Non sono d’accordo con le accuse del procuratore generale di Washington DC, Karl Racine, contro Amazon. Quelle delle nuova indagine, secondo cui Amazon con le sue politiche, imporrebbe ai venditori terzi di impostare i prezzi dei loro prodotti ad un livello più basso rispetto a quello presente sui loro eCommerce o sugli altri market place determinando, di fatto, un’alterazione del mercato caratterizzata dalla presenza di prezzi più alti fuori dalla piattaforma.
Dal canto suo Amazon si difende chiarendo che i seller hanno totale libertà nello scegliere il prezzo delle proprie referenze purché sia coerente con la loro politica di offrire i prodotti migliori a prezzi competitivi; da ciò discende il diritto di non mettere in evidenza o, addirittura, impedire la pubblicazione delle offerte che non abbiano un prezzo ritenuto equo secondo tali linee guida.
Quali sono le regole nel marketplace Amazon
Ma per capire quali siano le regole applicate da Amazon in tal senso è necessario verificare la sezione della Policy “Politica sulla equità dei prezzi sul Marketplace Amazon”.
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Nello specifico viene indicato che:
“I venditori sono responsabili di stabilire i propri prezzi sul Marketplace Amazon. La missione di Amazon è quella di essere l’azienda più attenta al cliente al mondo. Amazon, infatti, si impegna molto per offrire ai clienti la più ampia selezione di prodotti, a i prezzi più bassi e con tempi di consegna rapidi. In tutto ciò i venditori svolgono un ruolo fondamentale”.
“Amazon controlla regolarmente il prezzo degli articoli presenti sul marketplace, inclusi i costi di spedizione, e li confronta con gli altri prezzi disponibili ai clienti. Se Amazon rileva la presenza di pratiche di prezzo che ledono la fiducia dei clienti, può decidere di rimuovere la Buy Box, l’offerta interessata, sospendere l’opzione di spedizione, o, in casi gravi o ripetuti, di sospendere o interrompere i privilegi di vendita”.
La policy del prezzo equo
Vengono poi indicati alcuni esempi di condotte non conformi alla politica del prezzo equo:
- “l’assegnazione di un prezzo, su un prodotto o servizio, notevolmente più elevato rispetto ai prezzi recentemente offerti sia su Amazon che su altri canali”;
- “l’assegnazione di una tariffa di spedizione eccessiva. Amazon considera le tariffe correnti del corriere pubblico come spese di gestione ragionevoli, nonché la percezione dell’acquirente nel determinare se un prezzo di spedizione viola la nostra politica sulla equità dei prezzi”.
Possiamo quindi comprendere come Amazon ammetta di monitorare i prezzi presenti sulla propria piattaforma e, più in generale, nel mercato online, imponendo che gli stessi siano quantomeno in linea con quelli applicati altrove.
Nello specifico la condotta vietata riguarda l’applicazione di un prezzo notevolmente più elevato rispetto a quelli recentemente offerti sia nel Marketplace che su altre piattaforme. Ciò determina, di conseguenza, un confronto non solo con il livello attuale, ma anche con i prezzi applicati nell’ultimo periodo, estendendo la verifica ad un arco temporale che possa permettere una valutazione oggettiva, slegata da situazioni straordinarie.
Ed è proprio questo il motivo principale per il quale è stata creata questa regola, ossia evitare l’applicazione di prezzi smisuratamente più alti rispetto a quelli per i quali si è leciti attendersi di dover pagare.
Non è un caso, infatti, che la politica del prezzo equo è una norma introdotta di recente (luglio 2020), durante la prima ondata della pandemia globale del covid-19.
Fino a quella data non era prevista nessuna regola che impedisse la pubblicazione o determinasse la cancellazione delle offerte caratterizzate da un particolare livello di prezzo.
La norma è lo strumento pensato da Amazon per porre freno alla speculazione sui prezzi dei prodotti legati all’emergenza sanitaria che, nei primi mesi del 2020, hanno visto un aumento dal 1000% fino al 3000%, con palese pregiudizio nei confronti dei clienti.
La ratio con la quale è stata pensata è la tutela del consumatore. Un metro di giudizio oggettivo, individuato nei livelli di prezzi dell’ultimo periodo, per poter ritenere un’offerta meritevole di essere pubblicata all’interno della piattaforma è un ottimo strumento, che allontana le valutazioni di tipo discrezionale. In questo non può che vedersi una tutela del cliente, in perfetta opposizione a quanto riscontrato dal procuratore generale statunitense.
Analizzando nello specifico la policy, in effetti non è presente un obbligo di imporre un prezzo più basso rispetto a quello presente sui siti eCommerce di proprietà oppure un divieto di applicare un prezzo in linea con quello applicato al di fuori del Marketplace o addirittura più elevato (purché equo). Ciò che è impedito è una indiscriminata libertà di aumento dei prezzi che vada a ledere gli interessi dei clienti e più in generale del mercato.
Non è raro riscontrare che un venditore decida di mantenere i medesimi prezzi sullo store Amazon e sul proprio ecommerce per ragioni di posizionamento e per non indurre in confusione la clientela, ma nulla vieta anche ad un seller di aumentare del 10% i prezzi dei propri prodotti su Amazon senza violare la Policy, correre il rischio di perdere la buy box o i privilegi di vendita.
In conclusione
Certo è possibile che talvolta, gli strumenti automatici di controllo, impediscano la pubblicazione di offerte che, nel concreto, sono conformi alla politica di assegnazione del prezzo equo, addirittura determinando la disattivazione degli account, ma le stesse sono delle false rilevazioni del tutto saltuarie ed eccezionali rispetto alla regola che sono facilmente risolte una volta dimostrato l’errore.
In conclusione, se è certamente auspicabile un intervento volto a regolamentare e circoscrivere all’interno di limiti chiari e ben definiti i poteri dei Big tech, alla luce del ruolo che gli stessi ricoprono nel mercato attuale, nel caso di specie l’iniziativa del procuratore generale statunitense sembra mossa più da motivi politici che da motivi di diritto.