reti commerciali

Come far convivere le diverse generazioni di venditori: tecnologia e reverse mentoring

Scarsi candidati, invecchiamento della forza vendita, convivenza multigenerazionale: sono i problemi che affliggono le reti commerciali in Italia. Come devono cambiare le vendite? Problematiche e opportunità

Pubblicato il 17 Mar 2022

Annalisa Aceti

Direttrice commerciale di Rizzoli Education casa editrice di scolastica del Gruppo Mondadori

sales

In piena digital transformation, la figura del venditore resta una delle più ricercate dalle aziende e da chi si occupa di selezione del personale. Lo confermano tutti. Dai portali online di ricerca di lavoro fino ai migliori head hunter: tutti sono concordi nell’affermare che le aziende continuano a richiedere nuovi “sales”. A fronte di una domanda incessante però, le società di recruitment e le stesse imprese lamentano spesso la presenza di pochi candidati disposti a lavorare nel commerciale.

Sales Enablement: le reti commerciali alla prova del digitale

A confermare il fatto che chi sta per entrare nel mondo del lavoro non ha ben in mente cosa può significare lavorare nel commerciale c’è uno studio dell’Università Bocconi, che sottolinea come molti giovani finiscano per associare la figura del commerciale allo stereotipo del venditore porta a porta.

Questa visione è influenzata da un contesto accademico ancora fortemente slegato dal tessuto delle imprese: in Italia non esistono corsi di laurea pensati espressamente per lavorare nel settore delle vendite, nonostante l’importanza che riveste l’area “sales” in molti settori.

I problemi delle reti commerciali in Italia

Da qui, dunque, nasce la penuria di candidati di fronte alla vasta richiesta da parte delle aziende italiane.

Se uniamo questo fattore al mega trend demografico che fa dell’Italia il paese Ue con il tasso di natalità più basso (la popolazione residente è in diminuzione tanto che per la prima volta negli ultimi 90 anni registriamo una fase di declino demografico o inverno demografico) ecco che le reti commerciali oggi sono per lo più costituite dalla generazione dei baby boomers, nati tra il 1946 e il 1964.

L’allungamento della vita media ha tra le altre conseguenze anche la coesistenza di diverse generazioni nelle agenzie di vendita e di promozione. Possiamo arrivare a contarne fino a 5: coloro che sono nati prima del 1945, i baby boomers nati tra il 1946 e il 1964, la Generazione X 1965-1980, quella dei millennials nati tra il 1981 e il 1995 e l’ultima arrivata, la generazione Z (1996 – 2012).

Questo scenario è fortemente presente anche all’interno delle aziende dove a condividere ufficio e lavoro ci sono baby-boomers (6%), Generazione X (35%), Millennials o altro (35%) fino agli ultimi arrivati della Gen Z pari al 25%. Questo comporta che il 45% delle medie imprese italiane è alle prese con il passaggio generazionale.

Ciò condurrà inevitabilmente a shock organizzativi e la sfida per le direzioni commerciali e del personale in generale sarà non solo far convivere generazioni tanto distanti ma anche fare leva sulle loro diversità come chiave per una maggiore produttività.

C’è un terzo elemento (oltre all’età media alta e la pluri-età): la frequente appartenenza alla stessa famiglia.

Il principale bacino di reclutamento di un sales nella maggior parte dei casi è infatti la famiglia e la cerchia di conoscenze di un altro sales. In altre parole, la maggior parte delle persone che oggi svolge un ruolo “di vendita” lo fa perché in famiglia o tra gli amici c’è qualcuno che già lo fa e che quindi, con l’esempio concreto, lo ha aiutato ad abbattere gli stereotipi che opprimono questo bel mestiere.

Oggi in una agenzia di una rete commerciale spesso convivono i senior fondatori dell’impresa, i figli cinquantenni ai posti di comando, cugini e nipoti trentenni in carriera o giovanissimi apprendisti.

Non era così in passato, il divario generazionale era tanto ampio che quando una generazione si ritirava o si trovava in procinto del pensionamento quella più giovane si affaccia al mondo del lavoro.

Le conseguenze

Le conseguenze sono principalmente due:

  • in primo luogo, una rete commerciale che invecchia porta con sé il problema del talent shortage (mancanza di risorse professionali valide a cui attingere);
  • in seconda battuta, con l’allungamento della vita lavorativa si assisterà al crescere di una forza vendita multigenerazionale. Vale a dire che i nativi digitali condivideranno il lavoro con persone che potrebbero essere i loro nonni.

Questo forte cambio di paradigma in atto richiede una visione di sistema organizzativo diverso dove la relazione, il network, la condivisione delle informazioni sono asset imprescindibili per non disperdere risorse e competenze professionali, per fare cogliere le opportunità della diversità generazionale.

Come devono cambiare le direzioni commerciali

Le Direzioni Commerciali dovranno diventare più agili e adattive e, per farlo, dovranno sostituire le attuali gerarchie rigide con strutture più orizzontali in cui ciascuno possa dare il proprio contributo.

Nel mondo “Sales” di oggi le gerarchie rigide non sono più efficaci proprio perché non siamo alle prese con compiti facili, sono invece più percorribili soluzioni morbide dove non viene meno la struttura a cui siamo abituati ma si dà maggior valore al singolo collaboratore, all’ascolto e alla volontà di cooperazione.

L’accentramento sui best performer verrà man mano sostituito da piccole squadre distribuite con competenze complementari, si porrà un freno al lavoro in “silos” per favorire la collaborazione e la co-creazione. Si passerà da un ecosistema limitato ad uno aperto dove i successi non saranno del singolo ma il frutto della trasversalità dei progetti gestiti da team che lavorano in aree diverse.

In questo la tecnologia può fungere da acceleratore nel caso in cui le aziende si dotino di piattaforme collaborative e di knowledge-sharing.

La tecnologia e il reverse mentoring

Una forza vendite pluri-età presenta problematiche e anche opportunità del tutto inedite, se ci pensiamo, è la collaborazione tra generazioni diverse che ha permesso in passato progressi incredibili.

Partiamo da un presupposto: ogni fascia anagrafica ha legittimamente punti di vista e aspettative peculiari sul proprio lavoro rispetto a quanto e cosa vuole imparare, riguardo la modalità di condivisione delle conoscenze, per non parlare di che tipo di cultura vorrebbe o è abituata a trovare sul posto del lavoro.

Possiamo magari desiderare le stesse cose, ma l’età e il grado professionale ci fanno avere atteggiamenti diverse rispetto a come ottenerle.

Sul versante organizzativo è chiaro che sono necessari da un lato approcci differenziati e, dall’altro, anche la capacità, non solo di far coesistere, ma anche di trarre vantaggio da questa diversità.

Facciamo un esempio: si è pensato che la relazione discente-docente fosse caratterizzata da una simmetria a senso unico, il più vecchio insegna al più giovane. Bene, la tecnologia ha dimostrato che non è così: sono spesso gli appartenenti alle nuove leve a padroneggiarla proprio perché non hanno conosciuto altro, tanto da essere definiti “nativi digitali”. La Gen Z ha modi precipui di comunicare, un atteggiamento diverso nei confronti delle autorità e ha delle aspettative nuove verso i processi di feedback, abituata ai like e ai commenti dei post sui social.

A livello aziendale, questo è un classico caso in cui si può pensare di fare del reverse mentoring: da una parte, le figure senior trasferiscono le proprie competenze e le esperienze maturate ai profili junior permettendo loro un approccio più immediato e immersivo verso le informazioni. Di fatto, diventano una vera e propria guida che grazie al rapporto di fiducia e prossimità supporta efficacemente l’orientamento e la crescita. Gli Junior dall’altra restituiscono competenze non solo in ambito digital, ma riguardo nuove modalità di comunicazione, grazie ad un approccio più fluido verso la diversità e la visione globalizzata del business.

Questo scambio permette una maggiore integrazione e favorisce la diffusione liquida di conoscenza ed esperienza attenuando il senso di competizione intergenerazionale in un’ottica di lifelong-learning.

La metodologia del reverse mentoring diventerà sempre più centrale perché rappresenta un efficace strumento interno per il re-skilling individuale e dell’organizzazione commerciale.

È facile immaginare quanto la gestione di sensibilità e competenze tanto diverse sia destinata a diventare un tema cruciale nel mondo del lavoro.

Quello che sappiamo è che ognuno ha bisogno delle competenze dell’altro: ci si completa a vicenda.

Per comporre questo complicato puzzle intergenerazionale non esiste una formula magica: serve la disponibilità a capire chi ci è di fronte e a riflettere sul fatto che ciascuno ha qualcosa da insegnare. Prima di tutto bisogna riconoscere e abbattere i pregiudizi: diamo per scontato che il nostro modo di vedere la realtà sia l’unico possibile o il più efficace e questo ci porta a volte a giudicare l’altro come un nemico.

Conclusioni

Si è rotto il tacito accordo in base al quale il giovane avrebbe senz’altro introdotto qualcosa di nuovo. Oggi chi ha 20 anni non vuole abbattere la generazione che lo ha proceduto e prenderne il posto, ma chiede a chi sta dall’altra parte di fornirgli una mappa del mondo in cui si muove, chiede istruzioni per l’uso perché ha bisogno di definire ciò che lo circonda. Per questo oggi non possono essere solo i giovani i portatori del cambiamento.

Non è più una questione di età (guardiamo a Papa Francesco o al presidente Mattarella ad esempio): i ventenni dal canto loro non sentono più l’obbligo generazionale di essere i protagonisti di un progetto di cambiamento, il cambiamento è una responsabilità da ripartire su tutte le generazioni.

Un ultimo sguardo ai giovani Alpha, ovvero i ragazzi delle scuole primarie e medie che saranno adolescenti alla fine del decennio. Su di loro l’impatto più forte di questi due anni di distanza sociale dovuta al contesto sanitario. È difficile fare previsioni, ma potrebbe diventare una generazione con una forte propensione alla leadership, attivista e ambiziosa con una diversa idea , più mobile, dei ruoli nel lavoro e nella famiglia.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

EU Stories - La coesione innova l'Italia

Tutti
Analisi
Video
Iniziative
Social
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia

Articoli correlati