l'analisi

Transizione ecologica: dove punta la ricerca e le scelte politiche da fare

Idrogeno, batterie per la mobilità elettrica e i sistemi di accumulo per le fonti rinnovabili sono i quattro campi di indagine in cui la ricerca sta progredendo di più, ma la situazione appare non omogenea e poco rassicurante: servono più investimenti nella società della conoscenza e una strategia di più lungo respiro

Pubblicato il 23 Apr 2021

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Nelle missioni che compongono il Piano Nazionale di Ripresa Resilienza quella con il più ampio stanziamento di risorse è legata alla “rivoluzione verde e transizione ecologica”, alla quale sarà destinato più del 31% dell’ammontare complessivo del Piano, per 69,8 miliardi di euro, (a cui si aggiungono i fondi della programmazione di bilancio per un totale di oltre 79 miliardi). Di questi, oltre 18 miliardi di euro verranno dedicati alla componente “transizione energetica e mobilità locale sostenibile“, per incrementare la quota di energia prodotta da rinnovabili, in linea con gli obiettivi europei, stimolare la filiera industriale, inclusa quella dell’idrogeno, e potenziare e digitalizzare le infrastrutture di rete.

Il PNRR segna dunque un ulteriore passo nella direzione della decarbonizzazione, con un ingente somma di investimenti economici nei prossimi anni per intensificare l’impegno dell’Italia in direzione degli obiettivi ambiziosi dell’European Green Deal e creare nuove occasioni di crescita e sviluppo.

Il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione non può però prescindere dall’utilizzo delle tecnologie più avanzate e dal continuo miglioramento delle stesse. In questo senso, la ricerca scientifica gioca un ruolo chiave per la transizione ecologica della società. In particolare, ci sono quattro campi di indagine in cui la ricerca sta progredendo in maniera molto vivace: l’idrogeno verde, le batterie per la mobilità elettrica, lo stoccaggio per le rinnovabili, e la fusione nucleare.

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Fonti e vettori di energia: differenze e sfide

Prima di approfondire questi quattro settori, occorre però ribadire l’importante differenza che corre tra una fonte di energia e un vettore di energia. Le fonti di energia sono le sorgenti da cui viene prodotta l’energia e che sono disponibili in quanto tali. Poiché il luogo in cui occorre utilizzare l’energia è spesso lontano dal luogo in cui sono disponibili le fonti di energia, nasce il bisogno dei vettori di energia: questi ultimi sono tutte le diverse forme in cui l’energia può essere accumulata, trasportata e rilasciata quando necessario. Passando dalle fonti ai vettori di energia, cambiano anche le sfide e gli obiettivi della ricerca scientifica.

Per le fonti di energia, la ricerca è principalmente orientata verso l’efficientamento energetico e la mitigazione delle emissioni di gas climalteranti ed inquinanti locali: in tal senso, gli ultimi decenni hanno visto una grande crescita di tutte le fonti rinnovabili: solare, eolico, geotermico, idroelettrico e biomassa. Invece per i vettori di energia la ricerca scientifica si sviluppa su diversi aspetti che includono, oltre a considerazioni energetiche, anche valutazioni legate all’impatto sull’emissione locale di inquinanti atmosferici, e alla capacità di penetrare il mercato sfruttando il sistema infrastrutturale preesistente. Quindi per poter identificare i migliori vettori di energia bisogna considerare, oltre alla loro efficienza energetica, anche questi due fattori: l’impatto ambientale locale e la compatibilità con le infrastrutture già esistenti.

L’impatto ambientale locale dei diversi vettori energetici è sostanzialmente trascurabile per alcuni vettori come le batterie, mentre può essere un aspetto particolarmente critico per tutti i vettori di energia che prevedono un utilizzo basato sulla combustione. I diversi fattori di emissione, soprattutto per le polveri atmosferiche, tendono in generale a diminuire quanto più è semplice la struttura molecolare del combustibile: ad esempio per la legna e i vettori solidi i fattori di emissione sono più elevati, diminuiscono spostandosi verso i biocarburanti liquidi, raggiungono un minimo con il biometano e tendono infine ad annullarsi con l’idrogeno. Un trend analogo può essere osservato per tutti i principali inquinanti atmosferici, incluso il biossido di azoto.

La compatibilità con le infrastrutture già esistenti è un altro fattore molto importante, perché determina la capacità delle energie rinnovabili di penetrare nel mercato. Ad esempio, per permettere la diffusione di alcune tecnologie è stata necessaria un’intensa modifica delle infrastrutture: è il caso dei sistemi di ricarica delle batterie per la mobilità elettrica. Altri vettori di energia possono invece sfruttare le infrastrutture già esistenti, come avviene per il biometano che può essere immesso nella rete del gas naturale: un simile canale di utilizzo è parzialmente praticabile anche per l’idrogeno.

Una volta descritto quali sono i parametri chiave per la scelta dei vettori di energia, è possibile approfondire le prospettive della ricerca scientifica per alcuni specifici vettori, come l’idrogeno e le batterie elettriche.

Produzione dell’idrogeno

L’idrogeno è sicuramente uno dei vettori di energia che ha attirato molta attenzione negli ultimi anni, perché il suo impatto ambientale è particolarmente ridotto e perché può in parte sfruttare le infrastrutture già esistenti legate ai combustibili gassosi. Anche dal punto di vista dell’efficienza energetica l’idrogeno presenta numerosi vantaggi, legati essenzialmente all’elevato potenziale energetico che può accumulare in rapporto al suo peso, essendo l’elemento chimico a più basso peso atomico.

Il prodotto principale della combustione dell’idrogeno è l’acqua, e questo lo rende un combustibile completamente sganciato dal ciclo atmosferico del carbonio, a differenza di molti altri biocarburanti. Quindi l’idrogeno è un vettore energetico particolarmente sostenibile dal punto di vista degli impatti locali, soprattutto se paragonato ai carburanti liquidi di origine fossile attualmente utilizzati nel parco auto circolante sul territorio nazionale.

Invece, per valutare l’impatto a livello globale sulle emissioni di gas climalteranti, è importante considerare l’origine da cui deriva l’idrogeno. Come detto infatti, l’idrogeno non è una fonte di energia verde a prescindere, ma è un vettore di energia.

E’ chiaro che l’impiego dell’idrogeno potrà dimostrare la sua maggiore efficacia proprio nella sua contemporanea capacità di stabilizzazione delle reti elettriche, trasformando l’energia rinnovabile non istantaneamente richiesta in stoccaggio sotto forma di idrogeno La produzione di idrogeno da energia elettrica, con la possibilità di trasportarlo e di stoccarlo, potrebbe rappresentare una valida opzione per aumentare la flessibilità del sistema energetico, consentendo l’utilizzo di elevate quote di fonti rinnovabili non programmabili (fotovoltaico, eolico) con minor costi di integrazione per il sistema energetico e un’ottimizzazione nel suo complesso

Possiamo distinguere l’idrogeno grigio da fonte fossile da quello verde origine rinnovabile.

(idrogeno grigio) Questo rappresenta la maggioranza dell’idrogeno prodotto oggi (circa il 95%) ed è generato nelle seguenti modalità: − steam reforming del gas naturale; − gassificazione del carbone; − reforming/cracking di idrocarburi; − elettrolisi con Energia Elettrica da fonti fossili (centrali turbogas).

L’idrogeno verde da elettrolisi, prodotto attraverso l’elettrolisi dell’acqua in un elettrolizzatore, alimentato da energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili; o da bioenergie, prodotto ad esempio attraverso lo steam reforming del biogas/biometano o la conversione biochimica della biomassa (fermentazione batterica di biomasse).

Ad oggi il processo maggiormente consolidato e tecnologicamente maturo per produrre idrogeno verde è l’elettrolisi dell’acqua.

Auspichiamo che il futuro veda come unica tipologia di idrogeno prodotta quella verde.

Le batterie per i veicoli elettrici

Il veicolo elettrico propriamente detto full-electric (EV o BEVH), è un veicolo che utilizza esclusivamente energia elettrica accumulata in apposite batterie o sistemi analoghi per movimentare il mezzo. Le configurazioni esistenti sono diverse ma tutte caratterizzate dai seguenti elementi: motore elettrico, convertitore di potenza e controller elettronico.

Il motore elettrico converte l’energia elettrica in energia meccanica, o viceversa, per abilitare la frenata rigenerativa e generare elettricità per ricaricare l’accumulatore di energia presente a bordo.

Il controller comanda il convertitore di potenza fornendogli opportuni segnali di controllo, quindi controlla il funzionamento del motore elettrico per produrre coppia e velocità adeguate, secondo le condizioni operative (ciclo di guida) richieste.

Il convertitore di potenza elettronico funziona regolando il flusso di potenza tra il motore elettrico e la fonte di energia rappresentata da opportuni sistemi di accumulo: accumulatori elettrochimici principalmente agli ioni di litio (Li-ion battery), supercondensatori (ultracapacitor o supercapacitor) o volani meccanici (sistemi FES: Flywheel Energy Storage).

Per quanto riguarda le batterie agli ioni di Litio o Li-ion battery le tecnologie mature dal punto di vista commerciale includono batterie al cobalto, al nickel e al manganese. Il principale vantaggio (rispetto anche ad altri accumulatori elettrochimici come batterie al Pb-acido o batterie Ni-HM) è rappresentato dall’elevato potenziale di cella (3,7 V), elevata densità specifica di energia pari a circa 90÷160 Wh/kg, elevata potenza specifica 240÷450 W/kg e un ciclo di vita relativamente lungo pari a circa 1200÷2000 cicli di carica-scarica.

I supercondensatori si basano sul principio del doppio strato elettrico, sono cioè composti da due elettrodi, solitamente in alluminio, rivestiti con carbonio attivo o nanotubi di carbonio per avere un’ampia superficie di scambio con l’elettrolita e quindi aumentare la capacità (superiore a 3000 F). I principali vantaggi sono rappresentati dall’elevata densità specifica di potenza (superiore a 6 kW/kg), elevato rendimento di trasformazione energetico (circa 95%), semplicità di carica e un numero elevatissimo di cicli di carica/scarica (1 milione di cicli). Di contro presentano una densità di energia molto bassa (6 Wh/kg), un potenziale di cella non superiore a 3 V (2÷3 V) e un costo ancora elevato.

I volani meccanici sono sistemi in grado di immagazzinare energia cinetica, attraverso un elemento posto in rapida rotazione (fino a 50.000÷100.000 giri/min) mediante l’utilizzo di cuscinetti a levitazione magnetica in un ambiente in cui viene mantenuta una condizione di vuoto spinto. Sono caratterizzati da un degrado nel tempo quasi trascurabile e dall’elevata densità specifica di potenza (fino a 5 kW/kg). La criticità più importante è, soprattutto per i volani più grandi, la sicurezza: trattandosi di oggetti creati appositamente per accumulare quanta più energetica possibile, si può intuire l’effetto distruttivo che si potrebbe verificare in caso di cedimento meccanico di qualche componente.

Sono disponibili varie configurazioni per la realizzazione dei sistemi propulsivi dei veicoli elettrici a seconda delle diverse disposizioni dei sistemi di accumulo dell’energia a bordo macchina. Senza entrare nel dettaglio, tra le diverse configurazioni possibili la configurazione che prevede l’installazione di una singola batteria è la soluzione ampiamente adottata. La batteria può essere distribuita intorno al veicolo, installata sul retro o situata sotto il telaio del veicolo stesso. La batteria dovrebbe essere in grado di offrire un’energia e una potenza specifica ragionevole oltre a poter accettare l’energia recuperata durante la frenata del mezzo in modalità rigenerativa.

Invece di utilizzare un design della batteria che tenga in conto delle due differenti necessità (potenza specifica elevata, densità energetica elevata), possono essere installate due batterie diverse le quali possono essere utilizzate contemporaneamente. Questa disposizione non solo disaccoppia i requisiti di energia e potenza, ma offre anche l’opportunità di utilizzare quelle batterie ricaricabili solo meccanicamente che non possono quindi accettare energia rigenerativa in frenata o durante la fase di discesa (come le batterie Zn-aria).

Sulla base del fatto che i dispositivi di accumulo dell’energia disponibili non possono soddisfare i requisiti richiesti dalle condizioni operative di funzionamento, ossia disponibilità di alta densità di energia specifica (in termini di kWh/kg) e contemporaneamente alta potenza specifica (in termini di kW/kg), nei veicoli elettrici BHEV è possibile adottare due differenti dispositivi di accumulo dell’energia realizzando quindi una tecnica che si chiama: ibridazione energetica dei sistemi elettrici.

Sia nel caso dei supercondensatori che nel caso della più emergente tecnologia dei volani ad altissima velocità (entrambe tecnologie caratterizzata da una elevata potenza specifica ma una minore densità energetica specifica) le soluzioni impiantistiche previste presentano l’installazione a bordo macchina della batteria.

I sistemi di stoccaggio per energie rinnovabili

Il Parlamento europeo nel luglio 2020[1] ha approvato una nuova relazione non legislativa, invitando la Commissione e gli Stati membri a rimuovere le barriere normative che ostacolano lo sviluppo dei progetti di accumulo energetico per incentivare la decarbonizzazione del mix di produzione energetico come indicato all’interno del Green Deal.

L’aleatorietà e la forte discontinuità delle fonti energetiche rinnovabili come l’eolico e il solare, e la loro estrema frammentazione in impianti di piccola potenza (generazione di potenza distribuita), sono fattori che difatti complicano la loro integrazione nella rete nazionale di trasporto e distribuzione dell’energia elettrica.

Per quanto riguarda i sistemi di accumulo elettrochimico tradizionali come riportato nella relazione precedentemente introdotta “il Parlamento sostiene gli sforzi della Commissione volti a stabilire norme europee per le batterie e a ridurre la dipendenza dalla produzione fuori dall’Europa”. L’UE dipende difatti in larga misura dalle importazioni di materie prime (metalli principalmente Li, Ni, Zn, Co, Mn) la cui estrazione da fonti naturali comporta un degrado ambientale notevole che non può essere sostenibile. Come riportato nella citata relazione, una soluzione potrebbe essere il rafforzamento dei sistemi di riciclaggio e un approvvigionamento sostenibile di materie prime, possibilmente all’interno della stessa UE.

Infine, sono state individuate numerose proposte per incentivare altre possibilità di stoccaggio, come quello meccanico e termico, nonché lo sviluppo dello stoccaggio decentralizzato attraverso le batterie domestiche, lo stoccaggio termico domestico, la tecnologia vehicle-to-grid (V2G) e i sistemi energetici per le case intelligenti.

La tecnologia vehicle-to-grid

Di particolare interesse risulta la tecnologia vehicle-to-grid (V2G). Ad esempio, la tecnologia sviluppata da Nissan con sistema di carica rapida della batteria in corrente continua con standard CHAdeMO. Questo sistema è al momento, l’unico che consente uno scambio bidirezionale estremamente efficiente con la rete di distribuzione dell’energia elettrica. Il processo logico di funzionamento è simile a quello che già avviene durante la frenata rigenerativa nei veicoli ibridi o totalmente elettrici: l’energia recuperata durante la frenata rigenerativa può essere utilizzata difatti per caricare le batterie o sistemi di accumulo analoghi. Nel caso della tecnologia V2G la bidirezionalità dei flussi di energia assicura la piena integrazione nella rete elettrica nazionale, ovvero la possibilità di accumulare energia quando la produzione è maggiore del fabbisogno nazionale e di rendere indietro tale energia quando si verifica la condizione opposta.

Per essere al passo tecnologico dei concorrenti internazionali lo Stato nazionale dovrebbe investire sempre di più nella società della conoscenza le cui fondamenta sono la ricerca e il trasferimento tecnologico alle aziende nazionali nell’ottica di una strategia certamente di lungo periodo.

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Conclusioni

Se andiamo ad esaminare i tre settori tecnologici appena discussi la situazione appare non omogenea e poco rassicurante.

Riguardo l’idrogeno, nell’ambito di una strategia europea di rilancio si leggono, come detto, a livello nazionale forti investimenti presenti anche nel PNRR e gli stimoli anche del mondo industriale (Confindustria) sono crescenti.

Tuttavia la crescita dovrà essere inquadrata, a parere delle scrivente, davvero per liberare il potenziale di utilizzo del solo idrogeno verde nell’ambito dell’ottimizzazione dell’utilizzo delle rinnovabili nella rete di produzione di energia del futuro; gli investimenti non dovranno essere rivolti a garantire posizione di rendita presente in Italia e quindi distogliere investimenti verso l’abbandono dell’utilizzo delle fonti fossili e non dovrà essere da freno alla crescita della mobilità elettrica; certamente andrà completata la redazione del Piano nazionale dell’idrogeno avviato dal Mise.

Riguardo la mobilità elettrica e le batterie a supporto dei veicoli a zero emissioni nonostante esista una strategia Comunitaria sulla creazione di una filiera industriale l’Italia sconta un ritardo importante rispetto a tanti Stati Europei e internazionali. Peraltro, come indicato dall’Associazione Motus-e, si deve accompagnare l’industria di componentistica alla riconversione per la produzione di nuovi sistemi ausiliari dei sistemi di trazione, soprattutto del pacco batterie, integrati con quelli per l’abitacolo. Inoltre, sono significative le competenze delle nostre imprese sull’economia circolare: la Battery Directive della UE pone obiettivi sfidanti di riuso e riciclo e l’Italia avrebbe le capacità e le risorse per sfruttare questa opportunità. Alla luce di questo ci si aspettavano all’interno del PNRR investimenti importanti da integrare con risorse di costruttori italiani o esteri per portare alla creazione di una capacità produttiva di almeno 10 GWh di celle agli ioni di litio di nuova tipologia (ad esempio le nuove 4680 NMC 811 o NCA).

Inoltre, come accennato, il decisore politico deve gestire la transizione cui il sistema produttivo andrà incontro nei prossimi anni; come è vero che il settore automotive conta circa 5.700 imprese per un fatturato pari all’11% del fatturato manifatturiero italiano è strategico accompagnarne la riconversione verso la tecnologia che sarà dominante sul mercato della mobilità nei prossimi anni. Dovranno quindi nel futuro essere investiti miliardi di euro per la transizione del settore automotive e dei nuovi settori coinvolti nella trasformazione di veicoli e infrastrutture per non vedere crollare il sistema non più al passo con i tempi.

Identico discorso per le fonti rinnovabili e per i sistemi di accumulo: il PNRR identifica forti investimenti per le filiere di fotovoltaico e eolico i cui costi di produzione oramai sono competitivi con quelli da fonti fossili. Si auspica che, come richiesto da ARERA “l’esigenza che la pianificazione e il successivo sviluppo infrastrutturale dei diversi comparti della filiera energetica avvenga in modo coordinato, sia nei tempi sia nella scelta degli investimenti e della loro localizzazione, al fine di garantire il perseguimento degli obiettivi al minimo costo”. E inoltre, aggiungiamo, continuo nel tempo per non vanificare, come fatto troppo spesso nel passato, la nascita di filiere di produzione di fonti rinnovabili e accumulo che sono state poi sacrificate alla luce di mere scelte politiche con limitata lungimiranza industriale.

  1. https://www.europarl.europa.eu/news/it/press-room/20200706IPR82726/green-deal-rilanciare-stoccaggio-energetico-per-incentivare-decarbonizzazione

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