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Sanità digitale oltre l’emergenza: le tendenze in Italia e Ue nel post covid

La crisi covid ha progressivamente abbassato alcune resistenze amministrative, giuridiche, organizzative alle nuove tecnologie in Sanità, ma si è trattato di una risposta emergenziale, pur se accolta da una narrazione positiva. Nel post pandemia sono molti i nodi da affrontare ma alcune tendenze cominciano già a emergere

Pubblicato il 18 Mag 2021

Tiziana Frittelli

Presidente Nazionale Federsanità – DG Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata di Roma

Enrico Martial

esperto tecnico Fedesanità Nazionale

L’esperienza della rete oncologica campana per la difesa della salute della donna

La crisi Covid-19 ha aumentato, anche nell’ambito della sanità, la domanda di soluzioni digitali, ma la risposta non poteva che essere di emergenza, con adattamenti degli strumenti disponibili. Per il dopo pandemia sono, invece, due le tendenze che sembrano emergere: la gestione statale della digitalizzazione in sanità e il dinamismo dal basso, legato a bisogni settoriali, dei singoli operatori.

Tendenze che non si manifestano solo in Italia, ma anche in altri Paesi Ue come Francia e Germania.

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Le speranze sul digitale durante il covid

Sappiamo del resto che la stampa e il sentire comune hanno accolto una narrazione positiva sui progressi digitali durante la pandemia, che è stata certamente un fattore importante nella promozione dell’innovazione. Al tempo stesso, è emerso che i principali ostacoli – organizzativi e normativi – sono in gran parte ancora attuali, per ragioni territoriali, o di cultura amministrativa oppure per la complessa articolazione dei sistemi mutualistici in Francia o in Germania.

In sanità, la narrazione positiva sul digitale trova riscontro in particolare sul piano delle volontà e delle attese. Per esempio, la nota informativa degli uffici del Parlamento europeo di inizio 2021, “L’ascesa delle tecnologie digitali per la salute” (The rise of digital health technologies), fondandosi su una ricerca di mercato e quindi di aspettative, indicava che circa l’84% dei pazienti che utilizzavano l’assistenza sanitaria digitale nel marzo 2020 lo stavano facendo per la prima volta. Analogamente, il pur puntuale Rapporto Deloitte sulla trasformazione digitale in sanità (Digital transformation. Shaping the future of European healthcare di settembre 2020 è costruito su un sondaggio presso 1781 operatori sanitari, condotto tra il 23 marzo e il 4 aprile 2020 e su alcuni casi studio. Oltre a buone pratiche e ai progressi realizzati pre-COVID, emerge soprattutto il dover essere, fatto di attese, proposte, scenari.

La realtà del digitale, durante la crisi pandemica, è stata più cruda, in tutta Europa. I telegiornali francesi della primavera 2020 mostravano fogli excel sui computer degli uffici organizzativi, e ancora in queste settimane si è assistito in Italia alle molte complicazioni dei software di prenotazione delle vaccinazioni, come in Lombardia. Analoghi problemi sono occorsi in Belgio e in altri Paesi europei.

Il digitale in condizioni di emergenza

Non esistono analisi complessive europee, ma alcune settoriali aiutano a portare una prima luce sulla digitalizzazione in situazione di emergenza. Il Politecnico di Milano aveva rilevato che i medici di medicina generale per gran parte dei casi hanno continuato a usare il telefono nelle relazioni con i pazienti, e che è stato utilizzato il cosiddetto multicanale, che sarebbe poi composto da email, SMS, e messaggi WhatsApp. Vi è stato qualche limitato contatto visivo con i pazienti, con l’uso di piattaforme (Zoom, Skype), che si vorrebbero impiegare di più in futuro.

Si è trattato di videochiamate che difficilmente possono essere classificate come televisite. Le “Indicazioni ad interim dell’Istituto Superiore di Sanità per servizi assistenziali di telemedicina” del 13 aprile 2020 fissavano requisiti a cui non rispondevano le piattaforme di uso comune. Eppure, nella grave necessità di intrattenere un rapporto con i pazienti, anch’esse sono state utili. Una Ricognizione delle esperienze di Telemedicina in Veneto e Trentino-Alto Adige faceva menzione della loro utilità concreta in situazione di emergenza COVID, per esempio nel contatto con i diabetici. Si è fatto il possibile con quello che si aveva, si è usato prima il telefono, poi a seguire la piattaforma Microsoft Teams, e infine Televisit, che imponeva tuttavia un minimo di formazione del paziente o il suo affiancamento per la gestione di alcune delle funzioni. Dunque, un quadro ancora lontano dalla telemedicina intesa come strumento ordinario e diffuso.

Anche in Francia si sono usati gli attrezzi a disposizione, sebbene in un sistema in parte più dinamico e relativamente meno regolato di quello italiano. I medici e il sistema sanitario hanno ottenuto che le “televisite”, già in qualche uso prima del Covid, fossero interamente rimborsate dalle mutue, passando dal 70% al 100% dell’importo. Il loro impiego è aumentato di otto volte rispetto alla situazione pre-COVID, passando da 5.000 a 40.000 medici coinvolti, ma è pur vero che in diversi casi sono state utilizzate piattaforme di semplice videochiamata.

Altri temi hanno prodotto considerevoli difficoltà. Un rapporto degli ospedali di Parigi (AP-HP) ha spiegato che, nell’emergenza, molte ricette venivano trasmesse in PDF al paziente via mail e da questo presentate in farmacia su smartphone oppure ritrasmesse al farmacista, quindi con possibilità di alterazioni o smarrimento. Con il passare dei mesi, alcune software-house hanno tentato di rimediare alla situazione, come ORDOCLIC, che è passata da 500 a 2000 utenti in regione parigina: numeri comunque piccoli. Si è per altro verso rafforzato l’uso di portali per il contatto con il paziente, per esempio agli Ospedali Civili di Lione con l’applicazione MYHCL e il relativo sito web. In generale si è trattato di soluzioni fondate sull’esistente.

La reale progressione del digitale in sanità

Nell’emergenza, si è assistito a un considerevole sforzo da parte delle aziende private nel migliorare la disponibilità degli strumenti, anzitutto nell’immediato. Come per la didattica a distanza o le riunioni multilingue con gli interpreti, alcuni software più noti hanno esteso le loro funzioni. Per esempio, la piattaforma Zoom ha proposto un modulo aggiuntivo di teleconsulto e telemedicina, a partire da 14 euro al mese.

Durante la pandemia, il ministero tedesco della salute, tramite il suo Health Innovation Hub, ha diffuso un elenco di software per la telemedicina (DiGA – Digitale Gesundheitsanwendung), così come il ministero francese della salute, che ha elencato sul proprio sito ben 187 prodotti a disposizione del mondo sanitario. Da poco giunto anche in Italia e Spagna, uno di questi software, Doctolib, che in Francia oltre che dai medici è impiegato anche dallo Stato per la prenotazione delle vaccinazioni, è stato adottato da almeno 17.000 sanitari in Germania, per 129 euro a licenza all’anno.

Oltre al dinamismo manifestato dalle aziende del digitale, si è assistito ugualmente a progressi considerevoli sul piano pubblico. Il grande esercizio sulle app di tracciamento (StopCovid, Immuni, Corona-Warn-App) ha costituito delle basi cloud, affrontato considerevoli problemi giuridici di tutela della privacy, sviluppato approcci di accesso facile (user-friendly), riuscendo anche ad assicurare una certa interoperabilità tra diversi Paesi europei. Per quanto di modesto impatto concreto a differenza del sud est asiatico, le app europee di tracciamento sono state un esercizio importante di crescita digitale nel settore pubblico statale.

Il fascicolo sanitario elettronico diventa automatico

Soprattutto, mentre ha accelerato la domanda di digitale, la crisi covid ha progressivamente abbassato alcune resistenze amministrative, giuridiche, organizzative alle nuove tecnologie. L’esempio più importante riguarda la diffusione del Fascicolo sanitario elettronico (Electronic Health Record – EHR) in Europa. La sua difficoltà ad affermarsi a partire dai primi anni 2000 non era nelle tecnologie ma, per esempio in Germania, per le preoccupazioni sulla centralizzazione e sul trattamento di dati sensibili. Altri ostacoli sono venuti dalla complessità delle articolazioni mutualistiche, o dall’apertura del fascicolo soltanto base volontaria. Il Covid ha rimosso molti ostacoli: in Francia, in Germania e in Italia, con norme specifiche, la costituzione del fascicolo è diventata automatica. L’Italia per il momento è il Paese che ha fatto più progressi, mentre Francia e Germania andranno a regime nel 2022.

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Due prospettive post-covid per il digitale in sanità

La vicenda del Fascicolo sanitario è illuminante per due tendenze che sembrano emergere nella digitalizzazione del dopo Covid. In primo luogo, si stanno affermando processi centralizzati a livello statale per la digitalizzazione. Lo si nota nel citato fascicolo sanitario o nel programma – federale e non regionale – tedesco per gli ospedali (Zukunftsprogramm Krankenhäuser), oppure in Italia nel “Piano nazionale di ripresa e resilienza”, di gestione statale della digitalizzazione in sanità.

La tendenza al centralismo è favorita dall’adozione di standard univoci di operabilità (HL7 DCA nel FSE) che spingono al coinvolgimento dell’Unione europea, dalla necessità di una comunicazione più facile e uniformata almeno per Paese, anche nella sua veste grafica, oppure dal superamento dei divari territoriali. In Italia si è osservato l’intervento sostitutivo dello Stato per il fascicolo sanitario in alcune Regioni in ritardo, e analoghi problemi si pongono in Spagna e in Germania.

Come si legge nei programmi statali dei diversi Paesi membri, i temi principali riguardano l’impiego di strumenti cloud (sperimentati con le app nazionali di tracciamento), l’adozione di meccanismi di difesa in materia di sicurezza digitale (dove le regioni e i singoli ospedali hanno necessità di un sostegno coordinato), l’impiego dell’intelligenza artificiale sui big data, la collaborazione tra gli Stati per l’interoperabilità europea. Tale processo di centralizzazione si appoggerà sulle qualità delle amministrazioni centrali, sul loro dinamismo, competenza e capacità di innovazione, anche presso le strutture specializzate, come l’AGID per l’Italia, l’Health Innovation Hub (HIH) per la Germania, l’Agence du Numérique en Santé (ANS) in Francia.

In secondo luogo, si assiste a un dinamismo dal basso, più legato ai bisogni di settore e dei singoli operatori. La fase post-Covid può confermare l’utilità del mercato dinamico e aperto che si è manifestato durante la crisi. Vi sono ormai strumenti e software che rispondono a diverse domande e specializzazioni, a cui gli Stati, le Regioni e i sanitari possono attingere, dai medici di famiglia agli specialisti e alle cliniche di settore, o per le cronicità.

Si tratta di una tendenza che è parsa più forte in altri Paesi europei rispetto all’Italia. Sulla telemedicina, ad esempio, Francia e Germania favoriscono e governano la diffusione di vari strumenti tecnologici, lasciando un buon grado di responsabilità ai medici e agli operatori. L’Italia ha un approccio meno favorevole al dinamismo dal basso e tende a una maggiore rigidità seguendo i principi amministrativi della certificazione dei singoli prodotti software, laddove gli altri Paesi si limitano a produrne un elenco.

Questo e altri problemi dovranno essere affrontati nei prossimi mesi. Nell’ultimo Indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI 2020) della Commissione europea, l’Italia risultava al 25esimo posto tra gli Stati membri, e dovrà senz’altro salire di posizione.

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