La sfida che le imprese devono fronteggiare nei prossimi anni è quella di mettere a segno gli obiettivi di sostenibilità lungo due traiettorie: quella economica e quella sociale. In questo senso, la transizione ecologica e la transizione digitale sono i principi cardine a cui l’UE si è ispirata per rilanciare la crescita e la competitività dei Paesi membri nell’era post Covid.
La transizione ecologica, per quanto concetto “pieno di futuro” rischia di essere ingabbiata in un presente lento fatto di cavilli e procedure che rallentano la crescita e gli investimenti delle imprese. In questo senso, come CNA abbiamo svolto un’analisi delle problematiche di tipo burocratico sottese ad alcuni aspetti della transizione ecologica, realizzando il Terzo Rapporto dell’Osservatorio “Comune che vai burocrazia che trovi”.
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Gli adempimenti più gravosi per le imprese
Il Rapporto indaga nel dettaglio gli adempimenti più gravosi per le imprese che operano in due settori cruciali per l’attuazione delle politiche di sostenibilità: quello dell’installazione e manutenzione di impianti (per l’efficientamento energetico) e quello della moda (per l’economia circolare). Lo studio dimostra che per le realtà produttive prese a riferimento (oltre 200.000 con più di 900.000 addetti) gli investimenti richiesti dalla transizione ecologica nella pratica si scontrano con un quadro regolatorio complesso ed incerto, con adempimenti onerosi e con ritardi sul fronte della digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni.
Accanto a best practice rappresentate da alcuni comuni in cui il passaggio alla transizione ecologica e burocratico – digitale è in corso, l’Osservatorio CNA evidenzia il persistere di numerosi territori ancora in forte ritardo. Pratiche smart vengono affiancate da situazioni ottocentesche e non digitalizzate anche all’interno della stessa regione, a conferma che ogni comune è un piccolo stato a sé.
L’attività di installazione e manutenzione di impianti
Con riferimento all’attività di installazione e manutenzione di impianti, uno dei paradossi burocratici è costituito dal catasto digitale degli impianti di climatizzazione invernale ed estiva introdotto dal DPR 74/2013. Tale banca dati consiste nella raccolta informatica dei libretti e dei rapporti di efficienza energetica ed è istituita autonomamente da ogni regione, che ne ha sviluppato una propria piattaforma autonoma con specifiche modalità di accesso e procedure. Al momento, in ben otto regioni non risulta ancora attivato. Questo vuol dire – tra l’altro – che non è possibile avere la fotografia in tempo reale dello stato dell’efficienza energetica degli edifici in una singola regione e men che mai in tutta Italia. Ad oggi non si è ancora realizzato la ratio della legge, che immaginava l’interoperabilità tra i dati riferiti al catasto degli impianti, al catasto degli immobili e all’attestato di prestazione energetica degli edifici (APE).
Ulteriore criticità emersa dallo studio è rappresentata dalla dichiarazione di conformità degli impianti rilasciata dagli installatori una volta terminato il lavoro. Ai sensi dell’art. 11, del D.M. n. 37/2008, questa deve essere inviata in formato telematico al SUAP, ma nella pratica se ne perdono le tracce. I risultati dell’indagine mettono in evidenza che non esiste una piattaforma regionale utilizzata da tutti i comuni per la presentazione della dichiarazione di conformità, ma al contrario si riscontrano sistemi condivisi oppure piattaforme autonome utilizzate da singoli comuni. Questi sistemi differenti possono anche coesistere in una stessa regione, come accade nelle Marche.
Le criticità nel settore moda
Quanto al settore moda, la produzione orientata all’economia circolare potrebbe essere rallentata già in fase di avvio attività a causa dei tempi incerti per l’ottenimento dell’autorizzazione unica ambientale (AUA). Nonostante le previsioni normative e le diverse misure di semplificazione intervenute negli anni, sia in tema di Sportello Unico che di procedimenti amministrativi tout court, permane una disomogeneità a livello locale sulla gestione dei SUAP e, in generale, delle procedure complesse come l’AUA gestite interamente in modo telematico e secondo il principio del “Once Only”. Come in passato al momento della presentazione della pratica, a seconda della tipologia di istanza, il SUAP si comporta in modo diverso. Questo è dovuto in gran parte anche alla differente piattaforma informatica utilizzata nei comuni che, si ricorda, può essere appunto comunale, regionale o camerale. L’impossibilità di raggiungere una standardizzazione della piattaforma informatica almeno a livello regionale si riflette anche sulla conseguente diversità di modulistica e di procedure. Una volta terminata la produzione per le imprese diventa quasi una scelta obbligata trattare gli scarti come rifiuto, anziché reimmetterli nel ciclo produttivo, data l’incertezza della norma e le differenti interpretazioni della stessa da parte degli organi di controllo.
Conclusioni
L’indagine “Comune che vai burocrazia che trovi” non è solo un’analisi ma al contempo presenta alcune proposte puntuali di semplificazione.
Transizione ecologica e burocratica sono due facce della stessa medaglia, ma perché la prima si realizzi bisogna eliminare i colli di bottiglia che bloccano investimenti e procedure, a partire dalla effettiva interoperabilità delle piattaforme informatiche per l’invio delle informazioni richieste e dalla standardizzazione e digitalizzazione delle procedure. Ciò consentirebbe una significativa riduzione dei costi e dei tempi dei procedimenti, unitamente ad una razionalizzazione del sistema in grado di conferire certezza alle imprese.