La risposta del concessionario Open Fiber al mio articolo dal titolo “Fibra ottica, sciogliere il giallo del contratto Open Fiber prima dei nuovi bandi” contiene numerose gravi inesattezze che richiedono immediata rettifica. Ristabilire la verità degli eventi che caratterizzano la gestione dei bandi pubblici affidati al concessionario deve essere una priorità del Governo, per evitare nell’immediato futuro la reiterazione di errori di impostazione dei bandi e, in definitiva, spreco di risorse pubbliche.
Fibra ottica, sciogliere il giallo del contratto Open Fiber prima dei nuovi bandi
Bruno Bossio: Open Fiber non è corretta
L’affermazione secondo cui “la distanza del ROE dall’edificio non pone alcun problema di copertura” è priva di fondamento. È noto, infatti, che nella realizzazione di una rete d’accesso la porzione più onerosa e difficile, anche per problemi di permessi di accesso alle proprietà private, è la sezione di adduzione e purtroppo questa difficoltà non muta se si tratta di 18 o di 40 metri.
Gli esperti stimano che il costo di realizzazione della parte di rete non realizzata da Open Fiber sia non minore dell’investimento pubblico già stanziato.
Non trova poi riscontro oggettivo il fatto che “OF realizz[i] a proprie spese … l’ultimo tratto di rete fino all’unità immobiliare”. È sufficiente esaminare i listini pubblicati da Open Fiber per verificare che il costo della realizzazione viene ribaltato sull’operatore che richiede l’accesso alla prima UI da servire nel condominio.
Non solo si tratta di un “doppio pagamento” considerato che il ROE nelle aree più dense doveva essere collocato all’edificio, ma purtroppo è anche concausa della barriera economica ulteriore per il mercato che spiega il bassissimo take-up (solo 44 mila accessi attivi a fine ottobre 2021) nelle aree servite dal concessionario pubblico. Anche l’affermazione, posta incidentalmente, che “OF realizza … senza dunque utilizzo di fondi pubblici l’ultimo tratto” potrebbe rischiare in futuro di venire smentita se lo Stato italiano, per rimediare agli enormi ritardi accumulati, dovesse decidere di intervenire di nuovo.
Infine, Open Fiber reitera una posizione che deve essere chiarita una volta per tutte nelle sue inevitabili conseguenze. L’azienda sostiene, infatti, che molti “immobili … in molti casi potrebbero non richiedere mai una connessione (poiché, ad esempio, disabitati o seconde case)” e che ciò “avrebbe comportato uno spreco di fondi pubblici senza alcun beneficio per il cliente finale”. Si tratta di un’interpretazione che non trova fondamento nelle condizioni stabilite dai bandi pubblici vinti dall’operatore e che richiederebbe una verifica da parte dei committenti Infratel e MISE.