È un bilancio in chiarioscuro quello che Alessandro Musumeci, presidente del Cdti (Club Dirigenti Tecnologie dell’Informazione) di Roma, traccia in materia di Agenda digitale a poco più di un anno dall’insediamento del governo Renzi. “Trattandosi di un Governo che nelle dichiarazioni programmatiche aveva puntato molto sul digitale, usando argomenti di comunicazione politica da ‘nativi digitali’, ci aspettavamo maggiori risultati per i cittadini e per le aziende e i professionisti dell’innovazione, ben rappresentati dagli oltre 400 soci del Cdti di Roma, che sono una selezione del mondo della domanda e dell’offerta e un interlocutore “no profit” per chiunque vuole gestire l’innovazione Ict in Italia. L’auspicio è che si possa strutturare meglio il progetto di trasformazione del Paese, dando continuità ai lavori impostati negli anni precedenti ed utilizzando meglio la grandissima competenza, managerialità ed imprenditorialità che il sistema Ict italiano può offrire”.
Secondo Musumeci sul fronte dell’infrastrutturazione a banda ultralarga “siamo sulla strada giusta”, mentre in materia di alfabetizzazione digitale e digitalizzazione della PA “c’è ancora molta strada da fare ed è necessario un impegno maggiore da parte del Governo”. E il governo – auspica il presidente del Cdti di Roma dovrà intervenire nuovamente anche sul tema governance: “Sulla vicenda si è tornati più volte – non sempre linearmente e senza contraddizioni – decidendo alla fine di assegnare le competenze dell’Agenda Digitale al Ministro Marianna Madia. Accentrare un Dipartimento ad hoc sul digitale in seno alla Presidenza del Consiglio sarebbe sicuramente un bel segnale per superare incongruenze e resistenze da parte dei vari Ministeri. È importante però che non si ricominci daccapo a ridefinire ruoli, responsabilità, competenze del nuovo Dipartimento, ma si valorizzi il lavoro già fatto dall’Agid, in modo da velocizzare con tale provvedimento i tempi di implementazione dell’Agenda digitale”.
Sono i problemi di indirizzo e di scelta a rappresentare però le maggiori criticità. “Servono persone capaci – dice Musumeci – che abbiano già realizzato progetti di rilievo sia nel settore della PA, centrale e locale, sia nelle aziende private, ad esempio nell’ambito della razionalizzazione dei Ced e nella migrazione dei sistemi informativi al cloud”. E serve anche “una decisa azione di monitoraggio e project control, identificando obiettivi intermedi da qui al 2020 e verificando periodicamente la rispondenza tra i risultati attesi e quelli effettivi”. Controproducente un eventuale cambio di rotta: “Sarebbe controproducente cambiare le priorità fissate fino ad ora. Il problema non sono a nostro avviso le priorità, che sono tutte condivisibili, ma le azioni concrete: bisogna abituarsi a portare a termine ciò che si comincia”.
Accanto alle tre priorità della Commissione Caio (Anagrafe digitale, Identità digitale e Fatturazione elettronica) in parte già avviate con i decreti Spid (per cui sono attese le norme attuative entro metà anno) è molto importante – evidenzia Musumeci – spingere sull’infrastrutturazione a banda ultralarga del Paese, l’alfabetizzazione digitale, la digitalizzazione dei rapporti tra cittadino e PA, il sostegno alle Pmi. Inoltre è necessario – puntualizza sempre il presidente del Cdti capitolino – sostenere l’applicazione di framework di riferimento internazionali “per sensibilizzare e formare le amministrazioni all’uso e interscambio dei dati di elevata qualità” ed agevolare normativamente l’integrazione dei sistemi informativi pubblici “spesso realizzati in passato con una logica verticale e non orientati alla condivisione e interoperabilità orizzontale”.
Per eliminare duplicazioni e ridondanze bisognerebbe “incentivare un nuovo rapporto di trattamento dei dati da Stato, Regioni e Enti locali in modo da velocizzare i processi burocratici e contribuire alla riduzione di costi in un’ottica di spending review”.
Per quanto riguarda nello specifico il Piano banda ultralarga “la rete è un prerequisito essenziale per poter sfruttare opportunamente le potenzialità di internet e stimolare la crescita nel paradigma dell’economia digitale, ma il successo della strategia è però legato all’evoluzione della domanda di servizi internet, oltre al livello di alfabetizzazione digitale della PA, dei cittadini e delle imprese”. Ecco perché visto il ritardo italiano nell’utilizzo di sistemi online nella PA “è necessario investire su piani di alfabetizzazione e di incentivazione all’uso di sistemi Ict, anche con la collaborazione delle parti sociali per aiutare le persone, soprattutto quelle più svantaggiate, ad utilizzare ad esempio sistemi innovativi di telemedicina che sono previsti nell’azione di Governo e nel Piano di Crescita Digitale”.
Da parte sua Cdti “è pronta a dare il proprio contributo in quanto associazione che aggrega i professionisti dell’innovazione.