L’arte dei video 360 e di opere in VR, cioè di realtà virtuale immersiva sta cominciando a svilupparsi.
Se fino a qualche anno fa la riproduzione a 360° – che richiede notevoli risorse informatiche – era praticamente realizzabile solo con VR costruite al computer, come nei videogiochi, oramai si stanno affermando anche i video immersivi di alta qualità ripresi dal vero.
Riprese dal vero: addio alle inquadrature e agli zoom
I video immersivi vengono realizzati con un apparecchio tipicamente composto da sei videocamere puntate in direzioni diverse. Non servono quindi macchine totalmente innovative dal prezzo proibitivo. La tecnica di ripresa non è quella del cinema tradizionale: alcune caratteristiche, come inquadratura e zoom, non valgono nel 360°. Anche gli eventuali movimenti di macchina devono essere dolci e regolari.
In fase di post-produzione un software fonde le immagini in un file video (per esempio MP4) che rappresenta tutto il panorama 360° x 360°, dal nadir allo zenit. In passato sono stati sperimentati anche video a 180°, che non costringono lo spettatore a voltarsi continuamente. In entrambi i casi la visione (ma sarebbe meglio chiamarla “esperienza”) richiede di indossare il casco virtuale, ed eventualmente impugnare manopole puntatrici per interagire. I giroscopi del visore stereoscopico rilevano le rotazioni della testa e permettono di esplorare l’ambiente in tutte le direzioni.
La durata di solito non è lunga (10/20 minuti), anche perché non tutti tollerano facilmente l’uso del visore, e le opere sono molto varie, sia nella tecnica sia nelle tematiche affrontate.
Effetto presenza nello spazio infinito (ma anche in quello ristretto)
Per esempio, una ripresa effettuata nel Serengeti fa godere l’ambiente del parco naturale africano e il contatto virtuale ravvicinato molto realistico con gli animali, compresa un’intera mandria di bufali che passa sopra le teste dello spettatore.
Un’esperienza ancora più straordinaria, perché difficilmente praticabile dal vero, è il soggiorno nella stazione spaziale , un documentario nel quale si possono osservare i dettagli della base orbitante, priva di nozione dell’alto e del basso, ascoltando i dialoghi dal vero e le spiegazioni degli astronauti.
“360 gradi” definisce bene le produzioni immersive non solo nella rotazione dello sguardo, ma anche nella varietà delle esperienze. Ci portano sull’Everest o fuori dal pianeta, ma anche, all’opposto, alle ristrettezze della condizione umana.
Notevole in ciò il documentario girato per la Rai da Milad Tangshir nel carcere di Torino, che rende con forza estetica e morale la limitatezza dello spazio del penitenziario, ma anche una visione di speranza che viene offerta ai detenuti. La Rai] ha anche realizzato due video 360 mirati a drammatizzare due preoccupanti piaghe legate alla comunicazione digitale: il revenge porn e il fenomeno degli hikikomori: giovani che si richiudono nella loro stanza per mesi o anni.
Infine, la coraggiosa scelta di usare il mezzo per rappresentare con attori una scena banalissima: una affettuosa e noiosa riunione familiare in una casa di Taiwan (“Home”, regia di Chih-Yen Hsu). Non solo, ma il punto di vista virtuale è particolarmente ristretto, perché è quello di una nonnina dalle facoltà menomate. Paradossalmente, la vastissima potenzialità della riproduzione immersiva si dimostra efficace nel rappresentare gli inevitabili limiti della realtà non virtuale del destino umano.
VR: mondi costruiti da zero
La realtà virtuale vera e propria è quella costruita creando al computer un ambiente che può anche essere privo di riferimenti a uno spazio reale.
Il visore può captare non solo rotazioni, ma anche limitati spostamenti della testa, permettendo lievi cambiamenti di prospettiva. Le manopole da video-gioco possono permettere di intervenire in qualche modo nella storia. Multipremiato il brasiliano The Line, che riproduce un bellissimo plastico giocattolo retrò: una cittadina ricca di dettagli con edifici, strade e rotaie percorse da piccoli personaggi meccanici. Una favola deliziosa e raffinata, che sorprende giocando su diversi piani di realtà virtuale tutt’altro che scontati.
“Goliath”, primo premio per il VR alla Biennale del Cinema di Venezia 2021, immette lo spettatore nelle visioni astratte dal punto di vista di una mente schizofrenica
La Divina Commedia
In Italia, per l’anniversario dantesco è in produzione una Divina Commedia. Già realizzato un viaggio immersivo nell’Inferno che con visioni impressive accompagna per 7 minuti l’ascolto di alcune terzine.
Immergersi col cellulare
In attesa che la VR ad alta qualità si diffonda, è possibile godere di belle esperienze anche con un normale smartphone. Basta procurarsi – per pochi euro – un piccolo stereoscopio di cartone come Google Cardboard in cui infilare lo smartphone. La app “Google Spotlight Stories” offre, per esempio, il cortometraggio “Help”, con una scena tipica della più classica cinematografia di fantascienza, e diversi titoli interattivi adatti ai bambini.
L’arte immersiva è destinata a rapidi sviluppi nel prossimo futuro, converrà quindi tenere gli occhi aperti. A 360 gradi naturalmente.