Adesso con i piani Crescita Digitale e Banda Ultra Larga, per la prima volta il Governo lavora a politiche per gli incentivi alla domanda digitale. E dovrebbe essere il primo e più importante argomento in un piano istituzionale.
Un Governo non dovrebbe occuparsi di scelte tecnologicyee, ma di incentivi (e disincentivi) perché l’uso di strumenti digitali sia strutturale e non incidentale. Perché sia un dato di cittadinanza e non una scelta soggettiva.
Il digitale è curriculum ineludibile del diritto di cittadinanza. Non possiamo essere cittadini italiani se non dimostriamo di avere padronanza dell’istruzione elementare: vale per l’italiano e la matematica e lo Stato ha la responsabilità, con il sistema scolastico, perché questo principio si realizzi. Adesso deve estendersi anche al digitale. Tutti devono andare a scuola di internet. Nessuno deve essere lasciato indietro.
Come fare tutto questo? Con due parole importanti che ho trovato nel piano: “switch off” e “digital first”.
Si può fare di più. Adesso l’analogico resiste perché al cittadino costa meno del digitale, che è penalizzato. Ma per il sistema Paese, l’analogico- il contante, andare allo sportello- ha un costo maggiore. I prezzi dei servizi pubblici al cittadino devono cambiare per riflettere questi costi diversi. Smettiamo di finanziare gli analogici per il loro vizio di pigrizia. Gli italiani non hanno il diritto a essere analogici. Salvo che dimostrino di non avere alternativa. Cioè di essere “invalidi digitali” e quindi di avere diritto a ricevere un aiuto dallo Stato. L’onere della prova spetta però al cittadino, proprio come con l’invalidità fisica.
A quel punto, se mettiamo tutto su internet e i cittadini lo usano, ovvio che l’offerta di servizi e rete arriverà.