Il Parlamento Europeo sta preparando una commissione d’inchiesta riguardante lo scandalo che ha coinvolto gli ambienti governativi di Polonia e Ungheria circa l’utilizzo dello spyware Pegasus; tuttavia, non è escluso che in seguito altri paesi possano essere travolti dallo scandalo. Secondo quanto emerso dalla maxi inchiesta giornalistica “Pegasus Project” lo spyware sarebbe da tempo utilizzato da attori statali di tutto il mondo per sorvegliare, in particolar modo: giornalisti, attivisti e oppositori politici.
Spyware Pegasus, la Ue a un bivio: il caso Ungheria e i paletti del Gdpr
Pegasus: la Commissione d’inchiesta del Parlamento europeo
La commissione d’inchiesta, che dovrebbe essere istituita dal Parlamento europeo entro aprile 2022, avrà il compito di verificare se i paesi sospettati abbiamo effettivamente utilizzato il famigerato spyware prodotto dall’azienda israeliana NSO Group. Per svolgere questo incarico, la commissione si avvarrà di agenzie di intelligence, funzionari e coinvolgerà persone informate sui fatti. Qualora venisse accertata la responsabilità degli attori coinvolti, il regime globale di sanzione dell’UE in materia di diritti umani consente alla stessa di erogare sanzioni nei confronti di entità ritenute responsabili di violazioni che sono «di grave preoccupazione per quanto riguarda gli obiettivi della politica estera e di sicurezza comune», comprese le violazioni o abusi della libertà di riunione pacifica e di associazione, o della libertà di opinione e di espressione (art. 1, lettera d, commi III e IV).
Pegaus in Polonia
In Polonia, il primo utilizzo accertato dello spyware Pegasus risale alle elezioni del 2019, anche se uno studio del laboratorio Citizen Lab dell’Università di Toronto ha evidenziato attività sospette risalenti al 2017. Nel 2019, l’emittente polacca TVN diffuse la notizia che l’agenzia governativa dell’anticorruzione avrebbe speso 8 milioni di dollari per acquistare spyware al fine di sorvegliare dispositivi smartphone. L’agenzia respinse le accuse e il Primo Ministro polacco Mateusz Morawiecki dichiarò che la questione sarebbe stata chiarita in un secondo momento. Ulteriori sospetti che attirano ombre sull’operato del Governo polacco riguardano il caso del politico e avvocato Roman Giertych e del procuratore Ewa Wrzosek, i cui telefoni sarebbero stati hackerati utilizzando Pegasus. Nel dettaglio, a fare emergere sospetti di una possibile compromissione del cellulare di Giertych è stata la pubblicazione di conversazioni private tra lui e uno dei suoi assistiti, ovvero l’ex Ministro degli Esteri Sikorski.
Pegasus in Ungheria
A oggi, l’Ungheria risulta essere l’unico paese europeo presente sulle liste di clienti del gruppo israeliano NSO Group. Diverse testimonianze hanno confermato l’effettiva esistenza di rapporti economici tra l’azienda israeliana e il Governo Orbàn, tra le quali, quella dell’ex Ministro Lajos Kosa e di un altro esponente del partito di maggioranza. Secondo quanto ricostruito da Amnesty International in Ungheria sarebbero state circa 300 le persone target dello spyware Pegasus. Tra queste, il reporter Szabolcs Panyi, da tempo non visto di buon occhio dal Governo. In passato il portavoce di Orbán, Zoltán Kovács, aveva pubblicamente accusato Panyi di “orbanofobia” e “ungheresefobia” oltre che additarlo come individuo «profondamente coinvolto nell’attivismo politico». Ad ogni modo, il 31 gennaio 2022 l’Hungarian National Authority for Data Protection and Freedom of Information (NAIH) ha presentato le conclusioni della sua indagine sull’uso dello spyware Pegasus da parte delle autorità ungheresi. Come riassunto dal suo Direttore, Attila Péterfalvi, «l’uso da parte dell’Ungheria dello spyware Pegasus di NSO Group si è dimostrato legittimo in tutti i casi in cui è stato utilizzato». Un giudizio incontrovertibile dato che sia i ragionamenti che le motivazioni alla base di questo sono classificate e rimarranno come tali fino al 2050.
Non solo Polonia e Ungheria
I casi di Polonia e Ungheria hanno fatto sì che l’Unione Europea abbia deciso di istituire una commissione d’indagine sulla questione, ma è importante sottolineare che Pegasus è stato utilizzato anche da altri attori sempre con le stesse finalità. Nel dettaglio, il telefono del politico catalano Roger Torrent sarebbe stato oggetto di hackeraggio. Ad informare Torrent è stato un gruppo di ricercatori di WhatsApp poiché, tale backdoor, sarebbe stata creata sfruttando proprio una vulnerabilità della nota applicazione di messaggistica. La pratica di infettare gli smartphone attraverso l’app è stata replicata anche su altre vittime, tra le quali Anna Gabriel, un’ex deputata regionale per la Candidatura di Unità Popolare (CUP) e Jordi Domingo, un attivista che si batte per l’indipendenza catalana. Di contro, il Governo spagnolo ha respinto le accuse sostenendo che, qualora fosse stata avviata un’attività di sorveglianza, questa sarebbe stata effettuata previa autorizzazione delle autorità competenti.
Spyware, la Ue verso il divieto?
Secondo il Garante Europeo della Protezione dei Dati (GEPD) vietare all’interno dell’Unione Europea lo sviluppo e la diffusione di strumenti come Pegasus sarebbe di gran lunga «la scelta più efficace per proteggere i nostri diritti e libertà fondamentali». Il software malevolo, sviluppato da NSO Group, rappresenta per il GEPD un cambiamento di paradigma epocale per ciò che riguarda i termini di accesso alle comunicazioni e ai dispositivi privati. Uno strumento talmente intrusivo e sofisticato «da rendere molte delle salvaguardie legali e tecniche esistenti inefficaci e senza senso». Malgrado per ora gli occhi siano puntati su Polonia e Ungheria il GEPD ha rivelato che la vera lista di acquirenti dello spyware Pegasus «potrebbe rivelarsi più lunga» in quanto «sembra che un certo numero di stati membri abbia almeno iniziato i negoziati con NSO Group per la licenza del prodotto».
Una posizione che in parte ricalca quanto espresso lo scorso settembre dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (UNHCR), Michelle Bachelet, che non mancò di definire la minaccia posta da spyware come «incompatibile con i diritti umani». Per l’Alto Commissario, gli stati non solo dovrebbero attuare una moratoria sulla vendita di tale tecnologia ma si dovrebbero impegnare nel «tenere a freno l’industria della sorveglianza». «Questo mercato» sostiene l’Alto Commissario «è cresciuto nell’ombra, lontano da qualsiasi controllo pubblico e giudiziario sia nei paesi autoritari che nelle democrazie». «L’opacità prevalente e la mancanza di regolamentazione» prosegue «hanno creato le condizioni perfette perché ampie rivendicazioni di sicurezza si traducessero in nuove misure di repressione».
Conclusioni
Se le Istituzioni europee arriveranno effettivamente a contingentare la circolazione di strumenti come Pegasus non è dato sapere. Bisognerà aspettare le conclusioni della commissione d’inchiesta che, come si è detto, sarà istituita nell’aprile del 2022. Ciò che è certo però è che l’attenzione mediatica venutasi a creare per via dei recenti scandali ha fatto sì che il settore all’interno del quale operano aziende come NSO Group venisse allo scoperto. Resta comunque aperta la sfida per le istituzioni di riuscire ad intervenire tempestivamente ed efficacemente contro operatori che sono sempre più tecnologicamente avanzati.