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PNRR, ignorata la società civile: ecco perché rischiamo corruzione e abusi

Non solo l’Italia: la maggior parte dei Paesi Ue ha ignorato la società civile durante la redazione dei PNRR nazionali e non ha tenuto in debito conto la trasparenza e la rendicontazione dei Piano verso i cittadini. Questa completa chiusura apre al rischio che i fondi cadano nella rete della corruzione e del clientelismo

Pubblicato il 22 Lug 2021

Federico Anghelé

Direttore The Good Lobby

Fabio Rotondo

The Good Lobby

social society digital

Il 22 giugno è arrivato il via libera da parte della Commissione Europea al PNRR di Roma. L’Italia si appresta a ricevere oltre 200 miliardi di euro fondamentali per il rilancio della sua economia. Se fossimo stati invitati anche noi a incontrare la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, le avremmo fatto delle richieste precise in materia di partecipazione e trasparenza del Piano, chiedendo di varare subito delle regole comuni che garantiscano l’accesso della società civile ai processi decisionali e la possibilità di monitorare nell’interesse pubblico l’impiego dei fondi.

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L’esclusione della società civile nella stesura dei Piani nazionali

Come recentemente dimostrato in un documento pubblicato da Obessu, Esu e Civil Society Europe, organizzazioni europee che si occupano di promuovere i diritti dei giovani, gran parte dei Paesi europei ha sistematicamente ignorato la società civile durante la redazione dei PNRR nazionali.

Ad esempio, nel nostro Paese, il sindacato degli studenti universitari (UDU) testimonia di aver più volte espresso le sue posizioni per risolvere i numerosi problemi del sistema universitario italiano, quali la riforma dei titoli di studio e un divario troppo grande tra le università del sud e quelle del nord del Paese. Queste posizioni sono state presentate direttamente dal sindacato, ma anche tramite il Consiglio Nazionale degli Studenti (CNSU), il massimo organo di rappresentanza degli studenti universitari. Tuttavia, denunciano che la stesura del PNRR è avvenuta a porte chiuse senza alcuna consultazione delle parti interessate.

Il Forum del Terzo Settore ha invece presentato le sue proposte al Governo durante le consultazioni, appena nominato il nuovo Presidente del Consiglio, ma nessun ulteriore coinvolgimento è avvenuto in seguito.

Trasparenza e monitoraggio, questi sconosciuti

Se è mancata la partecipazione della società civile, salvo casi sporadici, non meglio è andato sul piano della trasparenza e del monitoraggio. La coalizione Open Procurement EU, costituita da varie organizzazioni come Transparency International e Access.Info, ha stilato una classifica dei Paesi europei che hanno redatto i progetti del PNRR prendendo in considerazione la trasparenza e la rendicontazione dei Piano verso i cittadini. Da un’analisi dei piani presentati alla Commissione dagli Stati membri, risulta che ben 20 Paesi non prevedono di rilasciare informazioni sui destinatari dei fondi; nessuno dei 22 Stati analizzati si impegna a pubblicare in rete informazioni sulle spese in formato aperto. Mentre la Romania, la Bulgaria e la Svezia pubblicano i rapporti istituzionali, mantengono una comunicazione proattiva e promettono una maggior trasparenza sui destinatari dei fondi, l’Italia si piazza al terzultimo posto in classifica ottenendo un punteggio basso. La coalizione europea lancia l’allarme: il Recovery Fund è a rischio corruzione e abusi a causa della completa mancanza di trasparenza e raccomanda l’apertura di un portale per Paese dove tutti i dati vengono pubblicati tempestivamente, in maniera riutilizzabile e di facile consultazione.

Il diritto a una buona amministrazione

L’opacità dei governi e il perpetuo ignorare le richieste da parte della società civile significa escludere completamente i cittadini dai processi decisionali. Proprio per questa ragione, i trattati europei sanciscono il diritto dei cittadini a scrivere alle istituzioni o agli organi dell’Unione in una delle lingue degli Stati membri e di ricevere una risposta nella stessa lingua. Questo diritto non è un mero adempimento procedurale, bensì una componente essenziale del diritto a una buona amministrazione, riconosciuto anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Il Codice europeo di buona condotta amministrativa specifica che i funzionari europei debbano rispondere nella maniera più completa e accurata possibile alle richieste dei cittadini, inviare un avviso di ricevimento entro due settimane e fornire una risposta entro un termine ragionevole e, in ogni caso, entro due mesi. Se il cittadino scrive a un ufficio che non è competente a trattare la richiesta, sarà compito dell’amministrazione stessa trasmettere senza indugio la domanda all’ufficio di competenza, segnalando al cittadino questo passaggio. Inoltre, quando l’amministrazione europea non rispetta queste regole, il cittadino potrà presentare una denuncia al Mediatore europeo.

Come molte altre organizzazioni della società civile, abbiamo scritto a ministri, sottosegretari e parlamentari chiedendo incontri o inviando documentazione in questa delicata fase di preparazione del PNRR. Il più delle volte non abbiamo ricevuto risposta e siamo ancora in attesa di fissare – a distanza di mesi – riunioni che ci erano state assicurate per parlare di temi cruciali per salvaguardare il buon utilizzo dei fondi in arrivo dall’Europa. I nostri rappresentanti istituzionali non possono scegliersi gli interlocutori che preferiscono, ignorando tutti gli altri. Per chiedere trasparenza, il 30 giugno, The Good Lobby ha costruito una finta edicola davanti a Montecitorio distribuendo il Senno di Poi, un giornale distopico dal 2041, che rappresenta un futuro drammatico in cui i fondi del Recovery saranno andati sprecati e caduti nelle mani di inefficienza, corruzione e crimine organizzato. Una strada per evitare quel futuro c’è: approvare una legge sul lobbying, una sul conflitto d’interessi e soprattutto introdurre al più presto una piattaforma di monitoraggio sui fondi del Next Generation EU che permetta di valutare andamento e tempistiche dei progetti e conoscere tutti i beneficiari dei fondi.

L’accesso ai decisori pubblici è un tema cruciale per chi si occupa di promuovere il benessere di tutti: mentre a Bruxelles non è necessario avere nella rubrica del telefono il contatto di un importante funzionario per riuscire a ottenere informazioni sulle scelte compiute dalle istituzioni, a Roma, invece, tutto questo rimane un lontano miraggio per i cittadini e per la società civile a cui è sistematicamente negato un confronto a partire dalle mancate risposte via email e via telefono.

È indispensabile, ora, che il governo italiano inverta la rotta e coinvolga la società civile nel monitoraggio dei progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Senza effettiva trasparenza e partecipazione della società civile, c’è il rischio che i fondi cadano nella rete della corruzione e del clientelismo. Con le numerose sfide da affrontare, emergenza climatica, crisi economica e sociale, non possiamo permetterlo.

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