La prima Sezione civile della Corte di Cassazione ha cambiato i termini relativi alla deindicizzazione ed alla distruzione delle informazioni contenute negli archivi informatici. Se a procedere è il Garante per il trattamento dei dati personali, il “massimo” che si potrà ottenere sarà la deindicizzazione; per la cancellazione dei dati, invece, è necessaria una sentenza.
Il caso
Nel 2015 un soggetto coinvolto nel fallimento di una società si è rivolto a Yahoo Italia per ottenere la rimozione del suo nome dai risultati della ricerca effettuata su quel motore.
In seguito al diniego opposto da Yahoo Italia, che ha affermato di non essere titolare del trattamento, (qualifica rivestita dalla gemella irlandese), l’interessato faceva istanza al Garante per il Trattamento dei dati personali.
Quest’ultimo disponeva deindicizzazione e distruzione della copia cache con provvedimento amministrativo.
L’impugnazione
Yahoo Italia impugnava il provvedimento avanti al Tribunale di Milano, che confermava la decisione dell’Autorità Garante.
Il procedimento arrivava fino alla Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 3952/2022, emessa dalla Prima sezione Civile, definiva la questione una volta per tutte.
La Corte di cassazione ha confermato la potestà amministrativa dell’Autorità Garante ad agire nei confronti della controllata italiana e a provvedere direttamente nei confronti della società estera, in virtù della funzione del motore di ricerca e per il fatto che a questi fini non rileva la sede societaria ma il luogo della raccolta pubblicitaria – nel caso di specie. ovviamente, l’Italia.
La sentenza Google Spain
La questione, comunque, era stata risolta dal leading case costituito dalla sentenza Google Spain della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in cui si affermava che il motore di ricerca è titolare del trattamento, che il diritto all’oblio e la conseguente, eventuale, deindicizzazione, trovano fondamento nella Direttiva 95/46/CE e che le Autorithies nazionali hanno potere amministrativo di imporre la deindicizzazione.
Poste queste premesse, la Cassazione ha affermato che il Garante aveva agito nel pieno delle proprie facoltà e correttamente nell’imporre la deindicizzazione, ma che la cancellazione dei dati necessita, almeno nel nostro ordinamento, di una pronuncia giurisdizionale.
La cancellazione dei dati può essere ordinata solo con sentenza
L’esercizio del diritto all’oblio non si esplica in un unico modo: l’accezione stessa di diritto all’oblio è piuttosto vaga.
Al diritto di ciascuno chiedere la deindicizzazione di notizie che lo riguardino per il solo fatto del trascorrere del tempo, con conseguente diminuzione dell’interesse alla notizia nel “pubblico, corrisponde un interesse generale alla conservazione delle informazioni.
Per essere chiari:
● la notizia vera, comunicata in modo corretto e non oggetto di provvedimenti giurisdizionali può essere cancellata solo per iniziativa del soggetto che l’ha immessa in rete;
● la notizia vera, comunicata in modo corretto e non oggetto di provvedimenti giurisdizionali può essere oggetto di deindicizzazione in seguito ad istanza dell’interessato dopo il decorso di un determinato tempo, al cessare dell’interesse pubblico alla immediata conoscibilità della notizia;
● la notizia vera, comunicata in modo corretto e non deindicizzata in seguito alla legittima istanza dell’interessato, può essere oggetto di deindicizzazione in seguito ad istanza – e conseguente provvedimento – dell’Autorità Garante per il Trattamento dei dati personali o in seguito a provvedimento giurisdizionale (ad esempio con ricorso d’urgenza ai sensi dell’art. 700 del Codice di procedura civile);
● la notizia dichiarata diffamatoria con sentenza passata in giudicato può essere sia deindicizzata che cancellata dagli archivi informatici.
Conclusioni
Il diritto all’oblio è un diritto di nuova generazione ed è, quasi, eponimo.
La normativa vigente e la stratificazione giurisprudenziale stanno dando risposte significative alla nuova esigenza di essere tutelati nel contesto delle informazioni e della loro “presentazione” nei motori di ricerca.
Il ruolo delle Autorità Garanti nazionali, inoltre, sta consentendo di ottenere provvedimenti funzionali alle esigenze dei singoli, con costi e tempi accettabili.
La “nuova” sentenza della Prima sezione della cassazione va in questa direzione e fa il punto sul diritto vivente in materia, riepilogando le varie tappe della giurisprudenza europea ed italiana.