Con decreto del 11 ottobre 2021 la Procura della Repubblica di Roma ha disposto il sequestro del sito internet del partito di destra estrema Forza Nuova: l’ipotesi degli inquirenti è che l’oscuramento del sito internet possa limitare la condotta criminosa contestata, ossia l’istigazione a delinquere.
Il comunicato che ha determinato il sequestro
La Procura della Repubblica di Roma ha ipotizzato il delitto di istigazione a delinquere (previsto e punito dall’articolo 414 del Codice penale) per la pubblicazione di un comunicato dal seguente tenore (richiamato espressamente nel provvedimento giudiziario): “Altro che forza Nuova. Il popolo ha alzato il livello dello scontro e non si fermerà” […]” e “Mesi di piazze pacifiche non hanno fermato l’attuazione del Great Reset, ora la musica è cambiata e il direttore d’orchestra e compositore è solo il popolo in lotta – costretto a difendersi dalla ferocia unanime di chi dovrebbe rappresentarlo, l’attacco alla CGIL rientra perfettamente in questo quadro analitico – che ha deciso di alzare il livello dello scontro. Da domani, dal 15 ottobre, e fino a che il green pass non verrà ritirato definitivamente, la rivoluzione popolare non fermerà il suo cammino, con o senza di noi».
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Il comunicato, collegato direttamente ai fatti di domenica 7 ottobre 2021, è stato ritenuto idoneo ad aggravare ulteriormente le conseguenze del reato di istigazione a delinquere, mediante la pubblicizzazione di metodi di protesta violenti.
Avendo quindi ipotizzato la commissione del reato previsto dai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 414 del Codice penale, la Procura della Repubblica di Roma ha disposto il sequestro del sito internet, per evitare ulteriore pubblicizzazione di metodi violenti di protesta, affermando che la pubblicizzazione stessa «può essere evitata unicamente disponendo il sequestro preventivo del sito web mediante il cd. “oscuramento”, in modo tale da impedirne la consultazione da parte degli utenti della rete e l’ulteriore utilizzo da parte degli autori del reato».
I motivi giuridici del sequestro del sito di Forza Nuova
Il delitto di istigazione a delinquere è previsto e punito dall’articolo 414 del Codice penale, che testualmente recita: “Chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati è punito, per il solo fatto dell’istigazione: 1) con la reclusione da uno a cinque anni, se trattasi di istigazione a commettere delitti; 2) con la reclusione fino a un anno, ovvero con la multa fino a euro 206, se trattasi di istigazione a commettere contravvenzioni. Se si tratta di istigazione a commettere uno o più delitti e una o più contravvenzioni, si applica la pena stabilita nel numero 1. Alla pena stabilita nel numero 1 soggiace anche chi pubblicamente fa l’apologia di uno o più delitti. La pena prevista dal presente comma nonché dal primo e dal secondo comma è aumentata se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici. Fuori dei casi di cui all’articolo 302, se l’istigazione o l’apologia di cui ai commi precedenti riguarda delitti di terrorismo o crimini contro l’umanità la pena è aumentata della metà. La pena è aumentata fino a due terzi se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici”.
Le indagini sono svolte a carico di più appartenenti a Forza Nuova per i commi da 1 a 3 dell’articolo 414 del Codice penale e, quindi, anche per la fattispecie “apologetica”.
Le sentenze di Cassazione
Il decreto di sequestro, per motivare la sussistenza del reato, ha citato espressamente alcune recenti sentenze della Cassazione, in cui si afferma che «ai fini dell’integrazione del delitto di cui all’articolo 414, comma 3, c.p., non basta l’esternazione di un giudizio positivo su un episodio criminoso, ma occorre che il comportamento dell’agente sia tale per il suo contenuto intrinseco, per la condizione personale dell’autore e per le circostanze di fatto in cui si esplica, da determinare il rischio effettivo della consumazione di altri reati lesivi di interessi omologhi a quelli offesi dal crimine esaltato» (Cassazione Penale, Sez. VI, 18/04/2019, n. 31562) e che «il delitto di istigazione a delinquere, previsto dall’art. 414 c.p., è reato di pericolo concreto e non presunto e richiede, di conseguenza, per la sua configurazione, un comportamento che sia ritenuto concretamente idoneo, sulla base di un giudizio ex ante, a provocare la commissione di delitti» (Cassazione Penale, Sez. V, 12/09/2019, n. 48247, in Cassazione Penale 2020, 7-8, p. 2872).
Il pericolo concreto ed attuale “è desumibile dagli atti disponibili e già acquisiti”, dall’articolo citato nelle premesse, “nonché da informazioni e dati tali da poter ragionevolmente e concretamente ritenere – non per semplice illazione o congettura – che siano stati commessi reati su cui bisogna indagare”.
Ovviamente è in queste “informazioni e dati” che va ricercata la fondatezza o meno dei presupposti su cui si basa il decreto di sequestro: ma si tratta di atti di indagine che potranno essere visionati dai difensori nei termini di legge e che – per legge – devono restare segreti per un determinato periodo.
Conclusioni
Premesso che chi scrive è contrario ai reati di opinione, è difficile – e comunque non andrebbe fatto – commentare un provvedimento dell’autorità giudiziaria emesso in fase di indagini.
In primo luogo perché la presunzione di innocenza è un baluardo della civiltà giuridica di un Paese evoluto; in secondo luogo perché, come visto, senza avere piena contezza degli atti di indagine qualunque commento sarebbe un esercizio di stile.
Una domanda sorge, però, spontanea: se tramite un sito internet – o un canale Telegram o simili – si indica con chiarezza l’intenzione di commettere uno o più fatti astrattamente costituenti reato, sarebbe così complicato monitorarli e far trovare pronte le forze dell’ordine?
Perché qualunque dibattito su riconoscimento facciale, polizia predittiva, intercettazioni urbi et orbi potrebbe, a volte, risultare sterile, perché ci sono situazioni risolvibili con la semplice applicazione del meno tecnologico “buon senso investigativo”.