DOMANDA
Ieri ho fatto un intervento a un ristorante che prima di intervenire era stato messo al corrente del costo dell’intervento più Iva. Ma alla fine del lavoro oltre a chiedere uno sconto non ha voluto che gli emettessi fattura. Ho dovuto chiamare la forza pubblica per farmi pagare il compenso pattuito, poi non hanno voluto rilasciare i dati per la fatturazione. So che posso ovviare essendo un forfettario ma loro sono perseguibili? Se sì, quale reato si prefigura nel diniego dei dati di fatturazione?
S.Flagiello
RISPOSTA
Dal suo quesito non si comprende che tipo di attività Lei svolge, immagino che si tratti di prestazioni di servizi. La fattura, a norma della lettera g) del comma 2 dell’articolo 21 del DPR 633/1972, deve contenere il “numero di partita IVA del soggetto cessionario o committente ovvero, in caso di soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro dell’Unione europea, numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato membro di stabilimento; nel caso in cui il cessionario o committente residente o domiciliato nel territorio dello Stato non agisce nell’esercizio d’impresa, arte o professione, codice fiscale”. Quindi Lei non può emettere fattura se non ha la partita IVA o il codice fiscale del cessionario/committente. Diciamo che Lei dovrebbe richiedere i dati prima di effettuare la prestazione, se non lo avesse fatto potrebbe fare una richiesta scritta (con raccomandata o pec) da inviare per conoscenza anche all’Agenzia delle Entrate e al Comando della GdF competente per territorio. Il cessionario/committente che non dovesse richiedere la fattura, essendone obbligato, non commette un reato ma assume una condotta sanzionabile perché l’acquisto è effettuato nell’esercizio di attività di impresa e, in quanto tale, soggetto all’obbligo di richiesta di emissione della fattura, ovviamente previa comunicazione delle sue generalità. Essendo Lei non soggetto all’obbligo di emissione della fattura in formato elettronico, potrebbe anche emettere la fattura analogica, sia pure incompleta (per la mancanza del codice fiscale o della partita IVA) ed assumerebbe così una condotta non regolare; tuttavia in caso di contestazione potrebbe eccepire la non colpevolezza, che potrebbe giustificare appunto esibendo la corrispondenza posta in essere. In effetti lei avrebbe potuto certificare l’operazione anche con un documento commerciale, emesso o mediante un registratore telematico o con l’utilizzo della app messa gratuitamente a disposizione dall’Agenzia delle Entrate e operante anche da dispositivi mobili (telefoni cellulari), ma avrebbe dovuto farlo non oltre il momento di effettuazione della operazione ossia, nel suo caso, l’incasso del corrispettivo, quindi sarebbe fuori termine. La prossima volta questa potrebbe essere una soluzione al problema della assenza di codice fiscale.
Per porre domande a Salvatore De Benedictis sul tema “Fatturazione Elettronica e Conservazione Digitale” è possibile scrivere a: esperto@agendadigitale.eu
Potranno essere presi in esame solo i quesiti sottoscritti con cognome e nome