guerra ibrida

La lotta al terrorismo con le criptovalute: in Italia, Israele e Stati Uniti

Israele sta attaccando Hamas a colpi di bitcoin, attraverso il sequestro dei wallet utilizzati per la raccolta fondi. Non è la prima volta che i due nemici si scontrano sul terreno digitale e non sono gli unici a combattere su questo fronte. Anche in Italia c’è una legge. Facciamo il punto

Pubblicato il 27 Lug 2021

Marco Santarelli

Chairman of the Research Committee IC2 Lab - Intelligence and Complexity Adjunct Professor Security by Design Expert in Network Analysis and Intelligence Chair Critical Infrastructures Conference

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È di recente diffusione la notizia che riguarda Israele e il sequestro di decine di conti in bitcoin attraverso i quali il gruppo terrorista palestinese Hamas sta raccogliendo fondi per il suo braccio armato. Non è il primo esempio di “guerra” che si gioca sul campo tecnologico.

Vediamo di che si tratta e le implicazioni nel mondo e in Italia.

Israele sequestrerà i bitcoin di Hamas: il nuovo ruolo delle criptovalute nei conflitti

Wallet Hamas e intelligence

È a colpi di bitcoin che Israele sta attaccando Hamas, il gruppo terrorista palestinese, nemico storico, che sta raccogliendo fondi attraverso conti in criptovaluta per rafforzare il suo esercito. Tutto è partito dalla scoperta di una rete di portafogli elettronici appartenenti a Hamas per la raccolta fondi online, a seguito di cui il ministro della difesa israeliano Benny Gantz ha disposto alle forze dell’ordine di iniziare il sequestro. Gantz ha dichiarato che “Gli strumenti di intelligence, tecnologici e legali che ci permettono di mettere le mani sul denaro dei terroristi in tutto il mondo costituiscono una svolta operativa”.

Le criptovalute, essendo difficilmente tracciabili, sono preferite per le transazioni illecite e da un’analisi effettuata da Chanialysis, piattaforma di dati Blockchain che opera su oltre 60 nazioni, risulta, prima di tutto, che gli indirizzi che hanno ricevuto l’ordine di sequestro temporaneo sono legati ad Hamas, diversi indirizzi hanno ancora dei fondi, altri sono parte o riportano a Exchange più o meno conosciuti. Il sistema Blockchain, essendo totalmente trasparente, consente un monitoraggio preciso per verificare i trasferimenti di denaro e considerare le adeguate azioni di sequestro.

Non solo Hamas: cosa accade nel mondo

Non è la prima volta che tra Israele e Palestina lo scontro avviene sul terreno digitale, basti pensare alla propaganda di entrambe attraverso ogni tipo di strumento, videogiochi compresi, disinformazione sociale e ora anche le criptovalute.

Nei combattimenti di maggio scorso, durati undici giorni, Hamas ha registrato perdite importanti e infatti i trasferimenti di bitcoin e non solo, dato che sono state utilizzate anche altre valute, come Ethereum e Dogecoin, la valuta portata in auge da Elon Musk, risalgono principalmente a giugno.

Neanche gli Stati Uniti sono nuovi a questo tipo di azione. Nel 2020, infatti, sono stati sequestrati milioni di dollari da conti di criptovalute che al-Qaeda e ISIL (ISIS) usavano per le loro organizzazioni criminali. Il sequestro per mano del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha riguardato circa 2 milioni di dollari confiscati, più di 300 conti di criptovaluta, quattro siti web e quattro pagine Facebook, più oltre 150 conti di criptovaluta di Hamas con fondi riciclati da e verso conti gestiti dal gruppo.

Qualche anno fa, nel 2016, una campagna di raccolta fondi bitcoin chiamata Jahezona, lanciata su Twitter e Telegram da un gruppo terroristico della Striscia di Gaza, è arrivata a raccogliere nel giro di due anni 15 donazioni, di cui due del valore di 289.273 dollari e 123.021 dollari.

Da fonti anonime dell’FBI si parla della Corea del Nord come fulcro da cui sono stanno reclutando esperti (progetto Lazarus)  per finanziarsi attraverso attacchi ransomware e il virus Wannacry. La raccolta dei fondi pare sia arrivata a 2 miliardi di dollari in criptovalute.

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