Dating online

Intelligenza artificiale “Cupido”, sceglierà per noi l’anima gemella? Pensiamoci bene

Serie Tv e cinema – da Her al recente Soulmates – hanno da tempo iniziato a esplorare il tema degli algoritmi in grado di indicarci con esattezza il nostro match perfetto. Basta fatica e perdita di tempo alla ricerca dell’anima gemella: ci pensa l’intelligenza artificiale. Ma è davvero una situazione ideale?

Pubblicato il 28 Apr 2021

Gianna Angelini

Direttrice scientifica di AANT

HER

In un mondo in cui il distanziamento interpersonale rappresenta una regola, e chissà ancora per quanto, come possiamo sperare di incontrare la nostra anima gemella? Come evolverà il dating online e come ci aiuterà l’intelligenza artificiale a risolvere i nostri problemi di cuore? Arriverà addirittura un giorno in cui sarà lei a decidere il match perfetto per noi?

Che le persone si affidino sempre di più alle app di dating on line per stabilire un primo contatto con l’altro non è di certo una novità legata ai sacrifici imposti dalla pandemia. Dalla nascita di Badoo nel 2006, passando per Grindr (2009), Tinder (2012) e Bumble (2014), solo per citare le più popolari, il numero degli accessi è aumentato con gli anni vertiginosamente, così come il numero delle app a nostra disposizione (ad oggi più di 500). Certo, la pandemia ha giocato sicuramente un ruolo importante in questa accelerazione. Nel 2020 il numero di utenti attivi solo negli Stati Uniti ha raggiunto i 26,6 milioni con un aumento del 18,4% rispetto all’anno precedente.

Tinder, sempre nello scorso anno, ha registrato un aumento del 39% nel numero di conversazioni sull’app[1]. E quello che rappresentava una delle tante modalità di approccio, ad oggi, per molti, sembra anche l’unica possibile per avviare una relazion2128e, che, almeno in una prima fase, per via delle restrizioni a cui siamo sottoposti, è costretta a rimanere virtuale.

Intelligenza artificiale e “qualità” degli abbinamenti: solo fiction?

Questa evoluzione accentua un ordine di problemi legati non tanto e non solo alla quantità di dati da processare da parte dei diversi algoritmi, con annessi problemi legati alla privacy e al trattamento dei dati, ma, soprattutto, della qualità delle interconnessioni stabilite. In un’epoca in cui abbiamo sempre meno tempo e voglia per coltivare i rapporti di persona, se l’IA fosse in grado di indicarci con esattezza il nostro match perfetto, quante delusioni potremmo evitare? Quanta fatica e quanto tempo potremmo risparmiare? Tempo perso dietro a corteggiamenti inutili, o trascorsi a coltivare sentimenti che si rivelano patologici? Basterebbe una intelligenza artificiale a cui diamo pieno controllo dei nostri dati e il gioco sarebbe fatto. Un’IA in grado di valutare il tempo che trascorriamo sulla app, i contenuti delle nostre chat, che raccoglie informazioni su quando e come avviamo le nostre conversazioni, che tipo di immagini pubblichiamo, quali serie guardiamo, quali notizie catturano maggiormente la nostra attenzione, quale parte politica ci interessa, ecc.

In questi ultimi mesi sono molti i contributi televisivi incentrati proprio su questo. E che consiglio. Non perché abbiano tutte lo stesso valore in termini cinematografici (anzi, alcune di loro presentano sicuramente diversi problemi di scrittura), ma perché possono aiutarci a riflettere sulle conseguenze del raggiungimento, da parte delle nuove tecnologie, di un grado di sofisticatezza tale da sostituirsi alle nostre decisioni razionali. Penso a “Soulmates” (USA 2020, distribuita da Amazon Prime) in cui si racconta la storia dell’azienda Soul Connex che ha sviluppato un test in grado di determinare l’anima gemella con una precisione del 100%, o “La coppia quasi perfetta” (UK 2020 distribuita da Netflix) in cui la protagonista, Rebecca Webb, genetista e CEO di un’azienda di tecnologia, ha messo a punto un software che usa un test del DNA per identificare l’anima gemella in maniera inequivocabile.

Nel 2017 a trattare per primo questo fenomeno nel mondo delle serie televisive, troviamo un episodio della quarta stagione di “Black Mirror”, Hang the Dj. L’episodio è ambientato in un futuro utopico, in cui un sistema chiamato ‘Coach’ gestisce tutte le relazioni d’amore, accoppiando le persone e definendo per quanto tempo debbano stare insieme. Coach funziona per mezzo di un complesso algoritmo, che è in grado di assicurare una percentuale di successo del match del 99,8%. La percentuale è ricavata dal fatto che il sistema testa le coppie virtualmente un numero altissimo di volte (1000 per ogni coppia) e decide quali far incontrare realmente in base al grado di successo raggiunto nelle simulazioni (sceglie cioè quelle coppie che superano la simulazione in media 999 volte su 1000).

Ma la serie che probabilmente offre maggiori spunti di riflessione da questo punto di vista è la serie francese “Osmosis” (FR 2019 distribuita da Netflix) che racconta di un futuro dove la ricerca tra neuroscienze e tecnologia, al servizio dell’amore, sarebbe capace di programmare un impianto gestito dall’intelligenza artificiale Martin, da ingoiare come una pillola, che attraverso dei nano-robot stabilirebbero una connessione cerebrale con l’anima gemella. La selezione passerebbe attraverso un doppio livello di analisi: i nanorobot permetterebbero di stabilire il profilo del partner ideale in base anche alle nostre preferenze inconsce, l’IA, riuscendo a processare tutti i dati condivisi on line da ognuno di noi, sarebbe in grado di trovare, senza nessun margine di errore, la persona che, nella realtà, corrisponde a quel profilo. Uno scenario che Paul B. Preciado definirebbe il giusto coronamento di una società farmaco-pornografica.

I risvolti negativi di una situazione all’apparenza ideale

Tutte situazioni ideali quindi. Facciamo un test, permettiamo ad un software di spiare i nostri dati, lasciamo che siano esplorati i nostri valori interni e le nostre connessioni neuronali, processiamo tutti i dati ed è fatta. In realtà, invece, ciò che ci viene mostrato è proprio tutto il contrario. Perché queste serie, così come molti film che si rifanno allo stesso filone tematico (“Her” di Spike Jones (2003), “Ex Machina” di Alex Garland (2015), solo per citarne un paio) cercano di metterci in guardia rispetto al risvolto umano di queste evoluzioni.

Siete sposati e magari avete anche dei figli, cosa fate? Resistete alla tentazione di fare il test e quindi di scoprire la persona con la quale potreste vivere un futuro da sogno, o decidete di separarvi e correre dalla vostra anima gemella? I vostri figli lo capiranno? Davvero sapere che là fuori da qualche parte ci sia una persona i cui interessi sono perfettamente integrati con i vostri, garantisce che questa relazione sia duratura? E se aveste ancora voglia di uscire con altre persone, nonostante il match? La storia finirebbe? Cosa ne sarebbe della vostra vita poi, sapendo che avete perso l’opportunità della vostra vita? Conoscere l’anima gemella del vostro partner a sua insaputa, vi aiuterebbe a cambiare per essere più vicina ai suoi desideri? E tenerl* più strett* a voi? E se la vostra anima gemella fosse del vostro stesso sesso? E non foste ancora pront* ad affrontare questa parte della vostra vita?

Che il nostro modo di gestire le relazioni non sia oggi lo stesso che in passato, lo sappiamo da tempo. Il sociologo Bauman parla di amore liquido già nel 2003. Egli si riferisce al fatto che le relazioni, così come i beni di consumo cui ci circondiamo, essendo diventate più semplici da innescare e di un numero esponenzialmente maggiore rispetto al passato, vengono vissute in modo più superficiale. Se posso conoscere, realmente o virtualmente, moltissime persone contemporaneamente, perché accontentarmi? Meglio cambiare. E magari cambiare spesso. Oggi gli psicologi parlano di tecno-liquidità sottolineando il ruolo dei social e delle nuove tecnologie della comunicazione in tutto questo. Un argomento fonte di dibattito soprattutto in relazione alla generazione Z, che di questo tipo di relazioni sembra nutrirsi più delle altre.

Conclusioni

Secondo una ricerca della Business School dell’Imperial College di Londra commissionata da eharmony nel 2018[2], nel 2037, nel Regno Unito la metà dei bambini sarà concepita da coppie che si sono conosciute in Rete. Un dato che penso non sia difficile generalizzare. E che dimostra che di dating è importate occuparsi. Tutto sta però nel come.

Perché se da un lato questo cambiamento di visione delle relazioni sembra necessario e inevitabile, dall’altro ci dovremmo domandare se davvero l’abolizione del margine di errore dell’IA aumenterà il valore delle relazioni che potremo costruire. Davvero l’imperfezione delle scelte sentimentali dettate dal caso e dalla nostra impulsività, sono così da stigmatizzare? È davvero giusto smettere di insegnare alle nuove generazioni a sbagliare, anche in amore?

Bibliografia

Bauman, Z. (2003). Liquid love: on the frailty of human bonds. New York: Polity Press.

Cantelmi T., Carpino V., Amore tecnoliquido. L’evoluzione dei rapporti interpersonali tra social, cybersex e intelligenza artificiale, Franco Angeli, Milano 2020

D’Angelo J. D., Toma C. L. (2017). There are plenty of fish in the sea: the effects of choice overload and reversibility on online daters’ satisfaction with selected partners. Media Psychol. 20 1–27.

Preciado B., “Testo junkie. Sexe, drogue et biopolitique”, Paris, Grasset, 2008

  1. https://blog.gotinder.com
  2. https://www.eharmony.co.uk/dating-advice/dating/the-future-of-dating-report-2018-smart-devices-to-predict-if-your-relationship-is-on-the-rocks#.XGRKQ-JKit8

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