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Whistleblowing, Busia (Anac): “L’Italia non tutela chi segnala abusi. Approvare subito la legge”

L’Italia non si è allineata alla direttiva Ue per la tutela dei whistleblower, ossia quelle persone che segnalano abusi sul posto di lavoro. Si tratta di una potente arma anti-corruzione e peraltro quindi il testo del decreto è sostanzialmente già pronto. Il ruolo Anac

Pubblicato il 18 Feb 2022

Giuseppe  Busia

Presidente dell’Autorità Anticorruzione

Whistleblowing, canale di segnalazione illeciti e tutele per chi segnala

È un vero peccato che sul whistleblowing l’Italia, che si era già dotata di una legge particolarmente innovativa e quindi era avanti rispetto ad altri paesi dell’Unione, si trovi inadempiente nel recepimento della direttiva europea del 2019. Oggi il nostro Paese è a rischio infrazione, proprio in un momento in cui siamo sotto la lente dell’Europa in ragione del fatto che ci è stata assegnata la quota più ingente dei fondi Next Generation EU.

Whistleblowing, conto alla rovescia verso le nuove norme: a che punto è l’Italia e cosa cambierà

La tutela del whistleblower è considerata a livello internazionale alla stregua della protezione di un diritto umano. Preservare i whistleblower da comportamenti ritorsivi è l’imperativo di Anac, come di importanti organizzazioni internazionali, governi e organizzazioni della società civile, tutti convinti che sia un efficace meccanismo di prevenzione e lotta alla corruzione, e di tutela del diritto alla libertà di espressione.

La ministra Guardasigilli Marta Cartabia ha assicurato un recepimento rapido del testo, dopo l’approvazione da parte del Senato. Anac ha contribuito alla predisposizione della normativa: quindi il testo del decreto è sostanzialmente già pronto. Approvarlo in tempi rapidi sarebbe un segnale importantissimo da lanciare.

Nel dibattito di queste settimane c’è chi ha sollevato il dubbio che l’istituto del whistleblowing possa essere usato male, magari come elemento di pressione o di ricatto sui propri superiori.

Whistleblowing, le funzioni Anac

Proprio l’attento esame dei casi costituisce una delle funzioni più delicate affidate ad Anac. Dobbiamo offrire protezione solo a chi realmente la merita (perché è stato demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altre misure punitive solo perché ha segnalato un illecito commesso da un suo dirigente), e non a chi viene giustamente sanzionato dal proprio datore di lavoro o, addirittura, effettua una segnalazione come whistleblower al solo scopo di crearsi una sorta di alibi o scudo rispetto a sanzioni che sa essere imminenti.

Di recente Anac ha ricordato che il dipendente pubblico che segnala presunte condotte illecite, e che viene licenziato per ragioni estranee alla segnalazione, non è tutelabile. L’accertata assenza del carattere ritorsivo del trasferimento d’ufficio del dipendente, o del licenziamento successivo, fanno decadere ogni presupposto per comminare sanzioni nei confronti dell’amministrazione. La segnalazione di illeciti da sola non salvaguarda da trasferimenti d’ufficio, o da licenziamenti, se le ragioni sono estranee alla segnalazione stessa.

Whistleblowing: un’escalation di segnalazioni

Nel 2021 le segnalazioni raccolte da Anac da parte di whistleblower sono state 529, di cui 387 con segnalazione di illecito, e 104 con comunicazioni di presunte misure ritorsive. Negli altri casi si è trattato di fascicoli misti, con entrambe le fattispecie.

Nel 2015 le segnalazioni erano state 125. Anac si è posta l’obiettivo di vagliare attentamente ogni segnalazione, scremando affinché, appunto, non vi sia un uso strumentale dell’istituto. Questo proprio a tutela del whistleblowing, nel momento in cui taluni temono il rafforzamento delle garanzie ‑ specie nelle aziende private ‑ per il rischio di utilizzo distorto o ricattatorio che ne potrebbe derivare.

I casi seguiti da Anac

Per fare qualche esempio concreto, di recente come Autorità Anticorruzione siamo intervenuti a tutela di un dipendente comunale che aveva segnalato alcuni comportamenti illeciti nel proprio ufficio. Per tutta risposta, la sua amministrazione aveva iniziato un procedimento disciplinare, accusandolo di aver diffamato il Comune. Noi abbiamo ravvisato la ritorsione nei confronti del whistleblower, dichiarato la nullità della nota con cui era stato avviato il procedimento disciplinare e sanzionato con 5.000 euro il responsabile, firmatario del provvedimento, e il soggetto che ha proposto la sanzione.

In un altro caso, ci erano stati segnalati presunti illeciti relativi alla composizione della commissione della quale lo stesso whistleblower faceva parte. Dopo la segnalazione, il dipendente era stato sottoposto ad un provvedimento disciplinare. Abbiamo quindi effettuato una istruttoria puntuale, dalla quale è emersa la natura ritorsiva del provvedimento disciplinare, che abbiamo quindi considerato nullo, infliggendo una sanzione di 5000 euro al firmatario della sanzione.

Ci sono, invece, dei casi opposti, in cui le ragioni del provvedimento nei confronti di un lavoratore sono estranee alla segnalazione. E quindi vi è assenza di ritorsività. Per esempio, in un caso, dopo la segnalazione ai Carabinieri di presunti illeciti commessi dall’ente presso cui il whistleblower lavorava, l’ente ha avviato quattro procedimenti disciplinari nei confronti del dipendente, di cui uno culminato con la destituzione. Il segnalante aveva indicato tale provvedimento come pretestuoso e causato dalla segnalazione di fatti illeciti di truffa. A seguito di nostre verifiche, però, le garanzie previste a favore del whistleblower non sono scattate, poiché non è stato appurato alcun intento discriminatorio o punitivo da parte dell’amministrazione. Infatti, le misure organizzative intraprese nei confronti del dipendente erano state adottate anche nei confronti di altri dipendenti per gli stessi fatti. Inoltre, il medesimo comportamento contestato al dipendente era stato tenuto anche precedentemente alla segnalazione dei presunti illeciti. In tali casi, quindi, Anac non ha comminato alcuna sanzione nei confronti della pubblica amministrazione presso cui lavorava il dipendente.

Whistleblowing, un’arma strategica per combattere il malaffare

Va detto che negli anni la verifica di Anac, volta ad accertare la fondatezza delle accuse e delle eventuali ritorsioni, ha reso sempre più affidabile l’istituto del whistleblowing. Pertanto, tale strumento è divenuto un’arma strategica per combattere il malaffare e promuovere “la cultura della legalità”. Infatti, non è solo l’articolo 2 della Costituzione che viene violato dal commettere atti illeciti, deviando magari risorse pubbliche a vantaggio di pochi. Anche l’articolo 3, e il principio di uguaglianza sancito dalla Carta costituzionale, viene leso dai fenomeni corruttivi. Perché questi ricadono sui più deboli, su chi non ha i mezzi per fare da solo.

La corruzione spezza quel patto fondativo che è alla base dello stare insieme come comunità. Erode le radici della convivenza comune, il necessario coesistere di diritti e doveri, sui quali si fondano i vincoli di solidarietà economica e sociale richiamati dalla nostra Costituzione.

A chi esercita le funzioni pubbliche va chiesto qualcosa di più rispetto al generico dovere di osservanza delle leggi (articolo 54, primo comma). Il funzionario pubblico deve essere impegnato all’esercizio delle proprie funzioni con disciplina e onore (articolo 54, secondo comma), al fine di garantire il buon andamento e l’imparzialità dell’agire amministrativo (articolo 97).

Conclusioni

Imparzialità, impegno, lealtà reciproca sono i valori più alti che la corruzione calpesta. Con essa si tradisce la fede pubblica, provocando non solo sfiducia e frustrazione rispetto al disservizio o all’opportunità sfuggita, ma vera e propria disgregazione sociale.

Tutto ciò alimenta un senso di ingiustizia, e minaccia un bene prezioso che abbiamo tutti il dovere di preservare: la fiducia nelle istituzioni.

Anac è, e vuole essere in maniera sempre più forte e decisa, perno di un sistema posto a tutela dei diritti fondamentali per la promozione della fiducia pubblica.

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