Il piano Next Generation EU richiede investimenti ad alto moltiplicatore e, al contempo, un pesante intervento di semplificazione del sistema Paese, sia per la Pubblica Amministrazione che per il settore privato.
Burocrazia e oneri economici spesso ingiustificati sono infatti tra i principali freni degli investimenti in Italia, sia da parte dei nostri concittadini che degli operatori esteri.
La politica concorda tutta attorno all’esigenza di agire su questo punto ma deve accettare che solo un intervento profondo e radicale possa davvero far svoltare il nostro Paese e che si debba procedere con convinzione, nonostante le diverse resistenze di sistema che ovviamente si paleserebbero.
Quanto pesa il flop delle startup semplici
In questi mesi ho potuto vivere sulla mia pelle la difficoltà nel reintrodurre una norma innovativa e di buon senso, attualmente non applicabile semplicemente per l’annullamento di un suo decreto attuativo da parte del Consiglio di Stato: la costituzione online semplificata – opzionale al passaggio da notaio – per le startup innovative.
Il Consiglio di Stato “blocca” le startup italiane, serve legge urgente per rimediare
Dopo una lettera al Presidente Draghi e ai Ministri Colao e Giorgetti firmata da tutte le forze politiche, dopo un’interpellanza urgente in aula e a seguito di lunghe interlocuzioni con il Governo, i miei emendamenti ai decreti “Sostegni-Bis” e “Semplificazioni e Governance” che proponevano il ritorno a questa pratica sono stati respinti sulla base di pareri tecnici che ho contestato – in diverse occasioni – perchè basati su motivazioni contraddette dai fatti.
Il Governo si era inizialmente espresso favorevolmente nei confronti di questa proposta: Ministero della Giustizia, Ministero dello Sviluppo Economico e Ministero della Transizione Digitale avevano raggiunto un accordo attorno a una mediazione.
Solo nelle ultime ore si è palesato un parere contrario di una direzione tecnica del Ministero dell’Economia e delle Finanze che ha quindi ritenuto impossibile applicare questa norma, norma che però è stata in vigore per ben cinque anni. L’obiezione è giunta con elementi che mai erano stati posti in precedenza, sia nel momento di approvazione delle norme istitutive del 2015-2016 che durante la loro vigenza.
Il tema principale sollevato è stato quello del controllo antiriciclaggio preventivo condotto da parte del notaio, evidentemente insostituibile, secondo quanto mi è stato riportato.
Difficile da accettare se consideriamo i ben tre livelli di controllo previsti comunque per questa pratica: l’utilizzo dell’identità digitale, il vaglio dell’Ufficio del Registro delle Imprese e le verifiche molto approfondite condotte dalle banche a partire dal versamento del capitale sociale della nuova compagnia.
Difficile poi prendere l’obiezione per fondata se guardiamo ai dati: nessuna delle migliaia di startup innovative costituite in questi anni ha evidenziato problemi di riciclaggio (mentre molte società costituite attraverso i notai, come sappiamo dalle cronache giudiziarie, invece sì). Se consideriamo poi i dati di Banca d’Italia scopriamo che i notai effettuano sì il 90% delle segnalazioni di operazioni sospette, ma riferite solamente al totale delle segnalazioni avanzate dai professionisti. In sostanza si tratta di meno del 4% delle operazioni sospette sul totale, la motivazione addotta sul tema antiriciclaggio si evidenzia quindi come inconsistente.
A poco sono servite le mie controdeduzioni, l’esito attuale è noto a tutti.
Magra consolazione, regolarizzate startup già fatte online
E’ surreale poi pensare che solo a seguito di questa trattativa così intensa si sia potuta approvare – con estremo ritardo – la regolarizzazione delle oltre 3500 startup innovative già costituite online tra il 2016 e il 2021, che erano oggetto di possibili profili di illegittimità a seguito della sentenza del Consiglio di Stato di Marzo e che sono rimaste “appese” per quattro mesi. Una regolarizzazione che ora avverrà automaticamente per legge e che quindi non richiederà alle startup un nuovo paradossale passaggio da notaio.
Il fatto che tutto questo mi rattristi è poco rilevante. E’ invece rilevante l’impatto di questa bocciatura su tutto l’ecosistema dell’innovazione Italiano, tenue faro in Europa per la costituzione semplificata per le imprese innovative per qualche anno, oggi fanalino di coda, con il record negativo di costi medi per l’apertura di una nuova attività secondo lo studio Doing Business 2020.
Ritorno al monopolio dei notai
Con il “No” ai miei emendamenti l’Italia conferma poi il ritorno a un regime monopolistico, escludendo di volere ripristinare un mercato concorrenziale in cui tanti operatori avevano investito al fine di fornire servizi innovativi alle imprese. E’ così che molto probabilmente tutte queste pratiche in futuro saranno trattate esclusivamente attraverso una piattaforma unica del Notariato, come previsto da una modifica parlamentare alla recente Legge di Delegazione Europea.
E’ inviando questi segnali negativi al settore e all’Europa che si perdono investitori, è in questo modo che si spingono i nostri talenti ad aprire una nuova impresa in Paesi che prevedono meno costi, meno burocrazia, meno pensieri e rispetto di alcuni principi fondamentali di tutela della concorrenza. E’ erigendo queste barriere protezionistiche che si alimentano pressione e agonia per le nostre imprese.
In conclusione
Mi chiedo in che modo queste azioni si concilino con le dichiarazioni di principio del Presidente del Consiglio Mario Draghi, con la missione di questo Governo e con lo spirito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Ci aspettano altri due anni di legislatura parlamentare, una ventina di mesi che dedicherò personalmente all’introduzione di elementi di sana concorrenza sul mercato e alla battaglia per una radicale semplificazione per le imprese, specie per quelle più innovative, sia in fase di costituzione che nelle importanti fasi di sviluppo e crescita.