Giorno 7 gennaio 2021: visita con appuntamento per pazienti HIV in un centro malattie infettive di un grande ospedale romano: sala d’attesa satura con distanziamenti Covid, attesa all’aperto per gli altri con 4° C per un tempo di un’ora e mezza. Tempi di attesa per visite per patologie connesse: da 1 a 2 mesi. Questo è lo scenario che si presentava in piena emergenza per un tipo di pazienti, che, dovendo accedere – non senza timore di contagio – alle stesse strutture già fortemente impegnate a gestire la pandemia, hanno fortemente risentito delle limitazioni a essa collegate.
La gran parte delle associazioni dei pazienti impegnate su tale patologia hanno fortemente protestato per questa situazione che si andava ad aggiungere a disagi preesistenti nel percorso assistenziale.
Se si fossero già potuti usare strumenti e percorsi di telemedicina questi disservizi probabilmente non ci sarebbero stati, o sarebbero stati minori perché, se escludiamo situazioni nelle quali la presenza è essenziale, come per un prelievo di sangue o una prima visita, molte delle azioni compiute nelle attività ambulatoriali per la cura dei pazienti di HIV si sarebbero potute realizzare a distanza, con riduzione di stress, di perdita di tempo, di chilometri percorsi, e, nel caso specifico, infreddature in pieno inverno.
Telemedicina, come farla in sicurezza con piattaforme libere e gratuite: i consigli
Il progetto Digitas
È dall’osservazione di scenari analoghi che è partito, proprio nel mese di gennaio 2021, il progetto DIGITAS – Digitalizzazione e telemedicina con le associazioni dei pazienti, promosso da ALTEMS (l’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari nell’ Università Cattolica del Sacro Cuore) attraverso due suoi Laboratori dedicati, il Laboratorio sui sistemi informativi sanitari e il Patient Advocacy Lab. Il progetto ([1]), finalizzato all’introduzione della telemedicina nel percorso di cura dei pazienti affetti da HIV, è a un avanzato stato di realizzazione nella Regione Lazio ed ha il sostegno della Commissione Regionale AIDS.
Il pensiero di partenza era: partiamo dall’emergenza per realizzare un programma che trasformi, ove possibile, i percorsi assistenziali dei pazienti da “in presenza” a “in telemedicina”, coinvolgendo tutti i centri di malattie infettive del Lazio, che sono una decina e le associazioni dei pazienti impegnate nella tutela dei diritti delle persone con HIV. Forte attenzione è stata data all’esigenza di essere in linea con la politica sulla telemedicina inaugurata dalla Regione Lazio con le “Linee guida per lo sviluppo del Lazio Digitale”, mediante un rapporto di sinergia con gli uffici regionali deputati a tale funzione.
Il progetto si basa sulla metodologia “Telemedicina Subito!” studiata dall’ Osservatorio Sulla Telemedicina Operativa([2]) del Laboratorio sui Sistemi Informativi fin dall’inizio della pandemia mediante collaborazioni con diverse aziende sanitarie in varie Regioni, per definire come implementare rapidamente soluzioni di televisita, integrate nel contesto dei processi clinico-organizzativi esistenti e con l’uso di piattaforme immediatamente accessibili, conosciute e facili da usare per il paziente.
Senza entrare nel dettaglio della struttura e del contenuto dei manuali realizzati per le diverse patologie e setting assistenziali (liberamente disponibili sul sito dati-sanita.it) vale evidenziare i fondamenti della metodologia, necessari sia per posizionare correttamente l’uso della telemedicina (non alternativo ma complementare alle visite in presenza) nel percorso di cura, sia la strutturazione della televisita, non come una semplice videochiamata ma come un completo processo in grado di rispecchiare -dal punto di vista clinico, organizzativo e di rendicontazione- le analoghe prestazioni in presenza.
Dall’evoluzione di DIGITAS una esperienza molto interessante, caratterizzata dai seguenti elementi:
- Il dialogo con i pazienti e le loro organizzazioni (LILA, ANLAIDS, NADIR, PLUS, Circolo Mario Mieli, Caritas per Pazienti HIV) che ha permesso di impostare fin da subito il progetto come una vera innovazione nel campo dell’assistenza e non solo la trasposizione di una visita in una semplice telefonata. Sono loro ad averci suggerito lo slogan che accompagna il progetto: LA TELEVISITA NON E’ UNA VIDEOCHIAMATA!
- La disponibilità quasi immediata dei Centri malattie infettive del Lazio, che hanno collaborato attivamente per la implementazione del progetto sui loro ambulatori.
- La adattabilità del progetto che si basa sul principio che si usa quello che già c’è sia in termini di tecnologie informatiche che di percorsi di cura, senza alterare prassi già consolidate ma integrandole attraverso la formazione degli operatori e l’uso di strumentazione che già conoscono (Skype, Teams, ecc,)
- Il rispetto delle norme sulla privacy e il GDPR – Regolamento Generale sulla Protezione Dati, analizzando i rischi e rispondendo agli obblighi previsti dal Regolamento.
- La misurabilità attraverso un sistema di indicatori, inseriti nei manuali d’uso che consentano una continua valutazione dei risultati del progetto e quindi la possibilità di aggiustare il tiro sugli elementi di criticità.
Da questo percorso di lavoro, che ha coinvolto molti soggetti, ne sono derivati due risultati: uno più istituzionale e di metodo, e uno più tecnico.
Per quanto riguarda il primo, è nata attorno a questa progettualità una Community of practice, fatta di funzionari regionali, direttori di Asl, clinici, infermieri, informatici, rappresentanti dei pazienti che sta lavorando assieme, ma anche riflettendo sugli sviluppi del progetto e sulla sua possibile utilizzazione come volano per altri passaggi, altre patologie e soprattutto per una semplificazione più avanzata delle regole per l’accesso alle cure. Un esempio: è molto più complicato usare la telemedicina per i non residenti in Regione, a causa limiti nell’interoperabilità dei sistemi informativi regionali nella produzione delle impegnative dematerializzate, ovviamente indispensabili in un contesto di televisita. Questo fa si che proprio chi ne potrebbe avere più bisogno rischia di non poter usare gli strumenti digitali.
Telemedicina: quanto e da chi è usata? Il punto, per una strategia post pandemia
Per ciò che concerne la vera e propria produzione di risposte, sono stati prodotti cinque manuali per la televisita per gli operatori e i relativi manuali per i pazienti, che seppur simili si adattano alle differenti configurazioni dei centri ospedalieri che dovranno utilizzarli. I manuali sono stati discussi e rivisti con gli operatori coinvolti e con le associazioni dei pazienti che rappresentano la base di riferimento per l’esperimento.
Sulla base di questi manuali, le prime televisite sono in fase di avvio presso cinque Centri: Il Policlinico di Tor Vergata, il Policlinico Umberto I, l’ASL di Frosinone, l’ASL di Rieti, e l’Istituto Spallanzani. Consolidato questo primo nucleo, dopo il periodo estivo il progetto continuerà con il coinvolgimento degli altri centri ospedalieri della Regione. Il un percorso potrà essere più snello, capitalizzando sulla esperienza nel frattempo maturata dalle strutture già in marcia.
Note
- condotto anche grazie al contributo incondizionato di GILEAD SpA ↑
- organizzato anche grazie al contributo incondizionato di Eli Lilly SpA ↑