il premio nobel

Giorgio Parisi, una risorsa preziosa che l’Italia non ha saputo sfruttare (ma si può rimediare)

Di occasioni in cui sarebbe stato utile il parere di una persona come Giorgio Parisi l’Italia ne ha avute nei decenni in cui il Premio Nobel è rimasto a lavorare a Roma. Eppure, a nessuno è venuto in mente di coinvolgerlo delle decisioni importanti e ci accorgiamo solo ora di avere un genio in casa

Pubblicato il 21 Ott 2021

Massimo Bernaschi

Istituto Applicazioni del Calcolo, CNR

giorgio parisi

Il grande pubblico ha scoperto solo martedì 5 ottobre 2021 di avere un genio in Italia, quando l’Accademia Reale delle Scienze Svedese ha annunciato i vincitori del premio Nobel 2021 per la fisica, assegnato a Giorgio Parisi insieme a Syukuro Manabe e Klaus Hasselmann.

Premetto che quando si tratta di Giorgio Parisi non posso essere neutrale. Ho avuto la fortuna di essere studente e l’onore di collaborare con lui, anche molto recentemente[1]. Per quelli come me, il fatto che gli sia stato assegnato il Nobel è normale. Attenzione, non scontato (basta ricordare, come ha fatto Parisi stesso, quello che è successo con Nicola Cabibbo), ma normale perché sapevamo che il numero e il livello dei contributi dati da Giorgio Parisi alla fisica lo ponevano sicuramente tra i migliori teorici al mondo (come ha ben descritto Enzo Marinari)[2].

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Giorgio Parisi, una risorsa preziosa mai coinvolta nelle decisioni importanti

Da qui vorrei far partire le mie considerazioni. La prima è che Giorgio Parisi non è bravo. Di persone brave, anzi bravissime, veloci, precise, etc. ne ho conosciute tante ma Giorgio Parisi non è niente di tutto questo. È in una categoria a parte in cui ci sono talmente poche persone che potrebbero, anzi direi dovrebbero, essere ben note a tutti quelli che prendono decisioni importanti, soprattutto in un paese come l’Italia che non brilla per cultura tecnico-scientifica (nessun intento polemico, si tratta di una semplice constatazione).

Persone come Giorgio Parisi sono risorse preziose non solo per la capacità tecnica, ma anche perché hanno una speciale passione per risolvere i problemi. Io non so se Parisi sarebbe stato interessato a essere coinvolto attivamente in processi decisionali, ma il punto è che a nessuno è venuto in mente di chiederglielo, prima che qualcuno da Stoccolma ci suonasse la sveglia, e forse anche adesso. Chi, tra i decisori, sa chi potrebbe essere veramente utile coinvolgere quando si tratta di prendere decisioni in cui c’è una componente scientifica o tecnica non banale? Non sto parlando di sapere chi invitare a una trasmissione televisiva, ovviamente.

La richiesta inascoltata di accesso ai dati riservati

Adesso che Giorgio Parisi ha vinto il Nobel, (ri)spuntano fuori vari interventi in cui Parisi, chiedeva, come Presidente dell’Accademia dei Lincei, non come privato cittadino, come pure sarebbe stato suo diritto, un accesso a quei dati che erano riservati, per ragioni mai del tutto chiarite, solo ad alcune persone/gruppi. Non si è mai capito da chi e sulla base di quale criterio di capacità fosse stata fatta la scelta. Alla fine, grazie anche all’azione di Parisi, i dati sono stati resi disponibili a vari altri gruppi ed enti (anche se con una serie di vincoli e con incomprensibili ritardi temporali) oltre che ai primi gruppi beneficiari. A scanso di equivoci, non sto dicendo che quelle persone fossero incapaci, ma non rendere immediatamente disponibili e nella forma più completa i dati a Giorgio Parisi fornisce una chiara misura di quanto sia scarsa la capacità dei nostri decisori di valutare quali siano le migliori risorse intellettuali disponibili nel Paese, soprattutto in un momento di difficoltà.

L’esempio della commissione Rogers negli Usa

Emblematico di quello che succede da altre parti, è un fatto accaduto negli Stati Uniti 35 anni fa. Nel gennaio del 1986 ci fu uno dei più gravi incidenti nella storia delle esplorazioni spaziali: l’esplosione dello Shuttle dopo appena 73 secondi dal decollo. Della commissione Rogers (dal nome del presidente della commissione stessa) incaricata di investigare le ragioni del disastro, faceva parte Richard Feynman, premio Nobel per la fisica nel 1965 per il suo fondamentale contributo allo sviluppo dell’elettrodinamica quantistica (premio diviso con Schwinger e Tomonaga). Sorvoliamo sul fatto che la commissione concluse i suoi lavori in meno di 6 mesi. Il modo di lavorare di Feynman[3] fece, come si dice, la differenza, anche se Feynman non era uno specialista di voli spaziali ma soltanto una mente eccezionale, con un amore infinito per la risoluzione dei problemi e senza vincoli di appartenenza, se non alla categoria dei geni. Presidente degli Stati Uniti era Ronald Reagan, non certo il presidente ideale per una persona come Feynman (ed è molto probabile che Reagan lo sapesse).

Non voglio fare un confronto tra Richard Feynman e Giorgio Parisi (alcuni lo considererebbero un sacrilegio) e neanche mi auguro ci sia nel futuro una sciagura in cui mettere alla prova le capacità di Parisi, ma occasioni in cui sarebbe stata utile una persona come Giorgio Parisi l’Italia le ha avute sicuramente nei decenni in cui è rimasto a lavorare a Roma. Nel caso di Parisi, infatti, non ci si può neanche rifugiare nel solito ritornello “… peccato che lavori all’estero”. Il solo fatto di aver provato a coinvolgere seriamente una persona come Parisi avrebbe fatto onore ai decisori di qualunque schieramento politico. Come già scritto, non posso sapere se Parisi avrebbe accettato, ma sono sicuro che se avesse accettato avrebbe lavorato con lo stesso entusiasmo e straordinarie capacità che ha messo in altre imprese che potevano sembrare lontane dal suo specifico campo di competenza, come nello sviluppo del computer APE. Parlo di lavorare concretamente a un problema e non semplicemente di rilasciare una dichiarazione su questo o quel tema (Parisi, tra l’altro ha sempre espresso le sue opinioni in maniera chiara e coerente).

Conclusioni

Qualche commentatore ha scritto che Giorgio Parisi corre adesso il rischio di trasformarsi in un “guru tuttologo” lasciando intendere che c’è troppo clamore mediatico intorno a lui. Invece di rammaricarsi di non aver sfruttato (in senso positivo) le sue capacità, ci si preoccupa adesso che possa comparire troppo sugli organi di informazione. Sembra che si abbia quasi paura che la sola competenza (eccezionale nel caso di Parisi) possa permettere di risolvere problemi. Può cambiare qualcosa dopo questo premio? Non dico per Giorgio Parisi che avuto semplicemente quello che meritava (da tempo), ma per il Paese? Chi di dovere lo dimostri concretamente. Se qualcosa cambierà dovremo essere grati a Giorgio Parisi (e all’Accademia Reale delle Scienze Svedese) anche di questo.

Note

  1. https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/classico-o-quantistico-purche-sia-ottimo-problemi-qubo-e-possibili-soluzioni/
  2. https://www.scienzainrete.it/articolo/parisi-nobel-magistrale-fra-storia-individualit%C3%A0-e-contaminazioni/enzo-marinari/2021-10-18
  3. https://en.wikipedia.org/wiki/Rogers_Commission_Report#Role_of_Richard_Feynman

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