Aiuole felpate. Tonde d’erba rasa. A contrastare la sabbia. Tenuta a bada dai vialetti di lavagna. Allan passo lento. Conversazione. Mani in movimento. Nelle tasche basse della camicia barong modificata. Cory di fianco. L’unica rimasta viva. Gli altri grandi accasciati. Silenti. Sorride e spiega. Domande fitte. Risposte calde.
“Sai, Allan… ti dico la verità… preferirei morire di una morte che significhi qualcosa piuttosto di vivere una vita senza significato…”
“La conosco questa sua frase!” Allan fissava le due farfalle bianche. Si specchiavano nelle lenti tonde. Degli occhiali di Cory. “Sarebbe un po’ banale, un po’ scontata se non fosse che lei è stata sempre un obiettivo da eliminare…”
“Hai studiato un po’ di storia, Allan…”
“Un poco… Cory… la posso chiamare Cory, posso?…”
Il bus rosso, sede di copertura della Memory Squad 11, vagheggiava mete lontane. Di primo pomeriggio. Ventoso. Setoso. Favoloso. Respirava a pieni polmoni. Riposavano gli occhi chiusi. I piedi distesi. Le schiene adagiate.
“Attenzione agenti! Fine della pausa!” vibrò la comandante Akila Khaspros “al museo dei grandi politici c’è in corso una conversazione…” “Quindi c’è una memoria connessa!” pronteggiò Stefano Magli, l’agente di Memoria Antica della squadra. “Abbiamo individuato finalmente una memoria funzionante di un personaggio politico museale… il grande ictus mnemonico di una settimana fa non le ha messe fuori uso tutte… dunque…” pignolava l’agente Magli.
“Correre agenti! Se si spegne l’abbiamo persa per sempre!” sguarciagolò la Khaspros. “E se invece recuperiamo la memoria ancora attiva, farà da matrice per ricostruire tutte le altre! E per noi…”
Allan e Cory intorno all’antico palazzo. Sopra la città. Da due secoli veneziggiata. Cercarono l’ombra. I muri odorosi. Lo scambio di date. Di luoghi. Di ideali. Lo scambio, madre di ogni umanità.
Le biciclette degli agenti. Assalivano la collinetta. Le gomme si spellavano. Sui vialetti di lavagna. Cory a cinquanta passi. Cory raggiunta. La bloccavano sui gradini. Secolari. Dell’ingresso.
Le due farfalle bianche le adornavano i capelli ricci.
Erano circondati. Dagli agenti.
Allan a Cory: “Signora Aquino perché le piace il giallo?” le dita a sfiorarle il tessuto. Della spalla.
“Non la tocchi!” becerava la comandante Khaspros.
“Le ha sottratto la memoria dalla spalla!” sibilava l’agente Magli.
“Hai preso la memoria museale, vero!?” squarciava la Khaspros.
“Non esistono più le memorie connesse! E voi lo sapete benissimo! Fessi!”
“Tu chi sei? Nessuno sa… nessuno può sapere… nessuno deve sapere! Tu come ti chiami!?” Aveva tolto la sicura. Per un proiettile puntato in bocca.
Le due farfalle bianche punteggiavano la minaccia frullando sulle labbra di Allan.
“Non c’è nessuna memoria museale… c’è solo la sua memoria… di Cory…”
Allan ripeté a Cory: “Perché le piace il giallo?”
“Non mi piace la politica…” calmò.
“Che c’entra?” ansimò Allan.
“Appunto.” Sorrise Cory.
La Khaspros sparò.
Cory sanguinava sul quinto gradino, già dentro il museo.
(62-continua la serie. Ogni episodio è “chiuso”)