Facebook Papers

Metaverso, rischio di un nuovo Medioevo digitale

Dopo il rebranding in Meta, Facebook ha un grande bisogno di darsi una riverniciata. Ma la proposta del Metaverso ha aspetti controversi che potrebbero determinare la fine del Web come strumento universale di accesso alla conoscenza, basato su standard interoperabili e aperti

Pubblicato il 17 Dic 2021

Norberto Patrignani

Politecnico di Torino

Gli aspetti controversi del Metaverso

Proprio nel momento in cui cade l’ultimo velo sull’algoritmo usato dai social network dominanti per tenere agganciati miliardi di persone creando dipendenza (“addiction-by-design”), Facebook rilancia con la proposta di un Metaverso.

Il social media di Menlo Park ha un grande bisogno di una riverniciata, dopo la pubblicazione dei “Facebook Papers”: vuole farsi dimenticare come impresa di social network per entrare nella storia come la società del Metaverso [1].

Si tratta di un tentativo di governare l’attenzione, l’ennesimo meme creato ad-hoc, come strumento marketing di “distrazione di massa”. Il rischio che corriamo è di porre fine al sogno di un Web basato su standard aperti e interoperabili, come lo vorrebbe Tim Berners-Lee, padre del Web. Esaminiamo allora gli aspetti più controversi dell’ultima creatura di Mark Zuckerberg.

Tutti i rischi del metaverso: sorveglianza, profilazione, controllo di massa

Oggi il Metaverso, ieri il paese dei balocchi

Lo scorso 25 ottobre, il Wall Street Journal pubblica un’intervista a Frances Haugen, una ex-impiegata di Facebook: l’opinione pubblica mondiale viene informata che “sanno perfettamente che se cambiano l’algoritmo…, le persone passeranno meno tempo sul sito, cliccheranno su meno annunci e quindi si guadagnerà meno… ho visto ripetutamente conflitti di interesse tra ciò che era buono per il pubblico e ciò che era buono per Facebook. E ogni volta Facebook sceglieva ciò che era meglio per i propri profitti” [2].

Il Ceo di Facebook ha annunciato il Metaverso proprio dopo la pubblicazione dei Facebook Papers.

Nel 1883 Carlo Collodi ci racconta la storia di Pinocchio che incontra il suo amico Lucignolo in partenza per “il paese dei balocchi”, descrivendolo come un luogo fantastico: “… non si studia mai. Il giovedì non si fa scuola, e ogni settimana è composta di sei giovedì e di una domenica”. Pinocchio non resiste alla tentazione e parte anche lui. Dopo pochi mesi però a Pinocchio sono cresciute le orecchie da asino.

I “nuovi Lucignoli”, i titani del Web, hanno messo in moto le loro suadenti macchine marketing per spingerci verso il “nuovo paese dei balocchi”, il Metaverso. E noi ci chiediamo se rischiamo di diventare tutti asini.

A ciascuno il suo Metaverso

Una semplice definizione di Metaverso potrebbe essere: “La versione futura del Web, dove gli universi virtuali 3D immersivi dei videogiochi, incontrano social network, spazi collaborativi, marketplace ed eCommerce” [3].

L’idea non è nuova. Chi non ricorda la foto inquietante del Mobile World Congress 2016 dove un Zuckerberg baldanzoso attraversa, unica persona senza visore, una platea affollata di umani tutti con casco? Ovviamente l’hardware di ingresso al suo Metaverso, è il casco Oculus rinominato Horizon Home.

Anche Microsoft lancia il suo metaverso Mesh, all’interno della sua piattaforma collaborativa Teams e ovviamente anche Microsoft ha il suo hardware di ingresso: i suoi visori Hololens.

L’idea non è nuova nemmeno in Cina, dove da diversi anni, esistono già delle “realtà parallele-virtuali” ormai necessarie non solo per accedere a molti servizi, ma dove si “vive” e si “consuma” letteralmente di tutto. Non a caso il colosso del Web cinese Tencent controlla WeChat la app di accesso a tutti i servizi digitali e Fortnite, uno dei videogiochi più diffusi del pianeta.

Un “metaverso” esiste in molti videogiochi, dove gli utenti “vivono” e giocano connessi alla rete in situazioni sempre più immersive, “esperienze” completamente digitali, basate solo su vista e udito. La promessa di giochi e intrattenimenti senza fine, unita all’offerta speciale di caschi, visori e Smartglasses per entrare nel nuovo mondo, un mondo virtuale con intrattenimenti senza limiti (“sei giovedì e una domenica” come dice Lucignolo) rappresenta un’attrazione irresistibile per molti adolescenti. Il prossimo passo sarà ovviamente estendere queste prime applicazioni ludiche a tutto ciò che potrà rappresentare un business online.

Gli aspetti più controversi del Metaverso

Il primo aspetto riguarda la mancanza di interoperabilità e di standard. Se ogni impresa costruisce il suo metaverso proprietario, dove per accedere saranno persino necessari i gadget venduti dalla stessa, avremo tanti “giardini recintati” [4]. Tanti recinti non-comunicanti, ciascuno dominato dal “barone” di turno, un nuovo Medioevo digitale.

Sarebbe la fine del Web come lo ha sempre sognato Tim Berners-Lee: uno strumento universale di accesso alla conoscenza basato su standard aperti e interoperabili come, per esempio, Wikipedia. I rischi di manipolazione e abusi aumentano con la mancanza di trasparenza, senza tecnologie basate su standard aperti.

Come diceva Rossana Rossanda, citando Rodotà, a proposito di Internet: “se non abbiamo mano e controllo sui codici di accesso, l’ambiguità, anzi la manipolazione, è totale” [5].

Il secondo aspetto è l’usabilità, dove un problema è sempre rimasto aperto: quali conseguenze fisiche provoca l’uso di questi nuovi dispositivi? Infatti, spesso, indossando questi caschi, si provano nausea e vertigini dovuti ad una mancata sincronizzazione tra gli stimoli “percepiti” sensorialmente tramite il “sesto senso” all’interno dell’orecchio – che permette di sentire anche l’accelerazione del corpo – e l’esperienza fisica “vissuta” dal corpo (chinetosi). Cose note fin dagli anni ’80 con le prime applicazioni della cosiddetta “realtà virtuale” (un vero ossimoro).

Forse ancora più importanti sono i rischi sociali che deriveranno dal non saper più distinguere chi, tra le persone attorno a noi, è presente davvero o è connesso con le nuove versioni di occhiali (per esempio i nuovi Ray Ban Stories), indistinguibili da quelli normali da vista o da sole. Inoltre, dato che questi nuovi gadget sono in grado di registrare, gli umani rischiano di diventare semplici “appendici video”, fornitori di dati per i titani del Web.

Che fare?

È diventato urgente un intervento normativo, finora latitante, da parte dei policy-maker. Come afferma Zuboff, docente della Harvard Business School: “Internet come mercato auto-regolante si è rivelato un esperimento fallimentare…” e pone ai legislatori, ai parlamenti la domanda ormai ineludibile: “Come dovremmo organizzare e governare gli spazi di informazione e comunicazione del secolo digitale in modo da sostenere e promuovere valori e principi democratici?” [6].

Per esempio, se nel mondo fisico le sostanze che creano dipendenza sono strettamente regolamentate, perché nel mondo virtuale (o Metaverso) i servizi digitali che creano dipendenza non lo sono altrettanto?

Il Parlamento Europeo pochi giorni fa ha emesso il report su intelligenza artificiale e uso dei dati. Unitamente al Digital Service Act, tutto questo potrebbe far emergere finalmente un quadro normativo europeo nel Far West della rete, una “via europea in un mondo digitalizzato” [7].

L’Europa ha ancora una possibilità di dimostrare che sul digitale ha una sua posizione – tra il “big business” USA e il “big state” della Cina – una posizione basata sulla sua storia e i suoi principi. Si potrebbe definire “big democracy”. Forse è anche arrivato il momento di riconoscere che il controllo delle infrastrutture digitali è diventato critico per la democrazia e che non può essere lasciato in mano a imperi privati unicamente finalizzati alla massimizzazione del profitto.

È diventato urgente chiedere alle persone esperte (computer professional) che sviluppano questi servizi digitali se tutto questo è coerente con il loro code of ethics oppure se sono davvero diventati soltanto dei guns-for-hire [8].

Il digitale andrebbe usato con molta saggezza per aiutare l’umanità ad affrontare le immense sfide dell’Antropocene come il cambiamento climatico e le pandemie. Le tecnologie digitali
andrebbero usate anche con sobrietà: usare i bit per consumare meno, consumare meno per usare i bit.

Diventa urgente educare le future generazioni di computer professional non solo al coding, ma anche alla saggezza digitale, ad essere consapevoli dell’impatto sociale, ambientale ed etico dei complessi sistemi digitali che progettano perché la tecnologia non è neutra, tecnologia e società si plasmano a vicenda [9].

Conclusioni

È urgente un intervento educativo anche per gli utenti . Diventa urgente proporre alle nuove generazioni un uso più equilibrato e saggio del digitale, studiando cosa c’è dietro il touchscreen o i nuovi caschi, conoscendo la realtà che costituisce l’onlife e tenendo presente che purtroppo i modelli di business dei titani del Web sono basati sulla possibilità di (in)trattenere fino alla creazione di dipendenza, le persone nel mare di bit e informazioni, stimolando soltanto vista e udito.

Infatti il “moderno Lucignolo” di Blade Runner 2049, impersonato dalla gigantesca bambola sexy Joi, non a caso promette “all you want to hear, all you want to see”. Questo però, ostacolando lo sviluppo degli altri sensi – tatto, gusto e olfatto – rischia di impedire qualsiasi esperienza reale, di rendere difficile se non impossibile la creazione di una propria coscienza del reale, di un proprio pensiero critico, di una propria personalità, fino a diventare semplici appendici di una mega-macchina che estrae tempo ed attenzione dagli umani.

Il passaggio dal dato all’informazione richiede l’uso di macchine digitali, ma il passaggio dall’informazione alla conoscenza richiede un’esperienza reale, di uscire dal mare di bit e informazioni. Fermiamo i “nuovi Lucignoli” prima di diventare tutti asini.

Note

  1. “… transition from people seeing us as primarily being a social media company to being a metaverse company” Newton, C. (2021, 22 Luglio). Mark in the metaverse. The Verge.
  2. Haugen, F. (2021). CBS, 60 minutes interview; The Wall Street Journal, 25 October 2021.
  3. Meige, A. (2021, 5 Ottobre). Metaverse: un univers virtuel pour une nouvelle économie bien réelle, Harvard Business Review.
  4. Pieranni, S. (2021, 19 Novembre). Realta’ aumentata, l’avanguardia arriva dall’Oriente. Metaimperi-Ilmanifesto.
  5. Rossanda, R. (1995, 27 Gennaio). Cominternet, ilmanifesto.
  6. Zuboff, S. (2021, 12 Novembre). You Are the Object of a Secret Extraction Operation. The New York Times.
  7. EU (2021, 9 Novembre). Draft Report on artificial intelligence in a digital age.
  8. Patrignani, N. (2021, 29 Settembre). La responsabilità sociale degli esperti informatici: perché è ora di parlarne.
  9. Johnson, D.G. (2020). Engineering Ethics. Yale Universiy Press. Patrignani, N. (2020). Teaching Computer Ethics: Steps towards Slow Tech, a Good, Clean, and Fair ICT. Uppsala University Press.

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