La risoluzione

Costi dell’energia, PD: “Le nostre proposte per calmierare i prezzi”

L’aumento dei prezzi dell’energia e il conseguente rincaro del costo della vita stanno mettendo in seria difficoltà famiglie e imprese, diventando anche questione di sicurezza nazionale. Ma come intervenire al di là delle misure emergenziali? Le proposte di due capigruppo PD

Pubblicato il 22 Feb 2022

Gianluca Benamati

Capogruppo PD commissione Attività produttive, Camera dei Deputati

Alberto Pagani

Capogruppo PD commissione Difesa, Camera dei Deputati

04/08/2015 - PORTO ALEGRE, RS, BRASIL - Matéria sobre o parcelamento dos servidores pelo governo Sartori. tags: dívida, contas, financeiro, finanças, banco, dinheiro. Foto: Guilherme Santos/Sul21

Che la sicurezza delle forniture energetiche sia un valore primario nella vita economica e sociale di un paese è divenuto del tutto evidente anche alla pubblica opinione, alla luce dei fortissimi rincari delle bollette di luce e gas.

Come gruppo del Partito Democratico nelle commissioni VIII e X della Camera dei deputati, abbiamo avanzato una risoluzione con una serie di proposte di medio-lungo periodo, che vadano oltre gli interventi emergenziali.

Super rincari luce-gas, colpa anche nostra: abbiamo trascurato le rinnovabili

Impennata dei costi energetici e del costo della vita

In condizioni normali, quando ci si riferisce a simulazioni astratte o a calcoli macroeconomici teorici, non è immediato per il comune cittadino apprezzare la complessa catena di cause ed effetti che lega il prezzo all’ingrosso dei prodotti energetici alla sua vita quotidiana. Ci sono tuttavia dei casi in cui l’esplosione dei prezzi delle bollette rende immediata per tutti la comprensione di quanto sia importante per un Paese godere dei vantaggi della sicurezza energetica, ovvero dalla certezza degli approvvigionamenti e dalla stabilità dei prezzi.

In un paese fortemente manifatturiero come l’Italia un aumento dei prezzi dell’energia si traduce immediatamente in un rincaro del costo della vita, generando fenomeni inflattivi, ma anche difficoltà per le produzioni industriali che hanno nell’energia una materia prima importante. Questo secondo punto è molto pericoloso e può portare in breve sia alla riduzione di tali attività industriali sia ad una più generale perdita di competitività dei nostri prodotti, dando luogo nel medio periodo a problemi di occupazione e di tenuta sociale. Da questo punto di vista, infatti, se il fenomeno degli alti costi dell’energia perdura e non è mitigato da adeguate politiche compensative questa spinta inflattiva travalicherà l’aspetto economico e diventerà anche una questione di sicurezza nazionale.

Per questo motivo il Copasir (Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica) ha svolto uno specifico ciclo di audizioni, che si è concluso con una relazione al Parlamento, sulle problematiche della sicurezza energetica.[1] La necessità del Comitato di approfondire il quadro di situazione in cui si trova l’Italia deriva dal rincaro generalizzato e pronunciato dei combustibili fossili (dal gas al petrolio seppur in diversa misura) verificatosi nel 2021, che ha trainato anche i costi dell’energia elettrica, e che ad oggi non accenna né a ridimensionarsi né a riassorbirsi con celerità.

Le ragioni congiunturali e strutturali dell’impennata dei prezzi dell’energia

Vi sono molteplici ragioni per questa “fiammata” dei prezzi e vanno ricercate sia a livello congiunturale quanto a livello strutturale. Da un punto vista strettamente congiunturale la ripresa economica seguita alla fine dei blocchi sanitari dovuti alla pandemia Covid 19 e la conseguente ripresa delle attività produttive, dei trasporti e dei consumi in più generale, hanno prodotto un aumento rapido ed importante della domanda di energia. L’incremento globale della domanda, generata principalmente nel lontano oriente e relativo soprattutto al settore industriale, si è presto trasformato in una crescita impetuosa dei prezzi delle materie prime e dell’energia primaria oggetto di importazione e così come dei prodotti energetici trasformati.

A fronte di questa impennata della domanda, infatti, non vi è stato un corrispondente incremento dell’offerta energetica perché i paesi produttori ed esportatori hanno preferito in una prima fase non incrementare la produzione, temendo la precarietà di questa ripersa ad epidemia non ancora risolta. Questo ha innescato una spirale competitiva sugli approvvigionamenti e quindi forti rincari dei prezzi, particolarmente evidenti per il gas naturale. Ma non tutta questa situazione di carenza ha caratteristiche meramente legate alla congiuntura. Nel caso del gas ed esempio, se è vero che la causa primaria della carenza è dovuta alla contrazione delle attività estrattive, dovute ad una scarsa domanda nel periodo dei lockdown, dopo l’avvio della ripresa il mercato non ha trovato alcun meccanismo di stabilizzazione.

La diminuzione delle attività di ricerca ed estrazione a livello mondiale, come conseguenza del calo degli investimenti a questo connessi ed il differimento degli investimenti necessari a mantenere efficienti questi sistemi produttivi è una ragione di crisi più strutturale e seria delle cause contingenti. Investimenti che sono rallentati, quando non eliminati, in un quadro di annunci politici volti alla progressiva eliminazione delle fonti fossili (anche le più pulite come il gas) in tempi molto brevi, basandosi su una ipotesi di fattibilità ad oggi non confermata a livello mondiale. Tutto ciò in uno scenario geopolitico che rende sempre più difficili i rapporti fra paesi consumatori e produttori.

La situazione dell’Italia: luci e ombre

Per l’Italia, come per molte altre economie mondiali, il gas naturale è la componente energetica principale, da accoppiare alle fonti rinnovabili, nel percorso di decarbonizzazione. Questo spiega la crescita maggiore della richiesta di questo prodotto a fronte di un’offerta limitata. In un mercato mondiale fortemente liquido e poco orientato sul lungo termine, queste dinamiche hanno condotto ad un’impennata dei prezzi all’ingrosso. Il gas naturale è passato dai circa 15 euro MWh di agosto 2020, ai circa 110 euro di dicembre 2021, agli attuali 70-80 euro, prezzi accompagnati da una notevole volatilità. La diminuzione del GNL disponibile sul mercato globale, accoppiata ad una riduzione della produzione interna hanno posto l’Europa in forte sofferenza. In conseguenza di ciò nell’Unione si è registrato anche un costo crescente dell’energia elettrica. Il mix di produzione europeo, basto su rinnovabili, nucleare e combustibili fossili (gas, carbone e olii minerali), ha pesantemente sofferto di tutte queste dinamiche internazionali. Nell’ultima parte del 2021 il costo del MWh all’ingrosso ha toccato, sul mercato elettrico italiano, valori compresi fra i 180 e i 240 €, attestandosi nel mese di gennaio entro valori compresi fra i 200 ed i 280 €. Un aumento di circa 4 volte rispetto ai prezzi del 2020, in larga parte trainato dal settore termoelettrico.

Inoltre, alcune valutazioni attendibili attribuiscono circa un quarto del peso degli aumenti agli adempimenti collegati all’Emission Trading Scheme (ETS)[2], cioè al Sistema europeo di scambio di quote di emissione di gas a effetto serra, che è il principale strumento dell’UE per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 nei principali settori industriali e nel comparto dell’aviazione. È chiaro che questa crescita pesa di più su quei sistemi energetici, tipici del nord e nell’est Europa, che hanno ancora un’elevata incidenza del carbone; per quanto attiene in specifico all’Italia la situazione presenta luci ed ombre[3]. D’altra parte, però, il sistema di approvvigionamento nazionale rimane fortemente dipendente dall’estero per i combustibili fossili e per una quota di energia elettrica proveniente dal nucleare francese.

L’Italia come hub meridionale del gas

Nel settore gas l’Italia ha la possibilità di svolgere un ruolo importante per l’Europa, quale hub meridionale. Ruolo che le è consentito dalla sua posizione geografica, dal numero elevato di possibili fornitori e dalla presenza di buone risorse nazionali, non pienamente sfruttate. Inoltre, un’oculata gestione degli stoccaggi ha sempre consentito dal 2016 una relativa sicurezza di sistema[4]. Nonostante la diversificazione delle fonti di approvvigionamento, che ha l’obiettivo di evitare di dipendere pesantemente da un singolo produttore in particolare, si è mantenuto la quota di gas russo attorno al 40% dei consumi nazionali. Ciò è dovuto principalmente al drastico calo della produzione interna e delle importazioni dal nord Europa. Sempre in questa direzione va anche il piano nazionale di penetrazione delle rinnovabili elettriche, che concorre in maniera determinate all’indipendenza energetica del Paese e che, sottospecifiche condizioni, potrebbe servire a calmierare i prezzi.[5] Purtroppo questo piano sta subendo gravi ed inopportuni ritardi. Da questo punto di vista appare quindi chiaro come la riduzione dei costi energetici, da cui in larga parte dipende non solo la competitività, ma anche l’esistenza di larga parte del sistema industriale italiano, sia da ricercarsi in un calibrato mix fra interventi emergenziali di carattere strettamente congiunturale e altri più strutturali orientati sul medio termine. La fase successiva a quella attuale, cioè il periodo che parte all’incirca dagli anni Quaranta di questo secolo, vedrà infatti la maturità commerciale di nuove tecnologie a basse emissioni.

Fra queste, ad esempio, la fusione nucleare[6] così come le tecnologie da fissione di quarta generazione, assi più sostenibili dal punto di vista ambientale rispetto alle odierne. Le alte competenze italiane in questi settori, se vi sarà una prosecuzione seria delle attività di ricerca e sviluppo, potranno consentire all’Italia di giocare un ruolo da protagonista in questo settore cruciale dell’industria energetica della seconda metà del secolo.

Tuttavia, si tratta di tecnologie del futuro, che è assurdo o demagogico evocare nel dibattito politico odierno, relativo alla soluzione dei problemi immediati o urgenti. L’azione emergenziale per ridurre i costi energetici si pone su un piano diverso. Il Governo è intervenuto a più riprese, dalla prima metà dell’anno 2021, con una serie di provvedimenti legislativi urgenti[7] che hanno avuto principalmente lo scopo di mitigare gli aumenti, mediante un abbattimento degli oneri generali che gravano l’energia elettrica e il gas, in favore principalmente dei clienti domestici e in aiuto ai consumatori più fragili, rafforzando opportunamente i bonus esistenti.[8] Poiché le politiche verso la decarbonizzazione sono un obiettivo Paese, e non solo del sistema energetico nazionale, ed anche per un principio di equità, la leva fiscale dovrebbe essere considerata sempre con attenzione. Appare ragionevole pensare che alcuni costi gravino sulla collettività nella sua interezza e non solo sui consumatori domestici e produttivi.[9]

Quali misure per calmierare i prezzi?

La Commissione Europea ha valutato compatibili con le regole sugli aiuti di Stato la limitazione del carico fiscale e parafiscale sulle bollette, in particolare se rivolta alle classi di consumatori più esposti alla concorrenza internazionale. A livello europeo ora si dibatte anche sulla possibilità di una politica comune più aggressiva (es. acquisti e stoccaggi di gas collettivi) che oltrepassi le attuali competenze comunitarie in materia di mercato, difesa dei consumatori e sicurezza. Alcuni Paesi europei, stante il perdurare della crisi dei prezzi, stanno attuando anche misure autonome di breve-medio termine per raffreddare la spirale dei prezzi: la Francia sta valutando di aumentare la cessione alle imprese di un quantitativo di energia elettrica prodotta per via nucleare a prezzi ridotti tramite EDF (attualmente pari a 120 TWh anno, misura che già copre larga parte dei consumi industriali), la Germania di sostenere la disponibilità interna di gas mediante il nuovo gasdotto “Nord Stream 2”, qualora autorizzato ad operare. Per l’Italia è evidente che una politica di mitigazione dei prezzi dei prodotti energetici non è sostenibile in maniera prolungata, dati gli importi in gioco. Senza rinunciare nell’immediato a questo strumento d’emergenza occorre puntare su una combinazione di misure efficaci nel breve periodo. Interagendo a livello comunitario sembrerebbe opportuno intervenire sul meccanismo del “marginal price [10], ricollegando i prezzi ai costi di produzione delle singole tecnologie. Nel rispetto delle norme esistenti si potrebbe disaccoppiare il segmento delle tecnologie ad elevati costi del capitale (capex based) e costi variabili quasi nulli per kWh, come le rinnovabili elettriche (idrico, geotermoelettrico, eolico e solare), da quelle caratterizzati da elevati costi variabili governati per lo più dal costo delle materie prime energetiche (centrali termoelettriche come, ad esempio, i cicli combinati a gas). Per le prime si potrebbe puntare su aste specifiche – sia per nuova produzione quanto per quelle esistenti – per volumi e tempi di fornitura prefissati. In questo modo è possibile garantire la remuneratività dei nuovi investimenti e sostenere l’accesso dei produttori già esistenti. Nel secondo caso appare opportuno lasciare operare il meccanismo del marginal price, in ragione dell’evidente volatilità del mercato delle commodity. La sicurezza del sistema verrebbe mantenuta dal capacity market[11] elettrico, attivo e rivisto nelle taglie e dagli accumuli di cui agli articoli 18 e 19 del recentissimo D.Lgs. mercato elettrico (N. 210/2021). Per quanto riguarda il gas naturalmente la situazione è più complessa, trattandosi per la maggior parte di risorse importate. Da questo punto di vista un primo effetto sui prezzi sul medio periodo si può ottenere dall’incremento della produzione nazionale, che nel 2021 si è attestata a circa 3,4 Gm3 e che alla luce dell’approntamento del PITESAI può essere aumentata in sicurezza per un valore fra i 4 e gli 8 Gm3 /anno. Tale aumento potrebbe anche vedere contrattazioni di lungo termine tra i produttori e i consumatori industriali, per assicurare un ritiro di tale gas e la copertura degli impegni finanziari necessari.

È inoltre evidente che occorre consolidare il ruolo italiano di “hub meridionale” del gas in Europa nel senso più positivo del termine. Nel 2021 la nostra molteplicità di fornitori ha garantito che il calo delle importazioni dal nord Europa sia stato compensato dall’Algeria (divenuta il secondo fornitore italiano) e dall’entrata in servizio della TAP (con buona pace dei suoi oppositori e delle proteste che ne hanno accompagnato la realizzazione). Questo ha permesso alla situazione nazionale di rimanere in sicurezza, nonostante le tensioni internazionali, grazie ai rifornimenti ed agli stoccaggi. Occorre quindi puntare ad incrementare, oltre alla produzione nazionale, anche le importazioni dall’Azerbaijan via TAP e potenziare la capacità di accoglienza per il GNL. Questo non può fare dimenticare il problema cogente. Sono state formulate proposte di rilascio di parte delle scorte strategiche a prezzi calmierati, ma pur senza arrivare a ciò, è immaginabile un uso più efficace e dinamico delle risorse stoccate, per assicurare liquidità sul mercato spot giornaliero, senza compromettere la sicurezza delle riserve. Ciò potrebbe limitare le impennate di prezzi che si sono verificate e favorire il bilanciamento dei flussi giornalieri. In ultimo, nelle more dell’introduzione di meccanismi di stabilizzazione del prezzo per il settore gas, non si può nascondere che la diminuzione dei contratti a lungo termine diventa problematica sui prezzi nei momenti di scarsa liquidità dei mercati. Riteniamo che per garantire la sicurezza energetica del Paese l’orientamento politico della maggioranza di Governo debba andare in questa direzione.

La risoluzione

Alla luce di queste considerazioni, da un punto vista operativo – come gruppo del Partito Democratico nelle commissioni VIII e X della Camera dei Deputati- abbiamo avanzato una risoluzione che impegna il governo, nel breve-medio periodo, a valutare l’opportunità di:

  • reperire ulteriori risorse per sostenere l’azione di riduzione del carico fiscale e parafiscale sui prodotti energetici in favore delle utenze domestiche, delle PMI e delle imprese ad alti consumi energetici, prevedendo in questo caso l’uso delle risorse in oggetto anche per l’adeguamento al rialzo – nel quadro delle norme comunitarie – delle aliquote di sconto;
  • attuare ulteriori interventi di tutela delle fasce domestiche più deboli e fragili con interventi di rafforzamento dei bonus e per le Amministrazioni Locali che stanno affrontando serie difficoltà nella gestione dei servizi (es. servizi di pubblica illuminazione);
  • modificare il corrente sistema di pricing nel settore elettrico che, nel rispetto delle norme comunitarie, consenta di discernere fra le tecnologie ad elevati costi fissi (meno o del tutto indipendenti dal gas ma sensibili ai costi di investimento) e quelle ad elevati costi variabili (più dipendenti dal gas) così da evitare evidenti distorsioni nei prezzi;
  • adottare un uso delle scorte di gas in stoccaggio e delle riserve nazionali come elemento di formazione e contenimento dei prezzi; nel breve-medio periodo:
  • accelerare in maniera sensibile ed urgente il processo di installazione delle FER-E, anche con ulteriori interventi relativamente ai processi autorizzativi, in modo da cogliere gli obbiettivi previsti dal PNIEC;
  • identificare al più presto le aeree idonee di intervento per l’istallazione delle FER-E attuando con celerità gli art. 20 e 21 del Dlgs. 199/2021;
  • aumentare, in sicurezza e secondo le previsioni del PITESAI, la produzione nazionale di idrocarburi, ed a introdurre tutte quelle azioni tese a consolidare le importazioni attuali (Algeria, Russia) accrescendole ove possibile (Azerbaijan via TAP e GNL via rigassificatori);
  • facilitare il coinvolgimento del sistema nazionale delle imprese manifatturiere sia a sostegno dei nuovi investimenti nazionali nel settore delle FER elettriche mediante contratti pluriennali di fornitura che facilitino la realizzazione di tali impianti, sia in contratti a lungo termine destinati all’energia attualmente ritirata dal GSE;
  • facilitare il coinvolgimento dei consumatori industriali nella valorizzazione della produzione nazionale anche mediante la contrattazione di quote di tale produzione in prodotti di medio/lungo termine compatibili con le necessità di bancabilità dei progetti e di competitività delle imprese industriali;
  • favorire anche nel campo delle FER-E progetti di collaborazione transazionale che vedano coinvolti paesi a noi vicini (con specifico rifermento alle aree del nord dell’Africa).

Note

  1. “Il Comitato ha promosso un’indagine conoscitiva sulla sicurezza energetica nell’attuale fase di transizione ecologica, la cui relazione conclusiva al Parlamento (Doc. XXXIV, n. 7) è stata approvata nella seduta del 13 gennaio 2022, al termine di un ciclo di audizioni che hanno visto susseguirsi soggetti istituzionali e rappresentanti delle maggiori agenzie e aziende di settore, nel corso delle quali ognuno ha tracciato un quadro della questione, informando il Comitato circa le prospettive per il futuro e le varie criticità da prendere in considerazione nell’ottica della tutela della sicurezza nazionale. (…) Il processo in atto verso il raggiungimento della cosiddetta neutralità climatica entro il 2050 comporta che la produzione di energia da idrocarburi si affiancherà ancora 13 per anni a una progressiva crescita dello sfruttamento di fonti rinnovabili e nuove tecnologie. Il settore energetico è esposto a minacce preoccupanti a causa delle strategie messe in campo da parte di operatori stranieri e dell’attivismo di fondi esteri. Inoltre, lo stesso sistema presenta un livello intrinseco di vulnerabilità a causa della dispersione delle fonti di produzione, ai costi complessivi da sostenere. Lo scenario attuale presenta ulteriori debolezze legate all’incremento dei prezzi, in particolare del gas, che si è registrato negli ultimi mesi e che verosimilmente rischia di contrassegnare anche l’immediato futuro. L’insieme di questi fattori si ripercuote inevitabilmente sul grado di sicurezza energetica, quale fattore da conseguire per ridurre la tradizionale forma di dipendenza del nostro Paese. Su questi aspetti, il Comitato ha indicato come necessario un piano nazionale di sicurezza energetica, da adottare con la più ampia condivisione, in modo che possa restare valido ed indirizzare le scelte strategiche che il Paese dovrà compiere in questo settore nel lungo periodo. Esso dovrà mirare al perseguimento di una adeguata autonomia tecnologica e produttiva del Paese nel campo energetico, rafforzando le filiere nazionali di industria e ricerca, in collaborazione con i partner europei ed occidentali, in considerazione della collocazione geopolitica dell’Italia. La sicurezza energetica rappresenta un tassello cruciale da presidiare all’interno di una complessiva strategia di difesa dell’interesse nazionale che, in questo come in altri ambiti di rilievo per il sistema economico-industriale del Paese, andrebbe costruita e sviluppata. In questa prospettiva si ribadisce l’esigenza di un rafforzamento della cosiddetta intelligence economica a sostegno di un settore così decisivo, mediante un approccio non solo e non più difensivo e protettivo, ma anche proattivo e propositivo. Si determinerebbe in questo modo un grado di autonomia maggiore del nostro sistema, non più esposto alla dipendenza da altri Stati e si accrescerebbe la sua sicurezza, resistenza e stabilità rispetto alle oscillazioni, spesso repentine, degli scenari geopolitici. (…) A tal proposito si rileva l’opportunità di prevedere strumenti che consentano al Parlamento lo svolge un’efficace azione di controllo.” Relazione annuale Copasir 2021
  2. Nell’aumento dei prezzi della componente energia elettrica gioca anche un ruolo l’aumento dei costi per gli adempimenti europei collegati all’ETS, il costo per tonnellata di CO2 emessa che era attorno ai 25 – 30 €/Ton alla fine 2020 ha raggiunto i circa 80 € nell’ultima parte del 2021 e ha superato i 97 € nel mese di febbraio 2022. Sarebbe sbagliato sostenere che questo aumento ha generato da solo l’impennata di costi elettrici, ma sicuramente ha contribuito all’aumento.
  3. Il nostro paniere energetico, così come ridisegnato dalla SEN (Strategia Energetica Nazionale) e dal PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia Clima come approvato nel gennaio 2020) si basa sostanzialmente, nell’approccio agli obiettivi 2030, su un misto di fonti rinnovabili e di gas. La forte penetrazione delle rinnovabili prevista per quella data, con un incremento dell’ordine di 70 GW istallati, e il ruolo di sostegno del gas a questa filiera fa del sistema energetico italiano uno dei più avanzati e efficienti d’Europa. Sistema che si è dato anche obiettivi ambiziosi quali la fuoriuscita dal carbone nel 2025 e sfide importanti quali lo sviluppo rapido di sistemi di accumulo e di vettori energetici innovativi (es. idrogeno). È importante sottolineare che l’attuale versione del PNIEC dovrà essere adeguata al rialzo, e con esso anche gli obiettivi delle rinnovabili, a seguito dell’entrata in vigore del pacchetto europeo Fit-for-55%, diretta emanazione del Green Deal europeo.
  4. “Il sistema di stoccaggio garantisce il bilanciamento giornaliero assicurando la copertura della stagione invernale e comunque continuità e sicurezza delle forniture. La capacità di stoccaggio è attualmente al 75%, la media europea è del 65%, ed è inferiore alla media degli anni precedenti a causa dell’aumento di prezzi di questa risorsa.” Dalla relazione del Copasir sulla sicurezza energetica.
  5. Questo scenario, che per altro è lo stesso a cui vogliono tendere altri paesi europei come la Germania, ci permetterebbe di compiere con successo il periodo di transizione previsto sino al 2030-2035, volgendoci poi ad una seconda frazione del cammino verso la decarbonizzazione totale, prevista attorno al 2050, in cui nuove tecnologie a bassissime emissioni saranno mature.
  6. Dopo l’esperienza di ITER, oggi alla soglia dell’avvio, e il dimostrativo DEMO si avvierà allo sfruttamento commerciale.
  7. (art. 5-bis del decreto-legge n. 73/2021, decreto-legge n. 130/2021, legge n. 234/2021 (legge di bilancio 2022), articolo 1, commi 503-512
  8. Misure che con l’ultimo provvedimento previsto dal Governo con il decreto sostegni-ter, approvato lo scorso 21 gennaio e che ha azzerato per il primo trimestre 2022 gli oneri generali di sistema per tutte le medie-grandi imprese con potenza pari o superiore a 16,5 kW, hanno riguardato in specifico nel caso delle bollette elettriche anche le PMI con forniture in bassa tensione e potenze installate superiori ai 16.5 kW.
  9. Si rileva inoltre che con il testo dell’Articolo 16 (Interventi sull’elettricità prodotta da impianti a fonti rinnovabili) introdotto nel D.L. 4/2022, cd. Decreto Sostegni – ter, il Governo si sia posto il tema del recupero degli extra-profitti generati da storture nei meccanismi di formazione dei prezzi come ad esempio accade nel mercato elettrico, dove il meccanismo del cosiddetto “prezzo marginale” determina un unico prezzo di mercato spot per produzioni derivanti da tecnologie fortemente differenti e caratterizzate da strutture di costi opposte quanto a costi fissi e variabili. Basti pensare alle rinnovabili elettriche principali (eolico e fotovoltaico) o all’idroelettrico caratterizzati da elevati costi fissi e da bassissimi costi variabili o al termoelettrico dove i costi variabili, in primis il combustibile, sono prevalenti; questa variabilità nella formazione dei prezzi, seppure in maniera diversa, esiste anche nel mercato del gas e, nella formazione del prezzo italiano PSV, rispetto al TTF olandese, si assiste a volte a “fiammate” giornaliere dei prezzi.
  10. Semplificando, tale meccanismo remunera i produttori pagando a tutti il prezzo di equilibrio tra domanda e offerta, che è pari al prezzo dell’offerta più costosa tra quelle accettate per soddisfare la domanda.[ Il meccanismo è più chiaro con un esempio: ipotizziamo che la domanda chieda 10 Wh. I produttori sono più di uno, ed il primo offre 5 Wh a 1€, il secondo 4 Wh a 2€ ed il terzo 1 Wh a 3€. Il totale delle unità domandate ed offerte è così pari a 10 Wh, che verranno pagate tutte e 10 a tutti i produttori al prezzo più alto offerto, ovvero 3€, per un totale di 30€.
  11. Il mercato della capacità è un meccanismo con cui Terna si approvvigiona di capacità di energia elettrica mediante contratti a termine aggiudicati attraverso aste competitive. Le regole di funzionamento del mercato sono definite nella Disciplina e relativi allegati approvata con Decreto del 28 giugno 2019. Alle aste, organizzate da Terna, possono partecipare gli operatori titolari di unità di produzione (programmabili e non programmabili) e di stoccaggio. Gli operatori della capacità selezionata in esito all’asta hanno:- l’obbligo di offrire la capacità sui mercati dell’energia e dei servizi;- il diritto di ricevere da Terna un premio fisso annuo;

    – l’obbligo di restituire a Terna la differenza, se positiva, fra il prezzo dell’energia elettrica che si realizza sui mercati dell’energia e dei servizi e un prezzo di esercizio definito dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA).

    In particolare, gli impianti che utilizzano combustibili fossili e che prendono parte al Capacity Market non possono avere emissioni superiori ai limiti definiti nelle regole di funzionamento del mercato. Alle aste possono altresì partecipare le unità di consumo (demand-response) e le risorse estere con specifici obblighi e diritti.

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