Come ogni anno il nostro Annual Report, che abbiamo presentato lo scorso 28 gennaio, ci offre l’opportunità di dar conto dello stato dell’arte delle amministrazioni pubbliche, ma anche di vedere, in una prospettiva sistemica, il senso della loro evoluzione.
Quest’anno poi, quando tutto il Paese è sfidato dalle tre grandi emergenze – sanitaria, economica e sociale – e dagli impegni per l’attuazione del PNRR, tale analisi ha un significato e un’importanza particolare, perché fotografa assieme allo stato di salute della PA, anche la nostra stessa possibilità di cogliere le opportunità irripetibili che abbiamo di fronte.
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2021, un anno pieno di segnali contraddittori
Un anno difficile da interpretare univocamente, pieno di segnali contradditori, dalla delusione per la mancata fine della pandemia, al 6,5% di crescita del PIL.
Partendo dalle cose che ci aspettavamo e non ci sono state possiamo dire in sintesi che il miracolo non c’è stato. I due principali pericoli mondiali sono cresciuti:
- Le disuguaglianze sono drammaticamente aumentate. L’anno della pandemia, infatti, ha visto crescere specularmente anche il numero di persone in povertà assoluta. In Italia secondo l’Istat sono salite a 5,6 milioni, ovvero del 20% rispetto all’anno precedente. A livello globale la Banca mondiale stima in 119 milioni il numero minimo di nuovi poveri creati dal Covid nel mondo, un dato senza precedenti.
- Nel 2021 nessun accordo efficace per l’ambiente è stato trovato dalla comunità Internazionale. Nel frattempo, l’emergenza cresce: il 2021 è stato caratterizzato da una grave crisi climatica, che ha provocato morte e devastazione.
E altrettanto hanno fatto i due gap storici del Paese:
- L’Italia è un Paese sempre meno per giovani e per donne. Nonostante i buoni propositi del PNRR, la disoccupazione giovanile italiana si attesta a fine anno al 28,2% dopo aver superato per tutto il periodo il 29%, mentre gli ultimi dati ci dicono che sono 2,1 milioni i giovani che non studiano e non lavorano, un numero che colpisce soprattutto le ragazze, coinvolgendone una su quattro.
- Nella trasformazione digitale restiamo tra gli ultimi in Europa, anche se abbiamo introdotto degli importanti programmi, ma che ancora non hanno dato risultati apprezzabili nei confronti dei Paesi omologhi.
Le buone notizie
Ma a fronte di queste storiche debolezze il 2021 è stato anche un anno pieno, in cui abbiamo definito, organizzato e in parte cominciato il viaggio della ripresa. Più che altro per ora ne abbiamo creato le condizioni, abbiamo fatto importanti riforme abilitanti che aspettavamo da anni, ci siamo attrezzati, abbiamo visto una crescita tumultuosa delle tecnologie e delle opportunità che queste ci possono dare, abbiamo definito i ruoli.
Inoltre, la buona notizia è che almeno per la PA quest’anno passato è stato ricco di novità, in buona parte positive. In cui c’è stato un’intensa attività riformatrice, a cominciare dall’alfabeto di Brunetta: A come migliore Accesso alla PA; B come buona e semplice amministrazione; C come Competenze del Capitale umano; D come Digitalizzazione. Viviamo d’altronde in tempi impegnativi che richiedono un’amministrazione adeguata e motivata. Tempi straordinari che hanno bisogno dell’impegno, della competenza e della volontà di tutti, ma che sono anche sfide che possono dare senso, energia e motivazione a tutto il nostro lavoro.
Servizi pubblici, poco è cambiato
Nel Rapporto abbiamo dato anche conto di una ricerca demoscopica che abbiamo realizzato insieme all’Istituto Piepoli. Molti cittadini, spesso la maggioranza, parlando della loro città, ma anche dei servizi pubblici, ci dicono in sostanza che dopo la pandemia non hanno visto molti miglioramenti, anzi spesso nessuno. Viene da chiedersi allora se, dopo questi 24 mesi di passione, siamo tornati al punto di partenza. Io credo di no: per molte cose siamo andati avanti e non poco, soprattutto nelle amministrazioni locali. Siamo cresciuti in consapevolezza e in responsabilità, molte cose che sembravano impossibili le abbiamo fatte, pensiamo all’ANPR o all’App IO o alle semplificazioni burocratiche. Siamo quindi avanzati su terreni prima non battuti.
Per altri aspetti invece non siamo tornati indietro, semplicemente perché non ci eravamo mossi: penso ad esempio all’assetto istituzionale. Se guardiamo la PA come in una visione aerea, la geografia delle amministrazioni da questa altezza, purtroppo, poco è cambiata. I grandi sconvolgimenti istituzionali, come la riforma del titolo V o, prima ancora, il federalismo amministrativo non hanno inciso significativamente sul quadro istituzionale. Una legge, mai completamente applicata e poi lasciata a sé stessa, senza cura né accompagnamento, come la cosiddetta legge Delrio (L. 56/2014) ha lasciato un panorama di incertezze. Basti pensare solo alle province e alla governance di area vasta.
La desertificazione della PA ha colpito negli ultimi quindici anni, nonostante le spinte autonomistiche, più gli enti locali e le strutture territoriali della sanità che non la PA centrale, la quale, in qualche caso, è invece cresciuta. Le unioni dei comuni, le funzioni associate, così tante volte evocate, hanno partorito topolini sotto forma di timide norme e di applicazioni che, a meno di lodevoli eccezioni, sono state del tutto inadeguate. Qualche piccolo cambiamento si è visto nei Ministeri, ma ha riguardato spesso più la forma e le intestazioni che la sostanza. Un contesto istituzionale così poco aggiornato è un vulnus importante che ci portiamo nel 2022, con la speranza che possa essere l’anno in cui ci metteremo mano
Infine, rischiamo di non aver colto le potenzialità innovative di alcuni fenomeni, come ad esempio il così detto smart working che, parlando ad esempio di città, ha in sé una grande potenzialità trasformativa sul nostro vivere urbano, sul nostro interpretare lo spazio e le distanze. Una trasformazione che ovviamente non poteva essere vista nell’ottica on-off, tutti dentro l’ufficio o tutti a casa, ma come una flessibilità che avrebbe potuto rivitalizzare quartieri e aree marginalizzate, senza per questo desertificare i centri delle città, come un po’ frettolosamente è stato detto.
Competenze e contrattazione: decisi passi avanti
Un campo in cui invece abbiamo fatto decisi passi avanti riguarda la vita stessa delle amministrazioni. Con le azioni del Governo Draghi e del Ministro Brunetta si sono rimesse al centro le persone. È un passaggio importante che ha visto nel 2021 materializzarsi due pilastri che possono sorreggerlo: da una parte le risorse dedicate alle competenze e alla buona amministrazione che verranno dal PNRR, dall’altra la ripresa della contrattazione e la prima intesa raggiunta con le organizzazioni sindacali per il contratto delle funzioni centrali, apripista per tutti gli altri. L’abbiamo sempre detto, le amministrazioni pubbliche, che sono a tutti gli effetti delle knowledge farm, devono puntare sulle persone. Il valore delle persone e la conseguente necessità di accrescere le loro competenze sono centrali anche nel PNRR, dove si afferma esplicitamente che “Sulle persone si gioca il successo non solo del PNRR, ma di qualsiasi politica pubblica indirizzata a cittadini e imprese. Il miglioramento dei percorsi di selezione e reclutamento è un passo importante per acquisire le migliori competenze ed è determinante ai fini della formazione, della crescita e della valorizzazione del capitale umano”.
Le iniziative di FPA Digital School
In particolare, la formazione degli impiegati pubblici, tanto trascurata sino ad ora, pare avere avuto nelle ultime settimane un’accelerazione che non può che vederci d’accordo. Noi, con la FPA Digital School abbiamo fatto finora e faremo la nostra parte.
Il primo contratto è stato firmato con una novità importante la nuova area di alta professionalità.
Abbiamo visto significative riforme sul reclutamento, anche se si scontrano ancora con un conservatorismo potente che spesso non devia dalla vecchia strada, anche se non porta a risultati di qualità.
Le aree che restano da rinnovare (con urgenza)
Segnalo però nel campo della gestione delle persone e dell’organizzazione due aree scoperte, correlate ma distinte, che speriamo trovino un positivo rinnovamento nel corso del prossimo anno.
La riforma della dirigenza
Parliamo per prima cosa della riforma della dirigenza, che è la grande assente del panorama legislativo degli ultimi decenni. Una riforma troppe volte abortita o nata morta per interessi di parte, per lobby contrapposte, per mancanza di fiducia della politica verso la dirigenza e viceversa. Una riforma che, se non fossimo inguaribilmente ottimisti, diremmo che è ormai fuori tempo massimo. Una riforma di cui si è tanto parlato da usurarla prima di realizzarla. Eppure, lo stato della dirigenza pubblica in Italia è quanto mai confuso: retribuzioni diversissime per lo stesso lavoro; definizioni incerte sulle stesse caratteristiche del dirigente e sul suo status; giungla legislativa sugli incarichi; processo di valutazione gestito troppo spesso come un adempimento. Il 2022 deve essere l’anno per una coraggiosa definizione di tutta la materia.
Scelta e valorizzazione dei manager pubblici
Una seconda e altrettanto importante area nel campo dell’organizzazione è quella della scelta e della valorizzazione dei manager pubblici. Noi crediamo che questo momento storico così decisivo si debba affrontare rimettendo al centro delle azioni la figura del manager pubblico, ossia di quel ruolo di vertice in grado di trasformare gli obiettivi del PNRR in programmi e progetti di cambiamento da realizzare sul campo, dirigendo concretamente il lavoro di migliaia di collaboratori e gestendo in modo responsabile centinaia di milioni di euro di budget. L’innovazione sottesa alle tante sfide che il nostro Paese deve affrontare, nella realizzazione di grandi infrastrutture, nella transizione ecologica e digitale, nella trasformazione dei servizi pubblici e nei modelli di welfare in una logica di semplificazione e prossimità, non si realizza per decreto. La vera scommessa riguarda, a tutti i livelli dell’amministrazione pubblica, la qualità e la rapidità dei processi decisionali, e richiede la capacità di valorizzare le professionalità presenti con un’attenzione particolare ad un qualificato ricambio generazionale, l’attitudine a sperimentare soluzioni nuove, la determinazione e la visione di sistema nell’affrontare le inevitabili resistenze al cambiamento, oltre che una grande sensibilità istituzionale nel dialogo con altri soggetti pubblici e privati e con le forze sociali.
Uno sguardo al futuro
Non posso chiudere questa rapida carrellata sul nostro Annual Report, che racconta dell’anno appena trascorso, senza uno sguardo al futuro. Lo faccio proponendo tre raccomandazioni ai nostri decisori politici, ma anche a tutti noi.
La prima si chiama coerenza: è necessario focalizzare tutta la nostra energia sulle grandi missioni strategiche che abbiamo davanti, in primis la lotta alla crescente disuguaglianza e l’attenzione alla giustizia ambientale e al cambiamento climatico, ma poi il superamento della povertà educativa, la trasformazione digitale del sistema produttivo, la parità di genere, le opportunità per i giovani, la sanità di prossimità e così via. Sono solo queste missioni che possono dar senso alla fatica di rinnovare la PA.
Una seconda raccomandazione è legata alla prima ed è l’invito ad un sano realismo nell’indicare obiettivi raggiungibili, ma poi ad una tenace severità nel perseguirli. Troppe volte ci siamo fissati obiettivi impossibili, autoassolvendoci già in partenza rispetto ad un sicuro insuccesso.
Infine, la terza raccomandazione è la più importante: si tratta dell’attenzione alla dimensione della partecipazione e della collaborazione. È ora di uscire da un approccio emergenziale, che ha, di fatto, privilegiato in questi ultimi due anni una visione centralistica delle politiche pubbliche, sia nella fase ascendente di programmazione, sia in quella discendente dell’attuazione.
Si tratta di dare il giusto valore alle esperienze positive, a volte eccellenti e addirittura esaltanti, che hanno espresso le realtà territoriali, trainate spesso da innovatori lungimiranti e coraggiosi.
Si tratta di ascoltare in un dialogo continuo tutti gli attori delle politiche, a cominciare dai cittadini e dalle imprese che ne devono giudicare i risultati in termini di incremento delle loro capabilities e della loro qualità di vita.
Il rischio di interpretare la necessaria sollecitudine nell’attuazione delle misure e degli investimenti come una ragione per limitare lo spazio e il tempo da dare alla partecipazione e alla collaborazione è già evidente. È stato un atteggiamento che ha portato, sino ad ora, a trascurare sia la comunicazione, sia l’attenzione a quanto di meglio sta nascendo nei territori, al limite relegandolo a una questione di interesse esclusivamente regionale. Tornare a focalizzare l’attenzione sui luoghi dove vivono cittadini ed imprese non è frammentazione, ma è l’unico approccio possibile perché l’impresa collettiva e ambiziosissima del Piano di Ripresa e Resilienza, che nel prossimo anno entrerà nel vivo dell’attuazione, diventi un obiettivo comune di tutta la nazione.
A questo obiettivo di partecipazione e di collaborazione si ispirerà il nostro prossimo FORUM PA 2022, in programma a Roma dal 14 al 17 giugno. Non per nulla il claim che abbiamo scelto è chiaro: “Insieme per una sfida condivisa”, il nostro payoff è “Il PAese che riparte”, mentre le righe di body copy descrivono: “Quattro giorni per cominciare insieme il viaggio della ripresa, per verificare a che punto siamo nell’attuazione degli investimenti e delle riforme del PNRR e della programmazione europea, mettendo al centro del confronto le leve dell’innovazione: le persone e le loro competenze, le tecnologie e i nuovi paradigmi della trasformazione digitale, la governance condivisa capace di coinvolgere le energie vitali presenti sui territori.”