L’incremento nel numero di auto elettriche potrebbe avere conseguenze non solo positive per il pianeta, dovute alla maggiore richiesta di batterie ed al loro effetto sull’ecosistema, – dalla fase produttiva fino a quella di smaltimento – e sugli equilibri geopolitici.
Auto elettriche, convengono davvero all’ambiente? La strategia industriale che serve
Qual è l’impatto ecologico del litio?
Il nodo della sostenibilità delle batterie deriva innanzitutto dall’estrazione delle materie prime fondamentali per la loro creazione, tra cui spicca il litio. La sostanza si ricava estraendo acque salmastre a seguito di perforazioni in piane saline, presenti principalmente nel cosiddetto ‘triangolo del litio’ tra Bolivia, Argentina e Cile. Il metodo richiede lunghi periodi di evaporazione prima di ottenere il prodotto finale, arrivando ad usare duemila tonnellate di acqua per produrne una di litio.
Un’altra tecnica prevede il riscaldamento di composti come lo Spodumene, in combinazione con appositi agenti chimici. La necessità di raggiungere alte temperature comporta l’uso di combustibili fossili, causando il rilascio di circa nove tonnellate di CO2 per una di litio.
Un altro fattore di inquinamento è il consumo di elettricità negli stabilimenti che creano le batterie, responsabili secondo uno studio dell’ International Council on Clean Transportation per metà delle emissioni di gas serra dell’intero ciclo produttivo. Esse dipendono in larga misura dall’approvvigionamento energetico nazionale e dalle scelte delle singole case automobilistiche. In particolar modo, la decisione di aprire stabilimenti alimentati completamente da energia solare, come nel caso del centro produttivo Tesla in Nevada, o di affidarsi ad economie dipendenti dal carbone, può avere rilevanti ricadute sull’impronta ambientale di una batteria.
Non si possono poi ignorare le sfide dello smaltimento. Come riportato dalla BBC, meno del 5% delle batterie vengono trasformate o riutilizzate, nonostante abbiano ancora quattro quinti del proprio potere di carica – una soglia ritenuta troppo bassa per un veicolo elettrico. Inoltre, la procedura di riciclo consiste nel fondere le batterie per ottenere delle leghe di nichel, cobalto e rame, destinando alla discarica la maggior parte delle altre componenti.
Quindi come limitare l’impatto ambientale delle batterie delle automobili elettriche? Una soluzione sarebbe affidarsi a materiali innovativi meno dipendenti dal litio, ma si tratta di una strada più complessa di quanto appaia.
Lo sviluppo commerciale delle auto elettriche
Quando presentò la sua prima automobile elettrica nel 2006, Tesla vendette meno di 2500 esemplari in sei anni. I modelli successivi ebbero più fortuna, e le consegne aumentarono sempre più fino al 2018, segnando l’inizio di un intenso periodo di sviluppo commerciale e produttivo per l’azienda americana.
Questi dati rispecchiano la diffusione globale delle auto elettriche. Passate dall’essere quasi inesistenti all’inizio del decennio fino a diventare una presenza sempre più comune sulle strade, se ne trovano in circolazione oltre dieci milioni di unità, con una forte crescita proprio negli ultimi tre anni.
Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia il settore può raggiungere, o persino oltrepassare, vendite annuali per 150 milioni di veicoli entro il 2030.
Il potenziale inespresso di grafene, idrogeno e pannelli solari
Tra le tecnologie più promettenti, l’uso del grafene risalta per le caratteristiche fisiche e le ipotetiche applicazioni. Isolato nel 2004 dai premi Nobel Geim e Novoselov, il grafene è formato da uno strato sottilissimo di atomi di carbonio, che combina elevata conducibilità e flessibilità a fronte di un peso ridotto. Il risultato finale sarebbe una batteria leggera, in grado di ricaricarsi in secondi a partire da uno degli elementi più comuni nel nostro pianeta.
Un’altra opzione sono le cosiddette pile combustibili, che sfruttano il processo di elettrolisi combinando idrogeno ed ossigeno per fornire elettricità al sistema di propulsione del veicolo. Il principale vantaggio delle pile combustibili è che non hanno bisogno di essere ricaricate e continuano a produrre energia finché ricevono carburante. Inoltre, dato che l’idrogeno combinandosi con l’ossigeno produce vapore acqueo, l’inquinamento dai gas di scarico verrebbe azzerato.
Infine, le automobili del futuro potrebbero essere alimentate tramite pannelli solari integrati nella carrozzeria. Aptera, una start-up basata in California, ha annunciato di voler iniziare la produzione di veicoli alimentati ad energia solare all’inizio del prossimo anno, per un prezzo di 25900 dollari ed autonomia giornaliera tra i 30 ed i 74 chilometri. Altre compagnie europee, come Lightyear e Sono Motors, stanno sviluppando concetti simili, con date di consegna previste dei primi modelli previste per la seconda metà del 2022.
Le limitazioni che frenano le alternative al litio
Tuttavia, ognuna delle alternative analizzate fin qui presenta delle limitazioni. Ad oggi, nessuno è riuscito a produrre grafene su larga scala, rendendo impossibile qualunque utilizzo industriale. Come risultato, molte imprese quotate in borsa e specializzate nella sintesi del materiale hanno perso buona parte della capitalizzazione iniziale nell’arco di dieci anni, disincentivando ulteriori investimenti.
L’adozione delle pile a combustione si trova ad un livello più avanzato, come dimostrato dalla recente commercializzazione di alcune automobili ad idrogeno da parte di Toyota e Hyundai. La disponibilità di idrogeno rimane comunque piuttosto limitata rispetto a carburanti più tradizionali, mentre le auto ad energia solare sono un’innovazione fin troppo giovane per attecchire nel breve termine.
Non sorprende che molti produttori continuino a scommettere sul litio, cercando di migliorarne il rendimento. Nomi come Stellantis, Volkswagen, Ford, Samsung e Panasonic stanno esplorando lo sviluppo di batterie allo stato solido, più veloci da ricaricare e meno esposte alla fuoriuscita di materiali tossici. Anche il maggior produttore di composti al litio, Gangfeng Lithium, ha annunciato massicci investimenti nella nuova generazione di batterie, con l’obiettivo di iniziare la produzione entro due anni, la metà di quanto previsto dagli altri competitor.
Appare evidente che la tecnologia da sola al momento non basti a rendere più verdi le batterie senza modifiche al sistema manifatturiero mondiale. Andiamo allora a vedere più da vicino come si stanno comportando le potenze leader nella filiera del litio.
Catene di approvvigionamento ed equilibri internazionali
Le misure che Pechino riuscirà a mettere in campo nei prossimi anni avranno particolare importanza. La Cina è senza dubbio il paese dominante nell’industria, controllando 80% dei processi di raffinamento delle materie prime, il 77% della capacità produttiva globale di batterie, e il 60% di quella delle singole componenti.
L’indiscusso primato cela un lato negativo. Come indicato nella classifica annuale di Bloomberg sulle catene di distribuzione del litio, la Cina si colloca tra le dieci peggiori economie per quanto riguarda il rispetto dell’ambiente, dovuto soprattutto all’utilizzo molto esteso di energia fossile.
A trattare vantaggio da questa situazione potrebbe essere l’Unione Europea. Grazie alle migliori credenziali ambientali, alcuni paesi stanno creando condizioni ottimali per attrarre compagnie attente alla sostenibilità.
Oltre al famoso caso della Gigafactory di Tesla a Berlino, lo scorso anno è stato annunciato il finanziamento da 300 milioni di euro della Banca Europea per gli Investimenti per creare batterie al litio in Svezia. Il progetto, guidato da Northvolt, è il primo completamente ‘autoctono’ in Europa, ma non rimarrà l’unico a lungo. Italvolt ha infatti annunciato di voler convertire l’ex stabilimento Olivetti a Scarmagno in un centro di produzione di batterie, e Volkswasgen ha intenzione di creare un impianto simile a Wolfsburg.
Le imprese europee, d’altra parte, possono contare su una legislazione comunitaria che incoraggia l’innovazione energetica. Da anni la Commissione Europea sostiene la European Battery Alliance, un’iniziativa che riunisce autorità locali, centri di ricerca ed imprese per condividere informazioni e facilitare investimenti.
Bruxelles sta poi lavorando su un regolamento che obbligherebbe i produttori ad indicare l’impronta di carbonio delle batterie a partire dal 2024, con l’obiettivo di limitare in futuro le relative emissioni di gas serra. Il disegno di legge mira anche ad aumentare la raccolta ed il riutilizzo delle batterie nelle infrastrutture energetiche esistenti, ed è al vaglio del Parlamento Europeo, sotto la direzione dell’eurodeputata Simona Bonafè.
In una posizione più arretrata troviamo invece gli Stati Uniti, in cui l’adozione delle auto elettriche è stata ostacolata dall’amministrazione Trump. In particolare, il taglio dei vantaggi fiscali per l’acquisto di veicoli elettrici e la guerra commerciale con la Cina hanno giocato a sfavore delle case automobilistiche, che adesso possono contare su un interlocutore meno ostile.
Joe Biden non solo ha lanciato un nuovo piano di incentivi, ma vorrebbe raggiungere entro il 2030 la parità tra motori a combustione ed elettrici per ogni auto venduta. A tal fine, alcune agenzie federali, tra cui il servizio postale, dovranno elettrificare totalmente il proprio parco macchine, stimolando così la domanda dal settore pubblico. La strada rimane in ogni caso in salita, e non sarà facile rianimare un mercato in cui le percentuali di vendita di auto elettriche sono un terzo della Cina e metà dell’Europa.
I costi sommersi economici e sociali
Il destino del litio non riguarda solo nuove tecnologie e meccanismi geopolitici, ma ha risvolti economici e sociali più profondi di quanto immaginiamo.
Le tecniche usate nei giacimenti in America Latina stanno riducendo l’accesso all’acqua in territori naturalmente molto secchi, con ripercussioni negative sull’agricoltura e l’allevamento praticate dalle popolazioni locali. Scenari simili si riscontrano anche nei paesi in via di sviluppo e ricchi di altre sostanze fondamentali per la produzione di batterie. Ad esempio, la Repubblica Democratica del Congo ospita oltre la metà delle riserve di cobalto, estratto usando manodopera infantile e condizioni di lavoro estremamente pericolose, per un salario di circa 3 euro al giorno. In Asia, Cina ed India hanno chiuso varie miniere di grafite a causa dell’inquinamento atmosferico ed idrico legato alla produzione di grafite, facendone schizzare i prezzi sui mercati globali.
Proprio il costo delle materie prime può accelerare la transizione verso batterie più ecologiche. Dopo un triennio di costante discesa, il prezzo del litio è più che quadruplicato da inizio anno, e a detta degli analisti il rincaro non si fermerà a breve. C’è chi ha già associato la tendenza ad un aumento dei costi delle auto elettriche in Cina, con possibili riverberi anche nel resto del mondo.
Conclusioni
Progressi nel riutilizzo delle batterie arginerebbero il costo del litio e delle automobili elettriche, oltre che spalancare un settore dalle grandi potenzialità. L’Unione Europea si trova nella condizione di favorire la ricerca scientifica in tale direzione e, con la proposta di regolamento sulle batterie, potrebbe anche introdurre un obbligo di due diligence sul rispetto dei diritti umani nelle catene di produzione delle batterie
Allo stesso tempo, la Cina dovrà preservare il suo primato dal crescente coinvolgimento degli Stati Uniti, che intensificheranno i propri sforzi per colmare il divario e far crescere campioni nazionali in grado di competere con imprese straniere.
La storia dell’evoluzione sostenibile delle batterie rimane ancora tutta da scrivere. Di certo, la loro rilevanza non farà che aumentare tanto nel futuro dei trasporti che negli equilibri internazionali.