A maggio numerosi influencer francesi e tedeschi hanno ricevuto strane proposte per screditare il vaccino a mRNA di Pfizer-BioNTech. Un’agenzia di PR con base a Londra voleva pagarli per promuovere contenuti per conto di un cliente. I messaggi erano composti da un sofisticato documento di tre pagine che, nel dettaglio, riportava cosa esattamente dire e su quali piattaforme veicolare il messaggio per la cui pubblicizzazione gli influencer e YouTuber europei venivano profumatamente pagati.
Pochi vaccini per colpa delle fake news? Ma Facebook è capro espiatorio di errori politici
Il caso della proposta “indecente” contro il vaccino Pfizer-BioNTech
A denunciare per primo il tentativo di cercare influencer pronti a minare la credibilità del vaccino Pfizer-BioNTech (uno dei più utilizzati al mondo contro il Covid-19), o almeno a denigrarlo, è stato Leo Grasset, che si occupa di divulgazione scientifica su un canale YouTube con circa 1,2 milioni di abbonati. Su Twitter, lo stesso Grasset ha scritto di essere rimasto sorpreso dalla proposta “che consiste nel distruggere il vaccino di Pfizer in un video”: l’email ricevuta conteneva un’offerta con “un budget gigantesco” per la campagna, e chiedeva che l’agenzia committente rimanesse nell’anonimato, aggiungendo che nel video non fosse esplicitamente dichiarata la sponsorizzazione.
C’est étrange.
J’ai reçu une proposition de partenariat qui consiste à déglinguer le vaccin Pfizer en vidéo. Budget colossal, client qui veut rester incognito et il faut cacher la sponso.
Éthique/20. Si vous voyez des vidéos là dessus vous saurez que c’est une opé, du coup. pic.twitter.com/sl3ur9QuSu— Léo Grasset (@dirtybiology) May 24, 2021
La cosa strana è che non si trattava di una campagna di sponsorizzazione di prodotti di bellezza o di esotiche destinazioni di vacanza, come succede nel mondo degli influencer con numeri da capogiro di follower, bensì di veicolare falsità riguardanti il vaccino anti Covid-19 di Pfizer-BioNTech. Ancora più strano era il fatto che l’agenzia di Public relations (PR) londinese, chiamata Fazze, non sembrava esistere davvero. Nessuna prova che ne dimostrasse la sua esistenza, anzi, all’indirizzo indicato si trova un centro per la chirurgia laser.
La strana email ha contattato anche uno YouTuber con un canale comico con oltre 400mila iscritti. Alcuni destinatari di questa proposta hanno postato le schermate della singolare proposta: il proprietario di un profilo Instagram, con oltre 86mila follower, ha parlato di un’offerta da circa 2mila euro per un video di 30 secondi. Ma, una volta esposti gli screenshot, l’account social di Fazze è stato cancellato. Nella stessa settimana, influencer brasiliani e indiani hanno postato video, che riecheggiavano i messaggi di Fazze, ottenendo centinaia di migliaia di visualizzazioni.
L’industria della disinformazione a noleggio
Questo schema sembra far parte di un’industria segreta che gli analisti di cyber-sicurezza statunitensi definiscono “disinformazione a noleggio”, un nuovo capitolo della diffusione di fake news e disinformazione. Un’industria della promozione di falsità, in pieno boom.
Aziende private, cavalcando operazioni opache fra il marketing tradizionale e l’influenza geo-politica, stanno vendendo servizi, un tempo condotti principalmente da agenzie di intelligence. Seminano discordia, s’immischiano nelle elezioni, diffondono false narrazioni e propagandano teorie cospirative virali, soprattutto sfruttando la potenza di fuoco dello storytelling sui social media. Ai clienti, che abboccano a queste proposte, offrono qualcosa di prezioso: la possibilità di negare non essendo abbastanza informati.
Annunci di lavoro e profili di impiegati associati a Fazze, la descrivono come una sussidiaria
di un’azienda, di nome Adnow, con sede a Mosca. Inoltre, alcuni domini Internet di Fazze sono proprio registrati come proprietà di Adnow, come hanno scoperto il sito tedesco Netzpolitik e ARD Kontraste. La Russia ha cercato a lungo di vendere il vaccino Sputnik V, ancora prima di aver ricevuto l’autorizzazione nell’Unione europea (UE) dall’EMA. Recensioni di terze parti indicano AdNow come un service provider nel campo dell’advertising.
Nei mesi scorsi la promozione del vaccino russo è stata condotta sui principali canali informativi controllati dal governo russo e da alcuni profili sui social network, creati ad hoc per sponsorizzare Sputnik V.
Graham Brookie, direttore del Digital Forensic Reasearch Lab dell’Atlantic Council, osserva che è un’industria in espansione quella che noleggia attori della disinformazione, impiegati da governi o da organizzazioni para-governative. E si tratta di una strategia non solo in crescita, ma veramente grave e seria.
Simili campagne mediatiche sono state scoperte in India, per fare propaganda a favore del partito di governo, in Egitto, per diffondere falsità su interferenze straniere, e in Bolivia e Venezuela, per promuovere figure politiche.
I casi di diffusione di fake news scoperti nel resto del mondo
Altre campagne, a cavallo fra marketing e propaganda politica, hanno interessato l’Ucraina, una piccola città del Brasile (Serra) e la Repubblica Centrafricana. Un’ondata di post antiamericani è stata tracciata in Iraq verso un’organizzazione già accusata di fingere di diffondere sentiment antigovernativo in Israele.
La maggior parte delle tracce risale a un’azienda la cui attività legittima ruota intorno al marketing a tariffa bassa o email spammer.
L’era della disinformazione a noleggio sembra ancora acerba – è efficace solo in rari casi -, ma sta diventando più sofisticata man mano che viene reiterata: impara la lezione dagli errori precedenti e sta prendendo piede in alcune parti del mondo.
Il risultato consiste in un aumento delle teorie cospirative in grado di generare polarizzazione e falsi gruppi, di fabbricare un sentiment pubblico, erodere la realtà condivisa per deformarla nell’ir-realtà del fake.
Le origini: lo scandalo Cambridge Analytica
Questa tendenza della disinformazione a noleggio ha una data di nascita: 2018, in seguito alla scoperta dello scandalo Cambridge Analytica. Era un’azienda di consulenza politica legata a membri della campagna presidenziale di Donald Trump nel 2016, quella che lo ha visto come vincitore. Cambridge Analytica aveva raccolto i dati personali (compresi i like, i post con i “Mi piace” e con il maggior numero di commenti, da dove sono condivisi i contenuti e una miriade di insights) di 87 milioni di account Facebook senza il consenso degli utenti coinvolti e li aveva usati per scopi di propaganda politica.
Come difenderci dalle informazioni manipolate: tecniche e norme
Più i like, i commenti, i tweet e altri contenuti sono analizzati, più è puntuale il profilo “psicometrico” di ogni utente, creato da modelli e algoritmi che elaborano quelle informazioni precise, cui vengono aggiunte altre comprate da “broker di dati”, società che raccolgono informazioni di ogni genere sulle abitudini e i consumi delle persone (tracciate attraverso l’uso di carte fedeltà nei negozi o via e-commerce).
Le informazioni sono di solito anonime (a seconda di quanto la navigazione possa essere tracciata) o fornite in forma aggregata dalle aziende per non consentono di risalire a una singola persona, ma, a causa della loro varietà (Like e condivisioni) e quantità, il microtargeting comportamentale permette ad algoritmi, come quelli di Cambridge Analytica, di ricondurre a persone di cui è possibile realizzare profili mirati sui loro gusti e sulle loro opinioni personali. Cambridge Analytica usava i dati per bersagliare un’audience iper-specifica con messaggi tagliati su misura.
Le interferenze russe nelle Presidenziali del 2016
Sempre nel 2016 la Russia ha dimostrato al mondo, anche quello più scettico, il potere della disinformazione. Le interferenze russe (su Facebook, Instagram, Twitter e YouTube) nelle Presidenziali del 2016 hanno contribuito alla vittoria di Donald Trump, sfruttando temi – come il diritto a possedere le armi e l’immigrazione – per coinvolgere gli indecisi e orientarli verso il voto pro Trump.
False notizie su come votare o intente a screditare le istituzioni elettive sono state invece sfruttate per disincentivare gli elettori più di sinistra a recarsi al voto. Un network con sede a San Pietroburgo ha preso di mira elettori musulmani, cristiani, ispanici, omosessuali, reduci di guerra, abitanti degli stati del Sud eccetera.
Le cifre delle campagne di propaganda-as-a-service
Il mercato della disinformazione è vasto e la disinformazione a noleggio ha riguardato 48 Paesi nel mondo, quasi il doppio rispetto a un anno fa, secondo uno studio della Oxford University che ha già identificato 65 aziende pronte a offrire questi servizi. Alcune si fingono network di fact-checking, come quella, composta da utenti boliviani, rimossa da Facebook. L’università di Stanford ha tracciato contenuti di un’azienda di comunicazione di Washington che hanno lavorato come consulenti non solo in Bolivia, ma anche Venezuela e Messico. L’accusa è di interferenza straniera.
La manipolazione organizzata sui social media è in aumento, anche se Facebook e Twitter sono alacremente impegnate nel rimuovere dalle piattaforme account legati alle cyber-troop responsabili di fake news, disinformazione, diffusione di teorie cospiratorie eccetera. Sono stati spesi, in soli 12 mesi fra il 2019 e il 2020, almeno 10 milioni di dollari in pubblicità per sponsorizzare contenuti falsi. Poiché aumentano le aziende, attirate dagli ingenti investimenti in campagne di manipolazione (60 milioni di dollari investiti solo negli USA dal 2009 per offrire Propaganda-as-a-Service), bisogna fare di più per combattere questo fenomeno che mina le istituzioni democratiche alle fondamenta. Nel caso di Pfizer-BioNTech, il tentativo di disinformazione a noleggio è stato sventato, ma in futuro il fenomeno potrebbe diventare ancora più subdolo, sofisticato, sempre più difficile da portare alla luce, e, di conseguenza, pericoloso.