L'analisi

Appalti pubblici, le regole antimafia: controllo giudiziario, contradditorio e ruolo del prefetto, cosa cambia

Le norme antimafia contenute negli articoli dal 47 al 49-bis del D.L. 152 del 2021, alla luce della conversione in Legge numero 233 del 2021, apportano modifiche e integrazioni al Codice antimafia: vediamo in cosa consistono

Pubblicato il 28 Mar 2022

Enrico Attili

Avvocato, Founder e-Law Studio Legale

Partenariato Pubblico Privato

Il Decreto Legge 6 novembre 2021, numero 152 convertito con modificazioni, in Legge 29 dicembre 2021, numero 233), recante “Disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose”, ha destato l’attenzione degli addetti ai lavori sotto molteplici profili. Ora si attende l’applicazione pratica di istituti senza dubbio interessanti, che al momento appaiono caratterizzati da una ben precisa presa di coscienza del legislatore, non solo al fine di garantire uno snellimento dei procedimenti amministrativi, ma anche in ordine alla necessità di mitigare la portata delle misure antimafia, ove necessario attraverso un opportuno (e rafforzato) contraddittorio con i soggetti interessati: una manifestazione di fiducia che, ci si sente di concludere, non deve essere sprecata.

Con il presente contributo ci si propone di esaminare le principali novità della disciplina contenuta nel Capo I del Titolo IV (artt. da 47 a 49-bis), che ha apportato modifiche al D.lgs. 6 settembre 2011 n. 159 (c.d. Codice antimafia). La disamina segue l’ordine sistematico delle norme adottato dal Decreto Legge, accompagnate da alcune riflessioni critiche, necessariamente preliminari anche in considerazione della novità della disciplina.

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Il controllo giudiziario delle aziende

L’articolo 47 riguarda l’amministrazione giudiziaria e il controllo giudiziario delle aziende. La norma interviene sull’art. 34-bis del D.lgs. n. 159/2011, che già disciplinava l’applicazione dell’istituto del controllo giudiziario alle aziende rispetto alle quali, ai sensi del comma 1 dell’art. 34 del medesimo Codice antimafia, il condizionamento indebito previsto dalla norma fosse stato solo occasionale (c.d. “agevolazione occasionale”).

Il legislatore, innanzi tutto, ha avuto cura di coordinare il disposto del comma 1 dell’art. 34-bis in esame con il neo introdotto (sempre ad opera del D.L. n. 152/2021) art. 94-bis del Codice antimafia, che a sua volta disciplina le misure amministrative di prevenzione collaborativa applicabili in ipotesi di “agevolazione occasionale”. In particolare, si precisa come il tribunale possa valutare se, in sostituzione delle già applicate misure ex art. 94-bis, possa adottarsi il meno “invadente” provvedimento di cui al comma 2, lett. b), dell’art. 34-bis: ovvero, la nomina di un amministratore giudiziario, che riferisca al (parimenti nominato) giudice delegato ed al pubblico ministero, su base almeno bimestrale, gli esiti dell’attività di controllo espletata.

Il comma 6 dell’art. 34-bis è stato invece integrato in riferimento alla richiesta di applicazione del controllo giudiziario di cui alla lett. b), comma 2, del medesimo articolo (di cui si è detto pocanzi), da parte delle imprese destinatarie di un’informazione antimafia interdittiva ai sensi dell’art. 84, comma 4 (sempre) del Codice antimafia, che abbiano impugnato il relativo provvedimento del prefetto. In tal caso, il tribunale competente per le misure di prevenzione dovrà decidere previa consultazione (non solo del procuratore distrettuale e degli altri soggetti interessati, ma anche) del prefetto che ha adottato l’informazione antimafia interdittiva.

Infine, vi è stata una radicale riscrittura del comma 7 dell’art. 34-bis, in riferimento agli effetti del provvedimento che dispone l’amministrazione giudiziaria ex art. 34, ovvero il controllo giudiziario ai sensi dell’art. 34-bis. Nella formulazione antecedente, il comma 7 si limitava a prevedere la sospensione degli “Effetti delle informazioni del prefetto” (questa la rubrica della norma) di cui all’art. 94 del Codice antimafia.

Cosa dice il comma 7

Il “nuovo” comma 7, invece, innanzi tutto dispone che il predetto provvedimento comporti la sospensione – oltre che degli effetti delle informazioni prefettizie ex art. 94 – anche del termine (a seconda dei casi, di trenta o di quarantacinque giorni) di cui all’art. 92, comma 2, del Codice antimafia, entro il quale il prefetto, al ricorrere dei presupposti di cui al comma 1 dello stesso art. 92, deve concludere le verifiche ed il procedimento preordinati al rilascio dell’informazione antimafia interdittiva.

Inoltre, si prevede la comunicazione del provvedimento (che dispone l’amministrazione giudiziaria o il controllo giudiziario), ad opera della cancelleria del tribunale, al prefetto della provincia ove ha sede legale l’impresa interessata, e ciò sia ai fini dell’aggiornamento della banca dati nazionale unica della documentazione antimafia, di cui all’art. 96 del Codice antimafia, sia ai fini dell’applicazione delle misure di cui all’art. 94-bis nei successivi cinque anni.

Cosa cambia

Nel complesso, anche dal punto di vista della tecnica legislativa, le modifiche ed integrazioni apportate all’art. 34-bis del D.lgs. n. 159/2011 si inseriscono nel solco degli ulteriori interventi operati sul Codice antimafia, con un inevitabile allineamento agli stessi, specie per quanto concerne il nuovo art. 94-bis. Nel merito, invece, le novità legislative sembrano porsi in un’ottica di maggiore tutela delle imprese interessate da condizionamenti indebiti, specie se nella forma “attenuata” della “agevolazione occasionale”, soprattutto per quanto concerne la ponderazione delle modalità applicative (e degli effetti) del controllo giudiziario.

Interdittiva antimafia, la disciplina del contraddittorio

L’articolo 48 riguarda il contraddittorio nel procedimento di rilascio dell’interdittiva antimafia. L’art. 48 del D.L. n. 152/2021 appare uno dei più interessanti del nuovo corpus normativo, anche considerato che incide su alcune norme cardine del D.lgs. n. 159/2011, ovvero gli artt. 92 e 93, rivisti in un’ottica maggiormente tutelante per i soggetti privati interessati dalla loro applicazione. L’art. 92 – principiando dalla modifica della rubrica, che da “Termini per il rilascio delle informazioni” diviene significativamente “Procedimento per il rilascio delle informazioni antimafia” – è innanzi tutto interessato da una integrale riscrittura del comma 2-bis, la cui formulazione previgente si limitava a specificare gli adempimenti procedimentali caratterizzanti l’informazione antimafia interdittiva e la loro scansione temporale: dalla comunicazione all’impresa ad opera del prefetto, alla verifica, sempre da parte di quest’ultimo, dei presupposti per l’applicazione delle misure specifiche di cui all’art. 32, comma 10, Decreto Legge 24 giugno 2014, n. 90 “Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari” (convertito in Legge 11 agosto 2014, n. 114), con successiva comunicazione, in caso di esito positivo di dette verifiche, alla presidenza ANAC.

L’attuale versione del comma 2-bis – si precisa, da leggere nel combinato disposto con i successivi commi 2-ter e 2-quater – invece, si caratterizza per l’introduzione, nel predetto procedimento, sebbene al ricorrere di situazioni specifiche, di un contraddittorio con l’impresa interessata. Infatti, in presenza dei presupposti di cui al comma 2 per l’adozione dell’informazione antimafia interdittiva, ovvero per applicare le misure di cui all’art. 94-bis del Codice antimafia, il prefetto, ove non ricorrano particolari esigenze di celerità del procedimento, ne dà tempestiva comunicazione al soggetto interessato, indicando gli elementi sintomatici dei tentativi di infiltrazione mafiosa ed assegnandogli un termine (non superiore a venti giorni) entro il quale può presentare osservazioni scritte e documentazione a corredo, ovvero chiedere di essere sentito in apposita audizione.

Resta inteso, ed opportunamente si precisa nella norma, che con la precedente comunicazione non possono disvelarsi all’interessato elementi idonei a pregiudicare procedimenti amministrativi o attività processuali in corso, ovvero l’esito di altri accertamenti finalizzati alla prevenzione delle infiltrazioni mafiose.

L’effetto sospensivo

La comunicazione in parola, inoltre, ha un effetto sospensivo del già esaminato termine ex art. 92, comma 2 (inerente il procedimento di rilascio dell’informazione antimafia interdittiva), per tutta la durata del contraddittorio, che deve obbligatoriamente concludersi entro sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione stessa. Tale disciplina, come anticipato, è stata integrata dai nuovi commi 2-ter e 2-quater, dedicati all’esito della procedura in contraddittorio introdotta dal comma 2-bis. In particolare (comma 2-ter), qualora al termine del contraddittorio con il soggetto verificato il prefetto non rilasci la c.d. informativa antimafia liberatoria, può decidere alternativamente di: applicare le misure ex art. 94-bis, qualora il tentativo di infiltrazione mafiosa venga ritenuto riconducibile ad una situazione di “agevolazione occasionale”; ovvero adottare l’informazione antimafia interdittiva, in caso di sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa di maggiore intensità. Entrambe dette misure sono fatte oggetto di comunicazione all’interessato.

La norma, analogamente alla precedente formulazione del comma 2-bis, dispone infine che, nella seconda ipotesi dell’adozione di una informazione interdittiva antimafia, il prefetto verifichi anche l’applicabilità delle misure di cui al D.L. n. 90/2014, informando la presidenza ANAC in caso di loro configurabilità.

Cosa succede durante le verifiche

Il comma 2-quater si occupa, invece, di anestetizzare gli effetti di eventuali comportamenti dell’impresa sottoposta a verifica durante il descritto contraddittorio. In particolare, se durante detto arco temporale si verificano il “…cambiamento di sede, di denominazione, della ragione o dell’oggetto sociale, della composizione degli organi di amministrazione, direzione e vigilanza, la sostituzione degli organi sociali, della rappresentanza legale della società nonché della titolarità delle imprese individuali ovvero delle quote societarie, il compimento di fusioni o altre trasformazioni o comunque qualsiasi variazione dell’assetto sociale, organizzativo, gestionale e patrimoniale delle società e imprese interessate dai tentativi di infiltrazione mafiosa…”, tali condotte, normalmente ascrivibili a fisiologiche dinamiche societarie, possono essere valutate quali indici a sostegno dell’adozione dell’informazione interdittiva antimafia.

Il ruolo del prefetto

L’art. 93 “Poteri di accesso e accertamento del prefetto” del D.lgs. n. 159/2011, a sua volta, è stato innovato al comma 7. La versione antecedente della norma prevedeva che il prefetto, ai fini del rilascio della informazione antimafia, nella misura in cui fosse ritenuto necessario poteva decidere di acquisire, in sede di audizione dei soggetti interessati, documenti e informazioni utili.

Il nuovo comma 7, coerentemente rispetto alle modifiche apportate all’art. 92 del Codice antimafia, perimetra invece, in certa misura, gli approfondimenti istruttori che il prefetto dovesse decidere di condurre. Si precisa, infatti, che in sede di audizione possano essere richiesti (ulteriori) informazioni e documenti solo ove “…non ricorrano particolari esigenze di celerità del procedimento ovvero esigenze di tutela di informazioni che, se disvelate, siano suscettibili di pregiudicare procedimenti amministrativi o attività processuali in corso, ovvero l’esito di altri procedimenti amministrativi finalizzati alla prevenzione delle infiltrazione mafiose…”.

Le modifiche apportate dal legislatore agli artt. 92 e 93 del Codice antimafia, la cui efficacia dovrà (potrà) per forza di cose essere valutata solo all’atto della loro applicazione pratica, appare innanzi tutto connotata dall’apprezzabile intento di garantire che, eventuali misure antimafia, vengano adottate all’esito di un effettivo contraddittorio con l’operatore economico interessato. Tanto più che l’esigenza del contraddittorio non viene acriticamente introdotta come inscalfibile principio, ma appare limitata ai casi in cui non vi siano specifiche ragioni di urgenza nell’adozione di misure antimafia, ed inoltre risulta disciplinata in modo da tutelare le esigenze e gli scopi sottesi a diversi procedimenti pendenti. Rispetto a tale impianto, peraltro, appare opportuno definire quanto prima la nozione di “esigenze di celerità del procedimento”, richiamata da entrambe le norme esaminate quale presupposto che consente di bypassare il contraddittorio procedimentale di cui si è dato conto.

Resta inoltre da verificare se la nuova disciplina garantisca anche la comprensibile esigenza di celerità dei procedimenti amministrativi nei quali si innesta. Infatti, una maggiore ponderazione nell’adozione di misure antimafia, evita strascichi giudiziali nella misura in cui si accolgano (in tutto o in parte) le ragioni del “verificato”. Al contrario, ove il contraddittorio sfoci in una contestazione giudiziale, detto scopo non potrebbe dirsi compiutamente raggiunto: anche se, per il vero, il nuovo corpus normativo deve anche coordinarsi con la disciplina specifica di “accelerazione” procedimentale, in specie sub art. 3 del Decreto Legge 16 luglio 2020, n. 76 “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale” (convertito in Legge 11 settembre 2020, n. 120).

Documentazione antimafia

L’articolo 48 bis tratta di “Ulteriori disposizioni in materia di documentazione antimafia”. L’art. 48-bis del D.L. n. 152/2021 interviene sul disposto dell’art. 83, comma 3-bis, e dell’art. 91, comma 1-bis, del D.lgs. n. 159/2011, in entrambi i casi con scopo e modalità analoghi. L’art. 83, in particolare, specifica i soggetti pubblici (ovvero i soggetti a questi equiparati) che “… devono acquisire la documentazione antimafia di cui all’articolo 84 prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell’articolo 67…”.

In tale contesto, il comma 3-bis richiede la riferita documentazione anche in alcune peculiari ipotesi di concessione di terreni agricoli e zootecnici demaniali, oltre che per “… i terreni agricoli, a qualunque titolo acquisiti…”, che usufruiscono di fondi europei o di fondi statali rispettivamente superiori a 25.000 euro (dunque con innalzamento della soglia precedente, qui collocandosi la modifica legislativa, pari a 5.000 euro) ed a 5.000 euro (dunque con soglia immutata rispetto alla formulazione antecedente).

L’art. 91, a sua volta, al comma 1-bis specifica le soglie di valore oltre le quali l’informazione antimafia di cui all’art. 84, comma 3, del Codice antimafia, deve essere acquisita dai soggetti (pubblici o a questi equiparati) ivi indicati, prima di stipulare, approvare o autorizzare contratti o subcontratti, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell’art. 67 del Codice antimafia.

Il comma 1-bis, al riguardo, analogamente a quanto visto per l’art. 83, specifica che l’informazione antimafia è sempre richiesta per la concessione di terreni agricoli demaniali e per l’acquisizione a qualsiasi titolo di terreni agricoli che beneficino di fondi europei superiori a 25.000 euro. In buona sostanza, mentre in presenza di concessioni ed acquisizioni di terreni agricoli che fruiscono di fondi statali la soglia (particolarmente bassa) di detti fondi fa scattare praticamene sempre gli obblighi ed adempimenti contemplati dalle norme esaminate, in presenza di fondi europei si ammette una (sebbene non decisiva) maggiore flessibilità ai fini della “circolazione” di tale peculiare categoria di terreni.

La prevenzione collaborativa

La norma introduce nel Codice antimafia l’art. 94-bis, sotto la rubrica “Misure amministrative di prevenzione collaborativa applicabili in caso di agevolazione occasionale”. In particolare, in presenza di tentativi di infiltrazione mafiosa riconducibili a situazioni di agevolazione occasionale, il prefetto prescrive all’impresa “… per un periodo non inferiore a sei mesi e non superiore a dodici mesi …” l’adozione (alternativa o cumulativa) delle misure elencate nelle lettere da a) ad e) del comma 1. Tali misure, annotate in un’apposita sezione della banca dati di cui all’art. 96 del Codice antimafia, nonché comunicate dal prefetto alla cancelleria del tribunale competente per l’applicazione delle misure di prevenzione (comma 5), contemplano: l’adozione di efficaci misure organizzative ai sensi del D.lgs. n. 231/2001, per rimuovere o evitare il ripetersi di detti condizionamenti (lett. a); l’invio di comunicazioni di varia natura sull’attività societaria (ad esempio concernenti pagamenti, incarichi professionali, finanziamenti) al gruppo interforze istituito presso la prefettura competente (lett. b, c, d); l’utilizzo di un conto corrente dedicato (anche in via non esclusiva), per gli atti di pagamento e riscossione di cui alla lettera b) della norma, nonché per i finanziamenti di cui alla lettera c), ferma l’applicazione dell’art. 3, comma 2, Legge n. 136/2010 per i pagamenti ivi elencati (lett. e).

Ai fini dell’attuazione delle misure indicate al comma 1 il prefetto può nominare un team di esperti, con oneri a carico dell’impresa attenzionata (comma 2): sulla portata di tale norma si tornerà in chiusura di commento. Le misure applicate cessano di essere applicate ove il tribunale competente disponga il controllo giudiziario di cui all’art. 34-bis, comma 2, lett. b) del Codice antimafia, la cui durata può essere determinata anche in base alla precedente estensione temporale delle misure stesse (comma 3). Inoltre, ove alla scadenza del termine di efficacia delle misure in parola il prefetto riscontri il venir meno dell’agevolazione occasionale e l’assenza di altri tentativi di infiltrazione mafiosa, rilascia un’informazione antimafia liberatoria ed effettua le conseguenti iscrizioni nella banca dati nazionale unica della documentazione antimafia (comma 4).

Le modalità applicative

L’art. 49 del D.L. n. 152/2021, infine, a margine dell’introduzione dell’art. 94-bis nel Codice antimafia, inserisce due norme al fine di chiarirne le modalità applicative. Innanzi tutto, al comma 2 dispone che l’art. 94-bis si applica anche ai procedimenti amministrativi per i quali, alla data di entrata in vigore del Decreto Legge, è stato effettuato l’accesso alla banca dati nazionale unica della documentazione antimafia e non è stata ancora rilasciata l’informazione antimafia. Inoltre, al comma 2-bis precisa che le misure adottate ai sensi dei commi 1 e 2 dell’art. 94-bis possono essere in ogni momento revocate o modificate e non impediscono l’adozione dell’informativa antimafia interdittiva.

L’art. 94-bis del Codice antimafia contempla il monitoraggio dell’impresa interessata da un tentativo di infiltrazione mafiosa di natura meramente occasionale. Monitoraggio il cui esito positivo è condizionato al rispetto delle prescrizioni prefettizie, nell’alveo delle misure tipiche elencate al comma 1 della nuova norma. Nel merito, una nota critica ci si sente di indirizzarla alla disposizione secondo la quale, la nomina di un team di esperti di nomina prefettizia per l’attuazione delle misure in parola, di per sé comprensibile, comporta che i relativi oneri siano a carico dell’impresa sotto osservazione. Non è ben chiaro, infatti, lo scopo di tale previsione, in specie se sia orientata a colmare un deficit di know how, ovvero ad operare unicamente un risparmio di spesa pubblica, oppure (probabilmente) a perseguire entrambe le finalità. La prima ipotesi, anche in ragione della consistenza delle misure di cui trattasi, lascia qualche dubbio, salvo non si attenda una mole di adempimenti tali da rendere necessario un supporto; la seconda, invece, assomiglia ad una disposizione di tipo sanzionatorio.

Cambiamento della sede del soggetto sottoposto a verifica

L’art. 49-bis del D.L. n. 152/2021 rafforza, innanzi tutto, il disposto dell’art. 86 del D.lgs. n. 159/2011, dedicato alla validità temporale e ad alcune modalità di impiego della documentazione antimafia. Introducendo il comma 3-bis dispone, infatti, che i legali rappresentanti degli organismi societari debbano comunicare al prefetto ed ai soggetti di cui all’art. 83, commi 1 e 2, del Codice antimafia (i.e. soggetti pubblici o altri soggetti ad essi equiparati), nelle more dell’emanazione della documentazione antimafia, la modifica della sede dell’impresa: ciò, all’evidente fine di anestetizzare eventuali condotte elusive.

L’art. 87 del D.lgs. n. 159/2011 infine, inerente il rilascio delle comunicazioni antimafia, analogamente all’art. 86 è integrato con l’inserimento del comma 2-bis, in una verosimile ottica di continuità (dunque di efficacia) nell’esercizio, da parte del prefetto, delle competenze allo stesso conferite per gli scopi della norma: si prevede, infatti, che il cambiamento della sede legale (o secondaria con rappresentanza) dell’impresa verificata, successivo alla richiesta della pubblica amministrazione interessata, non comporta il mutamento della competenza del prefetto cui spetta il rilascio della comunicazione antimafia.

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