L’esperienza maturata nel realizzare la piattaforma EU digital COVID certificate è senza dubbio da inserire tra le buone pratiche nazionali e mi piace considerare il bicchiere mezzo pieno in un’ottica di resilienza.
Partiamo dai numeri.
Ad oggi la piattaforma EU digital COVID certificate ha prodotto circa 50.000.000 di certificati suddivisi in più o meno 2.500.000 tamponi, 1.300.000 certificati di guarigione e i restanti 46.200.000 derivanti da vaccinazione.
I motivi del “successo” della piattaforma
Il certificato COVID digitale dell’EU contiene informazioni fondamentali quali nome, data di nascita, data di rilascio, informazioni pertinenti su vaccino/test/guarigione e identificativo unico. Questi dati rimangono sul certificato e non sono memorizzati o conservati quando un certificato viene verificato per confermare la sua autenticità. Vengono controllate solo la validità e l’autenticità del certificato, accertando da chi è stato rilasciato e firmato.
Se come sopra descritto la piattaforma nazionale è l’unica abilitata a rilasciare questi certificati com’è stato possibile realizzare questo processo in tempi così brevi e con numeri così importanti? Mi piace pensare che questa volta nel progettare la realizzazione del sistema si sia valutato cosa era già a disposizione. Sto parlando di infrastrutture disponibili che si potevano adattate nel breve periodo per rispondere a quanto richiesto dal livello europeo.
Cos’è la certificazione verde e come si ottiene
La certificazione verde COVID-19 nasce su proposta della Commissione europea per agevolare la libera circolazione in sicurezza dei cittadini dell’Unione europea durante la pandemia di COVID-19.
È una certificazione digitale e stampabile (cartacea), che contiene un codice a barre bidimensionale (QR Code) e un sigillo elettronico qualificato. Viene emessa (in Italia) soltanto attraverso la piattaforma nazionale del Ministero della Salute. La decisione di produrla esclusivamente dalla piattaforma nazionale è stata presa di concerto con i Ministeri competenti e con le Regioni condividendo una strategia comune. La Certificazione attesta una delle seguenti condizioni:
- aver fatto la vaccinazione anti COVID-19
- essere negativi al test molecolare o antigenico rapido nelle ultime 48 ore
- essere guariti dal COVID-19 negli ultimi sei mesi
La certificazione verde COVID-19 si può ottenere attraverso vari canali:
- tramite il sito https://www.dgc.gov.it/
- tramite il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE)
- tramite APP Immuni e APP IO
Per accedere occorre avere a disposizione l’identità digitale (SPID o CIE) e/o la Tessera Sanitaria. Se si possiede la Tessera Sanitaria si devono inserire le seguenti informazioni:
- le ultime 8 cifre del numero identificativo della Tessera Sanitaria
- la data di scadenza della stessa
- uno dei codici univoci ricevuti con:
- il tampone molecolare (CUN)
- il tampone antigenico rapido (NRFE)
- il certificato di guarigione (NUCG)
in alternativa a questi codici, si può inserire il codice autorizzativo (AUTHCODE) ricevuto via e-mail o SMS ai recapiti che sono stati comunicati in sede di prestazione sanitaria.
Per assistenza tecnica è disponibile un Call center nazionale 800912491 (attivo tutti i giorni dalle 8 alle 20) oppure si può scrivere a cittadini@dgc.gov.it . Per recuperare il proprio AUTHCODE o per avere informazioni su aspetti sanitari si può contattare il numero di pubblica utilità 1500 (attivo tutti i giorni 24 ore su 24).
Il certificato rilasciato per la vaccinazione
Analizziamo una delle certificazioni prodotte: il certificato rilasciato per la vaccinazione. L’Anagrafe nazionale vaccini, istituita con Decreto del ministero della Salute il 17 settembre 2018, nasce con l’obbiettivo di garantire la corretta valutazione delle coperture vaccinali per monitorare l’attuazione dei programmi vaccinali in atto su tutto il territorio nazionale e per fornire informazioni agli organi nazionali, comunitari ed internazionali nell’ambito dello svolgimento di funzioni e compiti correlati alla tutela della salute. Il Decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73 definisce le informazioni che tutte le Regioni e Provincie Autonome devono fornire al Ministero della Salute. Sono altresì specificate le funzionalità che le anagrafi vaccinali regionali devono mettere a disposizione e sulla base del Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2017-2019 individuano il data set minimo di informazioni che le regioni devono trattare per la realizzazione delle anagrafi uniche a livello regionale.
Il Decreto-legge 14 gennaio 2021 n.2 all’art. 3 definisce che l’Anagrafe nazionale vaccini viene alimentata giornalmente dalla Regioni e Provincie autonome con i dati relativi alle somministrazioni di massa dei vaccini anti COVID-19, al fine di monitorare l’attuazione del Piano strategico nazionale di preparazione e implementazione della strategia vaccinale anti COVID- 19.
In sintesi in una (buona) logica di programmazione e progettazione dei sistemi informatici e delle infrastrutture digitali non abbiamo deciso di fare per l’ennesima volta un sistema unico e centrale che come per miracolo risponda a tutte le esigenze di soluzioni complesse ma abbiamo lavorato con gli strumenti che nel corso degli anni (parliamo di un’anagrafe istituita nel 2018) erano stati implementati e che potevano essere utilizzati adeguandoli alla situazione contingente che si era presentata.
Abbiamo fatto la cosa più logica e il risultato è evidente a tutti anche solo guardando i numeri che sono stati ottenuti in breve tempo. Quindi in una rappresentazione semplicistica della cosa possiamo dire che le Regioni forniscono i dati per la generazione dei certificati verdi che vengono a loro volta prodotti dal livello nazionale attraverso la piattaforma unica.
Un sistema molto complesso
Tutto sta funzionando perfettamente? No, non si può pensare che il 100% dei cittadini possa ottenere il proprio certificato senza problemi in quanto parliamo di un sistema molto complesso che vede molti attori coinvolti (Ministeri, Comitati Tecnici Scientifici, Regioni, Aziende Sanitarie con le proprie strutture, strutture private accreditate, medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, farmacisti, ecc..) e un numero di applicativi consistente che necessita di adeguamenti tecnici per rispondere alle specifiche definite e rese disponibili che non sempre trattano tutti i casi d’uso previsti.
I sistemi informatici implementano e prevedono tecniche in grado di mantenere il sistema in uno stato correttamente funzionante ed evitano che la fornitura del servizio possa essere interrotta dal verificarsi di errori. A livello Hardware questo aspetto si risolve con la ridondanza dei componenti cercando il più possibile di evitare il Single Point of Failure (SPOF), mentre a livello software occorre implementare tecniche di tolleranza ai guasti perfezionando la Dependability del sistema ovvero la capacità di essere considerato attendibile.
Ma come mai non si riesce a trattare tutti i casi d’uso previsti? Semplicemente perché non è facile definire regole certe e chiare basti pensare alle varie informazioni e indicazioni (a volte contraddittorie) che sono state date in relazione al vaccino Vaxzevria di AstraZeneca. Se le regole non sono chiare e definite come potranno mai le specifiche tecniche valutare tutti i casi d’uso?
Riporto alcuni esempi nei quali un soggetto non troverebbe prodotto il suo certificato verde:
- dati mancanti e/o errati (numero di dose nelle vaccinazioni eterologhe, data e ora del risultato non corretta, codice test rapido non presente, numero di telefono non corretto e/o non disponibile ecc.)
- vaccinati all’estero
- persone non iscritte al Servizio Sanitario Nazionale (difficoltà nel recuperare i dati anagrafici di questi soggetti)
- tempestività e completezza dei dati inviati a infrastruttura nazionale per tamponi molecolari e antigenici.
Ma come si può pensare di risolvere queste situazioni così da garantire a tutti il proprio certificato in modo tempestivo? Attraverso un continuo lavoro di perfezionamento tra tutti i soggetti coinvolti che vede l’analisi di ogni segnalazione fatta al fine di risolvere la problematica evidenziata così da sanare quella specifica tipologia di casistica identificata.