telemedicina

Sanità digitale, il “modello Italia” per le cronicità è rimasto al palo: i nodi da sciogliere

Dal 2016, anno di approvazione del Piano Nazionale della cronicità, i servizi di sanità digitale hanno visto un incremento nella loro diffusione e utilizzo, con un’accelerazione durante la fase pandemica. A oggi però c’è ancora molto da fare e vi è troppo eterogeneità tra le Regioni

Pubblicato il 29 Ott 2021

Tonino Aceti

Presidente Salutequità

cronicità

Il Piano Nazionale della cronicità punta molto sul digitale, in particolare sulle soluzioni di telemedicina. Ma a cinque anni dalla sua approvazione c’è ancora molto da fare e vi è troppo eterogeneità tra le Regioni.

Facciamo il punto sullo stato dell’arte e sugli ostacoli da superare per la realizzazione degli obiettivi del Piano.

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Le malattie croniche in Italia, prima e dopo il covid

Prima della pandemia le malattie croniche erano una delle priorità del nostro Servizio Sanitario Nazionale, sia per l’impatto sul livello di salute pubblica che per quello sulla sostenibilità dei sistemi sanitari. Ora, a seguito delle cure mancate con il covid-19, il livello di attenzione sulle cronicità dovrà aumentare notevolmente.

In Italia, infatti, le malattie croniche interessano circa il 40% della popolazione e rappresentano la principale causa di morte in quasi tutto il mondo, mentre in Europa si stima una spesa sanitaria intorno ai 700 miliardi di euro annui e sono la causa di circa l’86% dei decessi.

Nel 2020, invece, secondo il Rapporto Istat 2021, in seguito al covid-19 le visite specialistiche di controllo o prime visite, finalizzate a impostare un eventuale piano diagnostico terapeutico si sono ridotte di quasi 1/3 (65% Basilicata, 53% Valle d’Aosta, 50% Marche).

Per la Corte dei conti, nel 2020, anche i ricoveri per la gestione del paziente cronico con polimorbidità e fragilità̀ (insufficienza renale, disturbi della nutrizione, psicosi, demenza, BPCO…) hanno visto una forte contrazione.

Secondo il “Monitoraggio della Spesa Farmaceutica Nazionale e Regionale Gennaio-Marzo 2021” a cura dell’Aifa, nel periodo gennaio-marzo 2021 si è ridotto di oltre 10 milioni il numero assoluto di ricette rispetto allo stesso periodo del 2020.

Tutto questo in un contesto organizzativo del SSN per la presa in carico delle cronicità piuttosto critico già prima della pandemia.

Tra il 2010 e il 2018 aumentano il numero di persone trattate in Assistenza Domiciliare Integrata ma si riducono le ore destinate a ciascun caso.

A incidere sono anni di blocco del turnover del personale sanitario che sempre tra il 2010 e il 2018 ha comportato una riduzione di 42.000 unità, di cui 5.500 medici e circa 8.000 infermieri.

Gestione delle cronicità, il “modello Italia” non è decollato

I Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA) rimangono spesso ancora sulla carta e le differenze sul territorio nazionale sono rilevanti, perché ad arrancare c’è anche l’informatizzazione del SSN con un Fascicolo Sanitario Elettronico che viaggia nelle Regioni a velocità troppo differente: si passa dal 100% di cittadini che in Sardegna hanno attivato il FSE (secondo trimestre 2021), al 99% in Lombardia, al 97% Provincia Trento, al 2% Molise, mentre quelli che lo hanno utilizzato negli ultimi 90 giorni (secondo trimestre 2021) oscillano dal 100% della Sardegna, all’88% dell’Emilia Romagna, 72% del Veneto e 6% della Sicilia.

E ancora. Il “modello Italia” di presa in carico della cronicità definito con l’approvazione nel 2016 del Piano nazionale della Cronicità è rimasto praticamente al palo.

Recepito formalmente da tutte le Regioni, alcune di queste impiegando anche 3-4 anni, poche ne hanno messo a terra le attività previste e i sistemi di stratificazione della popolazione sono realtà solo in alcune Regioni, nonostante i finanziamenti dell’UE (Pon Gov).

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Un Piano nazionale che punta decisamente sui servizi di sanità digitale, che ne rappresentano un vero e proprio fondamentale.

Il Piano, infatti, li riconosce tra gli “aspetti trasversali dell’assistenza per la cronicità” e particolarmente utili per l’implementazione di modelli di gestione della cronicità basati sul Chronic Care Model.

I servizi di Telemedicina

I servizi di Telemedicina, spiega il Piano, vengono considerati particolarmente utili per la prevenzione, attraverso servizi dedicati alle persone con patologie croniche, come ad esempio il diabete, che devono sottoporsi a costante monitoraggio al fine di ridurre il rischio di insorgenza di complicazioni.

La loro utilità è anche per la diagnosi, permettendo la circolazione delle informazioni diagnostiche tra i diversi professionisti sanitari coinvolti, nonché per la cura e riabilitazione (teleriabilitazione).

I benefici che il Piano identifica nello sviluppo e nell’adozione di soluzioni di Telemedicina nella gestione della cronicità sono molteplici e tutti molto importanti, a partire dall’equità di accesso alle cure con particolare riguardo alle aree più interne e disagiate del Paese. Anche la continuità delle cure può migliorare attraverso ad esempio il telemonitoraggio, particolarmente utile anche ai fini di una deospedalizzazione precoce. La telemedicina facilitando la comunicazione e quindi l’integrazione tra i diversi professionisti coinvolti nel percorso di cura del paziente può contribuire a migliorare efficacia, efficienza e appropriatezza del Servizio Sanitario Nazionale. Infine, la telemedicina può concorrere al contenimento della spesa sanitaria attraverso la razionalizzazione e l’innovazione dei modelli organizzativi e contestualmente contribuire all’economia visto che i settori industriali nel campo dell’e-health sono a maggior tasso di innovazione.

Piano delle cronicità: obiettivi e linee di intervento

Il Piano della cronicità identifica specifici obiettivi, linee di intervento e risultati attesi nell’ambito della sanità digitale.

L’obiettivo è quello di “promuovere l’impiego di modelli, tecniche e strumenti della sanità digitale nella gestione della cronicità al fine di garantire continuità e migliore qualità dell’assistenza, migliore efficacia, efficienza e appropriatezza”

Le linee di intervento

  • Sperimentare modelli di assistenza che riescano a coniugare soluzioni tecnologiche con i bisogni di salute del paziente (Teleassistenza domiciliare, Teleconsulto specialistico, Telemonitoraggio, Telesorveglianza, Telecontrollo, Telesoccorso, Teleallarme).
  • Analizzare modelli, processi e modalità di integrazione dei servizi di telemedicina nella pratica clinica.
  • Diffondere nei cittadini, nei pazienti, negli operatori e nelle istituzioni la cultura della telemedicina.
  • Potenziare percorsi di formazione e aggiornamento continuo per gli operatori dei servizi di telemedicina.
  • Produrre studi di fattibilità e di analisi costo-beneficio e condividere le esperienze in telemedicina.”

I risultati attesi dal Piano

  1. Implementazione dei servizi di telemedicina.
  2. Incremento di modelli di assistenza che sappiano coniugare soluzioni tecnologiche con i bisogni di salute del paziente-persona”

Conclusioni

Dal 2016, anno di approvazione del Piano, i servizi di sanità digitale hanno visto un incremento nella loro diffusione e utilizzo, con un’accelerazione durante la fase pandemica. Ad oggi però c’è ancora molto da fare e vi è troppo eterogeneità tra le Regioni.

Una prima opportunità in questo senso proviene dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che stanzia fondi ad hoc e individua delle specifiche linee di azione.

La seconda opportunità è rappresentata dall’attuazione e il rilancio del Piano Nazionale della cronicità che come abbiamo visto punta molto sulla sanità digitale.

Per farlo però serve un suo finanziamento specifico sfruttando l’opportunità offerta dalla prossima legge di Bilancio (attualmente, infatti, il Piano non conta su alcun finanziamento), è necessario inoltre procedere con un suo aggiornamento viste anche tutte le innovazioni introdotte durante la pandemia e con una relazione del Ministero sul suo stato di attuazione.

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