Non sarà il 2020, segnato dall’esplosione di Covid-19, ma il 2021 l’anno del record di vendite e di profitti per Big Tech.
Mentre le società analoghe cinesi patiscono sul piano della diversificazione delle attività, sul piano dello sviluppo di nuovi settori e soprattutto sul piano della capitalizzazione in borsa, i giganti americani viaggiano a gonfie vele: non sembrano colpiti dalle preoccupazioni politiche e dalle sanzioni che il loro successo sollecita, da una parte e dall’altra dell’Atlantico.
Risultati record nel 2021 per le big tech
Il secondo trimestre 2021 si è appena concluso con un nuovo record, come si vede nella figura 1 riferita al gruppo delle 5 Big Tech FAAAM (Facebook, Amazon, Apple, Alphabet, Microsoft).
Le 5 aziende aggregate rappresentano 1/4 del totale del valore di borsa delle prime 500 aziende americane (S&P 500)[1].
Nella figura 2A sono riportati i ricavi e i profitti del primo semestre 2021 per tutte le aziende FAAAM e nella successiva figura 2B troviamo le previsioni per l’intero anno 2021.
Figura 2 A: Ricavi e profitti primo semestre 2021 e confronto con gli anni precedenti (stesso semestre)
Figura 2 B. Ricavi e profitti: previsioni per l’intero 2021 e raffronto con gli anni precedenti
Queste previsioni scontano una crescita quasi altrettanto forte nel secondo semestre dell’anno, e portano il totale dei ricavi poco sotto i 1.500 miliardi di dollari e gli utili a 300 miliardi di dollari.
Una crescita destinata a durare?
Forse la crescita di ricavi e profitti non continuerà con questi ritmi da tempesta perfetta (a loro favore) come la ha definita il prof. Thomas Philippon “erano già in forte crescita da quasi un decennio e la pandemia è stata un evento unico: per loro rappresenta una tempesta perfetta.”[2]
Forse il graduale ritorno alle attività normali, post lockdown, rallenterà alcuni servizi che della tempesta perfetta hanno maggiormente beneficiato: e-commerce, social network, media on line. Ma la svolta a favore dei servizi cloud, dei terminali intelligenti, della pubblicità online continuerà a dare risultati crescenti, che bilanceranno in parte almeno l’atteso rallentamento delle precedenti voci. Così Microsoft, che soffre meno delle altre le indagini e le accuse di comportamenti monopolistici, prevede di sviluppare i servizi cloud Azur, cresciuti del 50%. Satia Nadella, AD di Microsoft, ha dichiarato che la digitalizzazione è solo agli inizi e che sta accelerando: “oggi si spende il 5% del reddito nazionale per high tech e la quota è destinata a raddoppiare con velocità crescente”.
Google e Facebook beneficeranno della crescita dei prezzi della pubblicità online, mentre i social network e distributori di contenuti multimediali, come Pinterest, prevedono un ritorno alle attività sociali del mondo reale e quindi una riduzione della corsa verso i social media. Amazon stessa ritiene di doversi attendere una contrazione del ricorso agli acquisti on line, con il ritorno dei consumatori ai tavoli dei bar e ai ristoranti.
Zuckerberg, come Microsoft, non nasconde invece il proprio ottimismo, ma lo veste con i panni del futuribile: la transizione di Facebook da piattaforma social ad azienda “metaverse”, segnerà un cambiamento dei comportamenti. Gli utenti lavoreranno completamente immersi in un ambiente virtuale, dove comunicheranno e giocheranno. Ciò diventerà essenziale per la vita quotidiana, con internet incorporato in ogni momento. Una cosa assai diversa dalla possibilità di fruire di contenuti on line[3].
Preoccupazioni? Poche
Le preoccupazioni non sono certo quelle personali: da marzo 2020 i miliardari dell’hi-tech hanno aumentato le loro ricchezze dell’80%, da 1.4000 miliardi di dollari a 2.500 miliardi, con Jeff Bezos che detiene 212 miliardi, seguito da Elon Musk che ne ha 180, Bill Bates 151 e Mark Zuckerberg 138. Oggi sono anche aumentati di numero, 365, secondo Forbes, contro 241 di prima della pandemia.
Anche per questo, il clima in cui si muovono le Big Tech non è stato mai così ostile nell’opinione pubblica e nell’agenda politica dei paesi occidentali.
Pesano, a livello di opinione pubblica generale, le accuse di essersi arricchiti durante il Covid stringendo le maglie del loro già eccessivo controllo dei mercati connessi allo sviluppo dei servizi in rete, penalizzando l’innovazione, limitando l’accesso alle proprie piattaforme a chi non vuole soggiacere alle tariffe imposte da aziende che di fatto controllano l’accesso alla rete.
Quest’ultimo argomento, agitato soprattutto dalle PMI, ma non solo, è quello che mobilita di più il mondo politico, sensibile al consenso elettorale dei consumatori e a quello legato alle piccole imprese.
Google ha dovuto evidenziare 800 milioni di spese legali a causa delle controversie antimonopolistiche sollevate in base alle leggi degli Stati Uniti. Ha un contenzioso con la Commissione europea, che intende far valere le proprie ragioni sulle condotte monopolistiche del colosso della ricerca on line. La Francia ha sanzionato Google per i contenuti degli editori, indicizzati dal motore di ricerca e sui quali intende far pagare i diritti all’azienda di Alphabet.
Come ti distraggo l’opinione pubblica
Quasi tutte le Big Tech sono sotto esame sia dalle autorità americane sia da quelle europee. Per uscire da questo isolamento politico esse aumentano l’attenzione verso l’opinione pubblica, con iniziative di immagine, non prive di interesse, anche se di facciata: Sundar Pichai, AD di Alphabet, ha annunciato che YouTube ha pagato somme record ai creatori di contenuti per YouTube; Tim Cook, AD di Apple, dichiara che l’azienda investe in giustizia sociale ed equità razziale, in abitazioni sostenibili, educazione e sostenendo la campagna globale contro la pandemia; Philip Schindler, capo di Google, sostiene di aver aiutato le imprese in particolare durante la pandemia.
Ma, nonostante queste preoccupazioni delle aziende, espresse anche ai propri azionisti, gli investitori restano ampiamente ottimisti sulle possibilità di crescita delle quotazioni: nonostante i guai con i regolatori, Morgan Stanley si aspetta possibili guadagni ulteriori nelle quotazioni di Alphabet, oggi a 2.670 $, che secondo la banca di affari potrebbero salire fino ad un massimo di 3.060.
Insomma, si cerca di minimizzare l’impatto negativo che la posizione pressoché monopolistica delle Big Tech potrebbe avere sull’opinione pubblica e di qui anche sui regolatori, che le hanno prese nel mirino.
Note
- Yet, and ) Therese Poletti, Jeremy C. Owens, Opinion: Big Tech is headed for its biggest year yet, and it isn’t even close, Marketwatch, July 29,2021. ↑
- ) Rupert Neate, Dominic Rushe, Google, Apple and Microsoft record-breaking profits, The Guardian July 29, 2021. ↑
- ) Ivi. ↑