A poche settimane dalla piena operatività del Regolamento UE n. 536/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, sulla sperimentazione clinica di medicinali per uso umano (“Regolamento” o “CTR”), le incertezze applicative sono ancora tante.
Oggi più che mai la cultura e l’attività della sperimentazione clinica hanno ricevuto un forte impulso per effetto della pandemia, portando l’attenzione sul mondo della ricerca scientifica anche ai non addetti ai lavori. Le prospettive di sviluppo della ricerca clinica sono in forte crescita, ma la necessità di una normazione chiara e della sua uniforme applicazione è sempre più evidente.
Sperimentazione clinica e privacy: perché è utile passare dal consenso al legittimo interesse
Il Regolamento
Il Regolamento ha visto la luce già nel 2014, con l’obbiettivo di armonizzare i processi di presentazione, valutazione e supervisione delle sperimentazioni cliniche nei paesi dell’Unione Europea, ma è divenuto efficace solo il 31 gennaio di quest’anno, all’esito del completamento e messa in funzionamento del Clinical Trial Information System (“CTIS”), il nuovo portale, che insieme alla banca dati UE, diventerà l’“unico punto di accesso per la presentazione dei dati e delle informazioni concernenti le sperimentazioni cliniche” (artt. 80 – 82, CTR).
In pratica, dal 31 gennaio scorso gli sponsor possono decidere se presentare le domande autorizzative alla sperimentazione nei paesi europei sulla base della nuova regolamentazione (un’unica domanda per un massimo di 30 Paesi dello Spazio economico europeo, di cui i 27 stati europei, oltre a Norvegia, Islanda e Liechtenstein), fermo restando che, nel periodo transitorio e fino al prossimo 31 gennaio 2023, le richieste presentate al di fuori del nuovo sistema saranno esaminate e valutate secondo la vecchia procedura; entro gennaio 2025 tutte le sperimentazioni in essere a quella data saranno comunque trasferite sotto il nuovo regime autorizzativo.
Con la messa a regime del CTIS il CTR dovrebbe rendere maggiormente attrattiva l’Europa come sede di nuove sperimentazioni cliniche, creando un ambiente favorevole allo sviluppo della ricerca nei singoli paesi europei attraverso l’omogeneizzazione delle regole che la sovraintendono. Tra l’altro, va ricordato che il Regolamento nasce nell’ambito dell’iniziativa “Accelerating Clinical Trials in the Eu” per effetto della collaborazione tra la Commissione europea, l’EMA (Agenzia europea per i medicinali) e l’HMA (Head of Medicine Agencies), con lo scopo di raggiungere gli obiettivi inclusi nella “Strategia farmaceutica europea e nella Strategia del network delle agenzie del farmaco europee”.
Lo status normativo della ricerca clinica in Italia
Non solo l’Europa si è presentata in forte ritardo nel rendere operativa tale normativa; anche l’Italia è rimasta indietro rispetto ad altri paesi europei per la mancata emanazione di alcuni decreti attuativi, necessari a consentire l’avvio e la gestione del nuovo processo autorizzativo e di cui alla Legge 11 gennaio 2018, n. 3 di adeguamento al Regolamento (“L. n. 3/2018” – Legge Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali, nonche’ disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute”).
In particolare, va ricordato che ad oggi i decreti istitutivi dei Comitati Etici territoriali e dei Comitati Etici a valenza nazionale non sono ancora stati adottati, ma è stato costituito presso l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) il Centro di coordinamento nazionale dei Comitati etici territoriali. Tale Centro ha il compito di garantire l’omogeneità delle procedure e del rispetto dei termini temporali, oltre allo svolgimento del coordinamento, indirizzo e monitoraggio delle attività di valutazione degli aspetti etici relativi alle sperimentazioni cliniche sui medicinali per uso umano e sui dispositivi medici demandate ai Comitati Etici territoriali.
Sono stati invece emessi sia il D. Lgs. 14 maggio 2019, n. 52 (“Attuazione della delega per il riassetto e la riforma della normativa in materia di sperimentazione clinica dei medicinali ad uso umano, ai sensi dell’articolo 1, commi 1 e 2, della legge 11 gennaio 2018, n. 3”) che il Decreto del Ministero della Salute del 30 novembre 2021 (in GU n.42 del 19 febbraio 2022), che includono disposizioni particolarmente rilevanti in merito alla valorizzazione delle sperimentazioni cliniche senza scopo di lucro, anche a basso livello di intervento, per le quali è consentita la cessione dei relativi dati, nonché dei risultati della sperimentazione a fini registrativi: in altre parole, il promotore o il cessionario, in caso di uso dei dati a fini registrativi, deve sostenere e rimborsare le spese dirette e indirette connesse alla sperimentazione, nonché corrispondere, a seguito dell’eventuale riqualificazione dello studio stesso come attività con scopo di lucro, le relative tariffe. Sono state altresì identificate le misure necessarie a facilitare e sostenere la realizzazione degli studi clinici senza scopo di lucro e degli studi osservazionali, nonché a individuare modalità di coordinamento tra i promotori, pubblici e privati, nell’ambito della medesima sperimentazione clinica o studio clinico, anche allo scopo di acquisire informazioni a seguito dell’immissione in commercio dei medicinali e di costituire il fondo per le sperimentazioni senza scopo di lucro.
L’efficienza del sistema Italia in ambito farmaceutico
Il ritardo normativo non è questione di poco conto: l’efficienza del Sistema Italia (non soltanto sotto il profilo dell’accesso dei pazienti a migliori e più innovative terapie, ma anche dal punto di vista del minor impatto dei costi sociali del sistema sanitario nazionale) è penalizzata anche dal fatto che il CTR, principalmente dedicato agli studi interventistici (con la nuova categoria dei “low-intervention clinical trial”), ma non a quelli osservazionali, presenta delle criticità rimesse alla determinazione dei singoli Stati membri, quali ad esempio la modalità di interazione con i Comitati Etici, la copertura assicurativa per gli studi profit e no-profit, la possibilità di remunerare o meno i pazienti per la perdita di guadagno per effetto della partecipazione ad un trial clinico (salvo l’eventuale rimborso spese), la necessità di armonizzare le normative in materia di consenso informato e protezione dei dati personali nei pazienti vulnerabili (categorie quali i minori, donne in gravidanza o in allattamento, soggetti incapaci, sperimentazioni svolte in condizioni di emergenza).
Manca, infine, anche un coordinamento con il Regolamento UE n. 2017/745 sui dispositivi medici, entrato in vigore il 26 maggio 2021 e contenente aspetti aventi impatto anche sulla ricerca clinica. Va sottolineato che il CTR ed il Regolamento (UE) 2017/745 sui dispositivi medici costituiscono le fondamenta normative sull’intera materia, anche a livello nazionale.
Insomma, pur riconoscendo i benefici effetti della normativa europea, sono ancora molti i chiarimenti che i player della comunità scientifica si attendono intorno al CTR, non soltanto sui temi relativi al funzionamento ed all’accesso al portale europeo, ma anche sul ruolo dei comitati etici e dei loro criteri di funzionamento; in particolare, la domanda che ci si pone è se l’emergenza Covid ed i previsti investimenti di cui al PNRR possano davvero rappresentare il booster necessario ad un sano e forte sviluppo del settore delle sperimentazioni cliniche in Italia.
Già anteriormente al 2014, la precedente Direttiva 2001/20/CE (ora abrogata) era stata considerata la causa (normativa) principale della relativa (in)capacità degli stati dell’Unione Europea di attrarre la conduzione di studi clinici, orientati al paziente, fortemente limitando la competitività europea ed in particolare di quella italiana (maggiore capacità attrattiva hanno avuto negli anni paesi come Danimarca, Estonia, Paesi Bassi o Belgio, con un numero di clinical trial per numero di abitanti maggiore rispetto a quello di altri e più grandi paesi europei).
È per tale motivo che il Regolamento si pone l’obiettivo di consentire che la singola ricerca scientifica possa coinvolgere il maggior numero di Stati Membri possibile, mediante un’unica autorizzazione ed un unico portale.
Il ruolo di AIFA nell’applicazione ed interpretazione del CTR
Utile rammentare che in Italia, per ovviare alla carenza dei decreti attuativi sopra menzionati, AIFA ha pubblicato una proposta operativa di gestione temporanea delle sperimentazioni secondo il nuovo Regolamento, che prevede la possibilità di presentare in Italia una domanda parziale di sperimentazione (cosiddetta “Parte I” del dossier, con relativa valutazione ed approvazione del protocollo sperimentale e dei documenti tecnici) e solo successivamente completare la cosiddetta “Parte II” (relativa agli aspetti etici), avviando la sperimentazione nazionale con una specifica modalità operativa transitoria. Quindi, fino all’entrata in vigore dei decreti per la riorganizzazione dei comitati etici territoriali, secondo l’impostazione proposta dall’AIFA, il comitato etico incaricato della valutazione della sperimentazione, in qualità di comitato etico unico nazionale, deve essere identificato tra i centri non coinvolti dalla medesima sperimentazione.
AIFA ha, altresì, avviato un servizio di assistenza volto a fornire chiarimenti ai quesiti di carattere nazionale relativi all’applicazione del nuovo Regolamento: il quesito può essere rivolto a reg.eu.sperimentazioni@aifa.gov.it.
Gli obiettivi del CTR
Gli scopi del Regolamento possono riassumersi in due direttive essenziali:
(i) garantire la sicurezza dei partecipanti a sperimentazioni cliniche
(ii) semplificare e velocizzare le procedure per l’ottenimento delle autorizzazioni.
In abrogazione della precedente direttiva EU n. 2001/20, i caposaldi del CTR si riassumono nel concetto della prevalenza dei diritti, della sicurezza, della dignità e del benessere dei pazienti partecipanti su ogni altro interesse, economico e non, degli altri stakeholder.
Il bilanciamento degli interessi economici dovrebbe raggiungersi garantendo agli sponsor e agli altri soggetti coinvolti (i) minore burocrazia negli adempimenti, grazie alla presentazione di un’unica domanda di autorizzazione, indipendentemente dal luogo in cui si svolga la sperimentazione all’interno dell’UE e (ii) minori tempi autorizzativi (60 giorni) e adozione del principio del consenso tacito in mancanza di una decisione entro detto termine.
Le sperimentazioni cliniche sono soggette a una revisione scientifica ed etica, effettuata per il tramite di un comitato etico conformemente al diritto del paese dell’UE interessato e compatibilmente con la procedura per la valutazione della domanda di autorizzazione. Viene confermata e rinnovata la necessità che i pazienti (prima dell’avvio della sperimentazione) ricevano informazioni chiare sui loro diritti (compreso il diritto di ritirarsi dallo studio), le condizioni, la durata, la natura, gli obiettivi, le implicazioni, i rischi e gli inconvenienti della sperimentazione, i possibili trattamenti alternativi, nonché informazioni sul sistema di risarcimento danni. L’Agenzia europea per i medicinali garantirà la raccolta e l’accesso alle informazioni relative a tutte le sperimentazioni cliniche nell’UE, indipendentemente dal loro esito, tramite la creazione ed il mantenimento di un’apposita banca dati.
Il portale unico e la banca dati faciliteranno la comunicazione tra sperimentatori e promotori, consentendo altresì l’accesso a precedenti domande di autorizzazione di specifiche sperimentazioni e loro modifiche, in piena trasparenza e collaborazione delle autorità e degli stakeholder.
La tutela dei partecipanti
La sicurezza dei partecipanti alle sperimentazioni è sicuramente uno dei temi più sentiti nell’ambito del Regolamento e precisamente:
(i) per tutte le sperimentazioni cliniche è necessario il vaglio preventivo da parte di un comitato etico, che condurrà la sua analisi in conformità alla legislazione dello Stato Membro interessato, con il compito di garantire l’allineamento tra la tempistica e le procedure di revisione da parte del comitato etico e quelle di valutazione della domanda di autorizzazione;
(ii) la sperimentazione clinica può essere svolta solo se, i benefici previsti, per i soggetti o la salute pubblica, giustificano i rischi e gli inconvenienti prevedibili per coloro che vengono arruolati nello studio; a questo proposito, lo studio deve essere disegnato in modo da causare il minor dolore, disagio, paura possibili a tutti i soggetti che ne fanno parte e, in ogni caso
(iii) il soggetto o, qualora egli stesso non sia in grado di farlo, il suo rappresentante legale, deve aver fornito il proprio consenso informato allo studio. Il consenso comporta, in ogni caso il rispetto dei diritti all’integrità fisica e mentale dei soggetti, il diritto alla loro vita privata ed alla protezione dei dati che li riguardano. Il consenso alla partecipazione allo studio può essere revocato in ogni momento, senza alcuna conseguenza per il paziente.
Il consenso informato: tra CTR e GDPR
Infine, il Regolamento stabilisce che il consenso informato deve essere scritto, datato e firmato dalla persona che tiene il colloquio e dal soggetto o, qualora questi non sia in grado di fornirlo, dal suo rappresentante legale. Ai medesimi deve essere concesso un periodo di tempo adeguato a valutare la decisione di partecipare alla sperimentazione o meno. Se il soggetto, inoltre, non è in grado di scrivere, il consenso può essere fornito e registrato mediante appositi strumenti alternativi, alla presenza di almeno un testimone imparziale, che appone la propria firma e la data sul documento di consenso informato.
Come abbiamo già avuto modo di argomentare in un nostro recente articolo, il consenso informato non va confuso con il consenso come base giuridica per il trattamento dei dati personali in conformità al Regolamento generale sulla protezione dei dati personali (“GDPR”): il consenso informato nell’ambito delle sperimentazioni cliniche rappresenta criterio etico e obbligo procedurale, quale condicio fondamentale in base alla quale un soggetto può essere incluso in una sperimentazione.
Questo non è certamente l’unico tema che evidenzia una contrapposizione di “spirito” tra CTR e GDPR. Basti pensare che secondo il CTR la trasparenza dei risultati della ricerca clinica è un fattore chiave da considerare, anche nei confronti dei pazienti. Se da una parte l’accesso ai dati del paziente è requisito prioritario per la divulgazione dei risultati (ed il successivo sviluppo commerciale dei prodotti farmaceutici), dall’altra si pone la questione del necessario bilanciamento con le norme dettate dal GDPR in tema di privacy, che dovrebbero proteggere la riservatezza dei dati del paziente (secondo la prospettiva scientifica) solo e nella misura in cui non vengano pregiudicati i diritti dei pazienti alla trasparenza dei risultati della ricerca medesima. Inoltre, lo stesso concetto di ‘one-time consent’ espresso nel CTR (ed il riferimento al c.d. “secondary use” dei dati dei pazienti ottenuti da una specifica ricerca), crea non poca contrapposizione con le tutele fornite dal GDPR.
Lo scontro/incontro con il GDPR provoca un elevato numero di dubbi applicativi (di ancor più difficile soluzione se si tengono in considerazione anche le normative privacy locali dei singoli paesi EU ed extra-EU): sulla scelta della base giuridica più adeguata per il trattamento dei dati personali nell’ambito di una sperimentazione clinica; sull’applicazione delle norme relative al trasferimento dei dati extra-EU, qualora si tratti di studi che coinvolgono centri clinici situati non solo in Europa, ma anche al di fuori; sulla identificazione dei criteri di valutazione dei rischi del trattamento e la necessità o meno di effettuare un Data Privacy Impact Assessment; sull’attenta redazione dei frame contrattuali e dei connessi Data Processing Agreement, con la precisa – non facile – necessità di identificare i ruoli privacy dei soggetti coinvolti (Sponsor, CRO, comitati etici, centri clinici, quali titolari autonomi/ responsabili / contitolari) e le relative obbligazioni; sull’identificazione delle misure tecniche ed organizzative più adeguate a garantire la riservatezza dei dati trattati.
Conclusioni
La ricerca clinica costituisce uno dei settori più importanti per lo sviluppo e la crescita economica e sociale di un paese, direttamente correlata alla maggiore disponibilità di alternative terapeutiche e all’accesso ai farmaci innovativi. A fronte di un mondo messo sotto scacco dal Covid-19, ci sembra fondamentale fare in modo che il valore della sperimentazione clinica sia percepito e considerato in modo attento non solo dalle autorità, ma anche e soprattutto dai cittadini e che il CTR sia considerato come un chiaro segnale a supporto dello sviluppo della ricerca, anche italiana, nel pieno rispetto dei diritti e delle salvaguardie del paziente.