servizi pubblici digitali

Enti locali più digitali? Polimi: “Ecco una ricetta per evitare nuovi flop”

La digitalizzazione dei servizi relativi allo Sportello unico per le attività produttive (SUAP) rappresenta una best practice in termini di diffusione e utilizzo dei servizi digitali della PAL e ci fornisce gli ingredienti per poter affrontare con successo la sfida del PNRR: aggregazione e delega

Pubblicato il 21 Giu 2021

Michele Benedetti

Direttore Osservatorio Digitale Politecnico di Milano

pa digitale1

Il PNRR deve essere l’occasione per strutturare un sistema di governance del processo di trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione Locale che possa avere successo laddove si è fallito negli ultimi 15 anni.

Un sistema di governance che passi attraverso la riorganizzazione delle modalità di erogazione dei servizi pubblici (digitali) per mezzo di meccanismi di gestione associata delle funzioni e di delega a soggetti in grado strutturarsi per poterle gestire adeguatamente (quali ad esempio Regioni, Province, Unioni, Comuni di grandi dimensioni).

È questo, peraltro, un sistema già sperimentato con successo per quanto riguarda i servizi relativi a Sportello unico per le attività produttive (SUAP), nonché un percorso già avviato in altri ambiti, come il piano nazionale di razionalizzazione dei data center e di migrazione al cloud grazie al quale le PA conferiranno ai provider pubblici e privati qualificati la gestione delle proprie soluzioni informatiche.

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La sfida del processo di digitalizzazione degli enti locali

La sfida del processo di digitalizzazione degli enti locali sarà forse ancora più ardua perché l’aspetto economico è solo uno degli elementi che hanno sino a ora ne ha impedito il compimento. In una recente audizione al Parlamento, nel ricordare i risultati della rilevazione sull’utilizzo dell’ICT nelle Pubbliche Amministrazioni locali del 2018, Istat ha evidenziato che, subito dopo la carenza di risorse finanziarie (70,4%), i principali ostacoli al processo di digitalizzazione della PA sono la mancanza di adeguata formazione (67,6%) o di uno staff qualificato (66,5%).

Oltre a questi aspetti, gli Enti locali individuano quali ostacoli la mancanza di un referente per la trasformazione digitale (60,5%) o di piani strutturali per l’innovazione (71,9%) e l‘incapacità di fare rete (65,4%).

Come superare queste difficoltà? Certo fornire adeguata formazione e affiancare agli Enti personale qualificato possono essere interventi potenzialmente efficaci (sebbene non di facile attuazione nella pratica) per riuscire a portare online i servizi dei Comuni. Tuttavia, difficilmente questi interventi potranno garantire il mantenimento dei risultati nel lungo periodo. L’esperienza ci ha insegnato che la digitalizzazione è un processo che deve essere gestito con continuità nel tempo.

Una volta implementata una soluzione informatica deve essere manutenuta e continuamente migliorata e aggiornata per adeguarsi ai sempre più frequenti cambiamenti tecnologici e normativi. Gli Enti si devono conseguentemente organizzare per gestire questo processo.

La mission (impossible) del Responsabile della Trasformazione Digitale

Con queste premesse è stata istituita la figura del Responsabile della Trasformazione Digitale (RTD), un passo senz’altro necessario ma lontano dall’essere sufficiente a garantire la gestione continuativa del processo di trasformazione digitale. Rimangono infatti ancora insoddisfatti la maggior parte dei problemi ben evidenziati dall’indagine di Istat (competenze, risorse e incapacità di fare sistema). Una sola persona, per quanto competente e devota alla causa, non può prendersi carico di tutte le numerose e complesse attività di trasformazione digitale di un ente.

Il RTD dovrebbe quindi essere affiancato da un team qualificato di persone capace di supportarlo adeguatamente e nel lungo periodo. Una soluzione potrebbe quindi essere quella di incardinare in modo stabile in ogni ente un team di soggetti qualificati che possa gestire il processo di cambiamento nel lungo periodo. Soluzione sicuramente risolutiva ma altrettanto certamente insostenibile, dal momento che negli Enti di piccola o piccolissima dimensione c’è già carenza di personale e risorse per gestire i servizi essenziali.

Il “caso” SUAP

Quello che sembrerebbe un problema senza via d’uscita ha già però trovato una soluzione nella pratica. La stessa Istat, nella già citata relazione, evidenzia che “per quanto riguarda i servizi relativi a Sportello unico per le attività produttive (SUAP), permessi per costruire (SCIA e DIA), Sportello Unico per l’edilizia (SUE) e dichiarazione inizio di attività produttiva (DIAP), la gran parte dei Comuni oltre i 5mila abitanti li rende disponibili online. L’offerta in rete di tali servizi raggiunge buoni livelli anche tra i Comuni fino a 5mila abitanti: circa otto su dieci offrono servizi relativi al SUAP, ai permessi per costruire e ai bandi di gara.” Come è stato possibile raggiungere questi risultati? A questo riguardo, è interessante analizzare la curva di attivazione nel tempo dei SUAP negli Enti locali (figura 1) elaborata dall’Osservatorio eGovernment del Politecnico di Milano nel 2016 sulla base di un questionario somministrato a 515 Comuni tra luglio e ottobre dello stesso anno. Sebbene formalmente istituito nel 1998, oltre l’80% degli Enti ha attivato il SUAP solo dopo il 2010 e, in particolare, ben il 50% in soli 3 anni, tra il 2010 e il 2012. Ciò accadde grazie al DPR 160 del settembre 2010 che, oltre a qualificare il SUAP quale unico soggetto territoriale per tutti i procedimenti che avessero come oggetto l’esercizio di attività produttive, all’art. 4 comma 10 sancì che se entro 180 giorni dalla pubblicazione in gazzetta del suddetto decreto il Comune non avesse istituito il SUAP garantendo la ricezione esclusivamente telematica delle pratiche, l’esercizio delle relative funzioni sarebbe stato delegato, anche in assenza di provvedimenti espressi, alla camera di commercio territorialmente competente.

Figura 1 – Distribuzione temporale dell’attivazione del SUAP nei Comuni – Indagine Osservatorio eGovernment 2016

La potenziale perdita di competenze spinse quindi tutti i Comuni ad una corsa all’istituzione e creazione dei SUAP digitali. Nel tempo poi, molti Comuni hanno trovato conveniente delegare la gestione della parte telematica del SUAP proprio alle Camere di Commercio che nel frattempo si sono sempre più strutturare per gestire al meglio queste attività e alle quali nel 2019 risultavano convenzionati oltre 3.700 comuni con oltre 2,7 milioni di pratiche complessivamente gestite.

Il caso SUAP, una best practice nazionale in termini di diffusione e utilizzo dei servizi digitali della PAL, ci fornisce quindi gli ingredienti per poter affrontare con successo la sfida del PNRR: aggregazione e delega.

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