sede di accesso, ispezione o verifica gli stessi fossero risultati aggiornati sui sistemi elettronici e fossero stati stampati a seguito della richiesta avanzata dagli organi procedenti ed in loro presenza. Da ultimo, l’articolo 12-octies del D.L. 34/2019 ha nuovamente modificato il comma 4-ter dell’articolo 7 del D.L. 357/1994, estendendo la possibilità già concessa ai registri IVA a “qualsiasi registro contabile”.

L’impatto dei cambiamenti normativi

Diciamo subito che la presenza di queste “semplificazioni”, nella loro progressione, ha avuto difficoltà di coordinamento logico con le norme in materia di conservazione “a norma” dei libri e registri, avviata con D.M. 23/1/2004 e attualmente disciplinata dal DMEF 17/6/2014, che prevedevano e prevedono anch’esse la possibilità di non procedere alla stampa dei libri, registri e documenti se conservati in maniera da attribuire loro le caratteristiche di autenticità, immodificabilità ed integrità, in conformità alle linee guida fissate dal Decreto legislativo 82/2005, meglio conosciuto col nome di Codice dell’Amministrazione Digitale – C.A.D..

Un possibile compromesso fra i due metodi fu individuato nella sostanziale diversità metodologica e di finalità: la tenuta dei libri e registri con sistemi meccanografici e la stampa a richiesta degli organi procedenti alle verifiche e ai controlli non conferiva loro alcuna caratteristica di autenticità, immodificabilità ed integrità (tra l’altro non imposta da alcuna norma), contrariamente a quanto avveniva invece con la conservazione c.d. “a norma”. Ma il legislatore non ha mai (secondo me a torto) operato alcuna distinzione tra il valore probatorio dei registri contabili conservati a norma e quelli cartacei, e questo limite rappresenta una importante chiave di lettura della interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello in esame.

Questo sembrava il contesto esistente sino a qualche giorno fa. In effetti questo apparente clima di serenità fu turbato da qualche dubbio sulla valenza civilistica sulla portata dell’articolo 7 del D.L. 357/1994, ma l’inciso “a tutti gli effetti di legge” contenuto nel comma 4-ter sembrava aver fatto desistere anche i più acerrimi ricercatori del “doppio binario” tra norme civilistiche e norme fiscali.

Il caso della conservazione registri: l’interpello e la risposta dell’Agenzia delle Entrate

Il contribuente che ha posto l’interpello ha chiesto se fosse conforme alla legge «formare con il proprio software contabile e conservare nei propri archivi elettronici (già messi a disposizione dal proprio software di gestione dei processi aziendali) i libri ed i registri … senza effettuare la conservazione sostitutiva degli stessi come prevista dalla legge e quindi senza apporre la marcatura temporale e la firma digitale” assicurando “che in sede di controlli ed ispezioni, tali libri e registri” venissero “stampati contestualmente ed in presenza dei Verificatori competenti». Nella stessa istanza il contribuente ha altresì chiesto se fosse il corretto modo di assolvimento dell’imposta di bollo nel caso della “non stampa” secondo quanto previsto dall’articolo 6 del DMEF 17/6/2014, ossia mediante pagamento con F24 dell’importo di € 16 “ogni 2.500 registrazioni o frazioni di esse … in un’unica soluzione entro 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio”.

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L’Agenzia delle Entrate ha risposto che i registri contabili:

  • ai fini della loro regolarità, non hanno obbligo di essere stampati sino al terzo (o sesto per il solo 2019)[2] mese successivo al termine di presentazione della relativa dichiarazione dei redditi, salva apposita richiesta in tal senso da parte degli organi di controllo in sede di accesso, ispezione o verifica;
  • entro tale momento (terzo/sesto mese successivo al termine di presentazione della dichiarazione dei redditi) vanno posti in conservazione nel rispetto del citato d.m. 17 giugno 2014 – e, quindi, anche del codice dell’amministrazione digitale (decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82) e dei relativi provvedimenti attuativi ai quali lo stesso d.m. rinvia – laddove il contribuente voglia mantenerli in formato elettronico, ovvero materializzati (stampati) in caso contrario ed ha confermato la correttezza della modalità di calcolo e assolvimento dell’imposta di bollo proposta dal contribuente.

In buona sostanza, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che la norma richiamata dal contribuente debba essere interpretata come possibilità di rinvio della stampa solo sino al termine di scadenza per effettuare la conservazione “a norma”, superato il quale i documenti possono avere solo formato analogico (ossia materializzati mediante stampa tradizionale) o digitale (con l’assoggettamento alle norme in materia).

Conservazione registri contabili, no rinvio: la motivazione dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate ha citato come riferimento normativo, ostativo alla interpretazione esposta dall’istante, quanto previsto DMEF 17 giugno 2014 in materia di conservazione a norma, ed ha citato una precedente interpretazione già fornita con la circolare 36/E del 6 dicembre 2006. E qui sorge una prima perplessità, perché non si comprende la ragione per cui l’Agenzia delle Entrate non abbia considerato che le semplificazioni portate dal citato comma 4-quater dell’articolo 7 sono successive rispetto al DMEF del 17 giugno 2014 che, pertanto, non può essere ritenuto un ostacolo normativo rispetto ad una legge posteriore che, casomai, dovrebbe essere considerata eventualmente derogatoria rispetto al DMEF 17/6/2014[3].

Che la materia sia viscida nessuno può metterlo in dubbio. Ci siamo chiesti tutti in quale categoria documentale far rientrare un libro giornale o un registro IVA memorizzato negli archivi di un sistema informatico, ovvero in un altro tipo di supporto, in formato pdf o equivalente; siamo in presenza di un documento informatico o di un documento analogico[4] ? La risposta l’aveva già fornita l’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione 158/E del 15 giugno 2009, nella quale, facendo riferimento ad altre due precedenti Risoluzioni[5], affermò che “i documenti creati con strumenti informatici, che non sono emessi con il riferimento temporale e la sottoscrizione elettronica” fossero “… ai fini delle disposizioni tributarie, documenti analogici e dunque per la loro esistenza è necessario procedere alla materializzazione su di un supporto fisico”.

Coordinando il predetto orientamento, a mio avviso assolutamente condivisibile, con le modifiche normative intervenute successivamente al DMEF 17/6/2014[6],l’Agenzia delle Entrate è pervenuta quindi alla conclusione che le norme “semplificative” introdotte con le citate modifiche all’articolo 7, commi 4-ter e 4-quater del D.L. 357/1994, abbiano semplicemente concesso la possibilità di differire la “materializzazione su di un supporto fisico” dei libri e registri tenuti con sistemi elettronici al momento della richiesta degli Organi di Controllo, ma solo non oltre il termine previsto per la conservazione a norma.

Tuttavia, seguendo questa tesi, il citato articolo 7, commi 3-ter e 3-quater del D.L. 357/1994, sarebbe una norma inutile. Infatti, che la stampa dei libri e registri, pendente il termine per la conservazione sostitutiva, possa non essere effettuata, se non a richiesta degli Organi di Controllo, è regola di carattere generale ricavabile comunque da una interpretazione logico-sistematica del contesto normativo esistente, considerato che il contribuente ha facoltà, alla scadenza del predetto termine, di stampare i registri contabili ovvero di conservarli a norma. E sarebbe poco logico ipotizzare che la condotta del contribuente che, alla scadenza del predetto termine, dovesse ritornare sui suoi passi e procedere alla stampa dei registri contabili, possa essere censurabile. Poiché tra i criteri interpretativi delle norme occorre attribuire rilevanza anche a quello teleologico[7], dovremmo chiederci se la interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate è conforme a quanto previsto dall’articolo 12 delle Preleggi [8] [9].

Il valore legale di un registro contabile in formato pdf non conservato a norma

È molto difficile cercare la risposta all’interrogativo circa la natura giuridica di un libro giornale in formato pdf (o equivalente) nell’attuale contesto normativo, che non contiene una definizione precisa del documento analogico, ma solamente del documento informatico. Una via d’uscita potrebbe essere offerta dall’ammettere che ciò che rende “informatico” un documento non sia tanto il suo stato (analogico o digitale), ma il suo utilizzo. Quindi, il file pdf in questione, potrebbe essere considerato un documento analogico se il suo utilizzo fosse finalizzato alla stampa (o comunque alla sua riproduzione “visiva”), ovvero essere considerato un documento informatico qualora il suo utilizzo fosse finalizzato ad attribuirgli le caratteristiche di autenticità, immodificabilità ed integrità previste dalle Leggi in materia. Il che vuol dire, in termini più concreti, che un documento in formato pdf, per quanto non conservato a norma, non potrebbe avere un valore giuridico inferiore rispetto ad un documento cartaceo, a meno di non sancirne la sua giuridica inesistenza o irrilevanza, e questo francamente mi sembrerebbe una ingiustificabile forzatura del contesto normativo attuale.

Le premesse sopra formulate porterebbero ad attribuire ad un registro contabile in formato pdf la stessa dignità giuridica di un registro stampato, attesa la sua evidente suscettibilità di essere trasformato immediatamente ed univocamente in un supporto cartaceo. Ciò ovviamente qualora la legge non prevedesse che il libro o registro dovesse avere caratteristiche di autenticità, immodificabilità ed integrità, perché in questo caso qualunque supporto, cartaceo (non preventivamente bollato o vidimato) o informatico, sarebbe non conforme[10]. Ma nei casi in cui la legge non dovesse prevedere alcun requisito di forma, non esiste a mio parere alcun ostacolo normativo per sancirne la equivalenza.

Conclusione

La risposta fornita dall’Agenzia delle Entrate sarà all’ordine del giorno per molto tempo, e probabilmente sarà seguita da altri interventi interpretativi o normativi. Probabilmente l’Agenzia delle Entrate avrebbe anche potuto ricordare all’istante la possibilità di fruire dell’esonero dalla stampa dei registri IVA a far tempo dalla entrata in vigore del comma 3-ter dell’articolo 1 del Decreto Legislativo 127/2015[11]. Una occasione perduta.

Certo è che sono rimasti delusi tutti coloro che – secondo me a ragione – hanno attribuito alle norme “semplificative” recate dall’articolo 7 l’unica interpretazione possibile: ossia che in presenza di pronta esibizione dei dati da parte degli Organi di Controllo, in assenza di prescrizioni specifiche, non dovrebbero esistere vincoli di forma, in ossequio non solo alle norme citate, ma ai più basilari principi di civiltà giuridica. Così come non penso che un Giudice possa condannare mai un imprenditore per aver esibito in sede di controlli o accessi un supporto in formato pdf piuttosto che una stampa su carta, anche perché questa è spesso diventata la prassi operativa.

Le considerazioni sopra svolte mi portano anche – per coerenza – a non essere d’accordo con l’opinione espressa dall’Agenzia delle Entrate sulla applicazione del bollo sul libro giornale: se, come detto dalla stessa Agenzia delle Entrate, un file pdf non sottoposto a conservazione a norma è equiparabile ad un documento analogico, non si vede la ragione per cui ad un documento analogico si debbano applicare le regole prescritte per l’assolvimento del bollo sui documenti informatici. Certo, ci sarebbe molto da dire sulla permanenza nel nostro sistema normativo della imposta di bollo, che meriterebbe da tempo la giusta inumazione: il legislatore, nel trapasso dalle norme “analogiche” a quelle “digitali”, non sembra aver quasi mai avvertito l’esigenza di cambiare forma mentis.

Resta comunque ferma l’esigenza di attribuire ai documenti informatici conservati a norma, o comunque assoggettati alla firma digitale e alla marca temporale[12], una valenza probatoria di rango superiore rispetto ai documenti analogici, e ciò per un duplice ordine di ragioni: perché obiettivamente è come se ci trovassimo di fronte a dei registri contabili bollati e vidimati[13], e perché se vogliamo che avvenga il traghettamento verso il mondo digitale, il primo a crederci e ad investirci deve essere il legislatore.

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Note

  1. Dire “tenuti con sistemi elettronici” è pleonastico in quanto la tenuta “manuale” è diventata una rarità.
  2. Attualmente il termine per la conservazione relativa all’anno 2019 è differito di ulteriori tre mesi e scadrà il 10 giugno 2021.
  3. Non affronto il problema relativo alla differenza tra tenuta e conservazione dei registri contabili che, a mio modesto avviso, è una questione di forma e non di sostanza.
  4. Non ritengo ammissibile la possibilità che i registri contabili possano essere “elaborati” contestualmente alla richiesta degli Organi di controllo. A mio modesto avviso i registri contabili dovrebbero essere materializzati, quanto meno in un file pdf o analogo, nei termini previsti dalla legge per la loro eventuale stampa o conservazione a norma, prestando quindi la dovuta attenzione alla data di generazione del file, desumibile dalle sue “proprietà”.
  5. del 9 luglio 2007, n. 161/E e del 28 gennaio 2008, n. 14/E
  6. citato dall’Agenzia delle Entrate come fonte ispiratrice del suo convincimento
  7. L’interpretazione teleologica è quella che da un peso prevalente allo scopo (telos) per il quale la norma è stata emanata.
  8. Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore.
  9. La stessa Agenzia delle Entrate, nel richiamare i lavori parlamentari, ne riporta nella risposta all’interpello il loro contenuto: il legislatore ha inteso estendere l’«obbligo di stampa cartacea soltanto all’atto del controllo e su richiesta dell’organo procedente, già previsto limitatamente ai registri dell’IVA, […] a tutti i registri contabili tenuti in via meccanizzata o elettronica. Per la tenuta in forma elettronica, inoltre, è considerato valido qualsiasi supporto»
  10. Il che tuttavia non vuol dire che non esista …
  11. I soggetti obbligati alla comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute ai sensi del comma 3 del presente articolo (1, n.d.r.) sono esonerati dall’obbligo di annotazione in apposito registro, di cui agli articoli 23 e 25 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
  12. E’ apprezzabile vedere come l’interpellante e l’Agenzia delle Entrate abbiano posto enfasi sull’assoggettamento dei registri contabili alla firma digitale e alla marca temporale, e non ad altri orpelli e formalità che, in ambito privato, appaiono solo come complicazioni e nulla aggiungono alle esigenze di autenticità, immodificabilità ed integrità dei documenti informatici.
  13. Che meriterebbero una immunità rispetto alle dilaganti presunzioni, ISA, indici, e criteri di accertamento di massa tendenti a demolire la importanza delle scritture contabili e la professionalità di chi le predispone e le cura.

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