guerra e propaganda

La disinformazione come arma politica: dall’AIDS al Donbas, così la Russia “pilota” il dibattito

In Russia, la disinformazione ha un’importanza tale che essa era gestite dal Dipartimento A del Primo Direttorato Centrale del KGB e posta sotto il comando di un Generale. Le campagne più famose e le strategie di Mosca per definire gli orientamenti dell’opinione pubblica e influenzare le scelte politiche dei governi

Pubblicato il 25 Mar 2022

Marco Di Liddo

Senior Analyst CeSI

guerra ucraina ue

Ad inizio anni 90, prima la Guerra del Golfo e immediatamente dopo la Guerra in Jugoslavia furono i primi due conflitti raccontati interamente dalla televisione. Attraverso il tubo catodico, le scene dei pozzi petroliferi in fiamme nel Kuwait, il bombardamento statunitense di Baghdad, i carri armati sloveni a pochi metri dal valico di Casa Rossa a Gorizia e gli attacchi serbi contro i bosniaci entrarono nelle case dei telespettatori di tutto il mondo, influenzando per sempre la percezione, la consapevolezza ed il dibattito del grande pubblico sulla guerra.

Tali cambiamenti hanno inevitabilmente influenzato anche il rapporto tra politica e guerra, consentendo alle diverse opinioni pubbliche di avere un flusso di informazioni più denso e dettagliato sugli eventi e, di conseguenza, velocizzando la formazione delle idee su come i rispettivi governi avrebbero dovuto gestire il conflitto.

Guerra in Ucraina, è la prima social war: ecco il nuovo terreno di conquista

Conflitto russo-ucraino: una guerra (anche) di informazione

Con il 2022 e lo scoppio della guerra tra Russia ed Ucraina, tale rivoluzione ha raggiunto il suo momento apicale. Infatti, la guerra in Ucraina è la prima raccontata “minuto per minuto” sui social media. Il primo conflittoi che ha permesso a combattenti sul campo, popolazione civile, esperti o semplici cittadini da tutt’altra parte del mondo di condividere articoli, video, documenti o semplici opinioni (più o meno avvalorate da dati e prove). La separazione tra cronista, inviato di guerra, appassionato di politica estera, curioso, istituzione pubblica e testimone diretto è venuta meno. Il concetto di “guerra tra la gente” dello stratega Carl von Clausewitz ha trovato la sua applicazione più radicale. Nello spazio virtuale e nell’ecosistema informativo dei social ogni utente interessato e partecipe, in maniera più o meno attiva, al conflitto in Ucraina è un attore parte della guerra.

I contenuti, infatti, contribuiscono a definire gli orientamenti dell’opinione pubblica e, di conseguenza, possono influenzare le scelte politiche dei governi. Alla luce di questa consapevolezza, gli Stati ed i leader politici, sia di Russia e Ucraina che del resto del mondo, sono impegnati nella più autentica delle guerre dell’informazione (o information warfare). Infatti, è bene ricordarlo, la comunicazione, tanto in tempo di pace quanto in tempo di guerra, è uno strumento di esercizio del potere da parte dello Stato al pari dell’economia, della diplomazia, della cultura e delle Forze Armate. Vincere la guerra dell’informazione, soprattutto nello spazio virtuale, può condizionare l’andamento di un conflitto ed il suo esito militare e, soprattutto, politico ben al di là dell’esito finale degli scontri sul campo.

Social, propaganda e disinformazione

La natura fluida e anarchica dell’ecosistema informativo dei social media può costituire un terreno fertile per la proliferazione di propaganda e disinformazione. Queste ultime assumono rilevanza politica quando diventano strumenti per alimentare precise narrative volte a modificare la percezione del pubblico sull’andamento del conflitto e sulle ragioni dell’una o dell’altra parte con l’obbiettivo finale di influenzare le scelte dei governi. Propaganda e disinformazione sono strumenti utilizzati da tutti i governi che perseguono precisi obbiettivi di politica estera ma, tradizionalmente, hanno avuto nell’esperienza sovietica e russa una collocazione dottrinale ben precisa.

I primi esperimenti di disinformazione e propaganda sovietica risalgono agli anni 20 del 1900, quando la Ceka (la “mamma” del futuro KGB, il servizio di intelligence e sicurezza sovietico) creò e diffuse falsi rapporti per screditare la diaspora filo-zarista e filo-repubblicana all’estero, soprattutto in Francia.

Negli anni 70 la disinformazione e la propaganda cominciarono a crescere in qualità, volumi ed intensità in coincidenza con la nomina di Yuri Andropov a presidente del KGB. Andropov era uno dei massimi sostenitori dell’importanza della “maskirovka” (camuffamento) e della “risposta indotta”, ossia della diffusione di notizie false in grado di confondere l’avversario e spingerlo a valutazioni errate. Per indurre tale errore e per bloccare il processo decisionale dell’avversario era indispensabile colpire la sua opinione pubblica e, quindi, il suo elettorato.

Le campagne di disinformazione e propaganda appartenevano al ventaglio delle cosiddette “misure attive”, vale a dire le attività di guerra politica (al pari di sabotaggi, omicidi, infiltrazione nell’apparato istituzionale dell’avversario ecc.) aventi lo scopo di modificare il corso di specifici eventi interni o internazionali. Per comprendere l’importanza delle misure attive e della disinformazione, basta pensare che esse erano gestite dal Dipartimento A del Primo Direttorato Centrale del KGB e poste sotto il comando di un Generale.

Le campagne di disinformazione sovietica più famose

Due delle campagne di disinformazione più famose orchestrate dai sovietici furono l’operazione “Infektion[1] (in collaborazione con la polizia segreta della Germania Est, la Stasi, che la chiamava operazione “Denver”) e l’operazione “Neptune” [2]. La prima, promossa a partire dal 1985, intendeva screditare gli Stati Uniti e fomentare il sentimento antiamericano nel mondo attraverso la diffusione della notizia falsa che il virus dell’AIDS / HIV era stato creato nell’ambito di un progetto di ricerca militare nei laboratori di Fort Detrick. La seconda, avviata nel 1964, intendeva screditare alcuni governi occidentali (in particolare quello della Germania Ovest) attraverso la notizia falsa che questi continuassero ad utilizzare ex-informatori nazisti nei Paesi dell’Europa orientale e non li avessero processati per i crimini commessi durante la Seconda Guerra Mondiale.

Con la fine della Guerra Fredda l’importanza della propaganda e della disinformazione come strumento politico non è diminuita. Anzi, con l’affermazione della dottrina “Gerasimov” o dottrina di guerra ibrida russa, la componente strategica della comunicazione è addirittura cresciuta. La differenza rispetto agli anni dell’Unione Sovietica risiede nell’adattamento all’evoluzione degli strumenti di comunicazione e ai mass media. In passato la diffusione della disinformazione era affidata a giornali, radio e televisioni, sia di Stato che “quinte colonne” occidentali, mentre oggi il ruolo dei social media è dominante.

Campagne di disinformazione sempre più pervasive

In passato era il KBG ad occuparsi di simili attività, mentre oggi sono il GRU (il servizio segreto militare russo) e l’SVR (il servizio di intelligence estera), oltre a società o gruppi di copertura, come la Internet Research Agency (IRA, la cosiddetta “troll farm) ed i gruppi hacker Fancy Bear e Cozy Bear[3].

Dal 2014, le campagne di disinformazione e propaganda russe sono state pervasive e profonde. Lo sforzo comunicativo del Cremlino ha molteplici obbiettivi: influenzare le elezioni statunitensi del 2016, nel tentativo di favorire la vittoria di Donald Trump, ritenuto un candidato migliore per gli interessi russi rispetto ad Hillary Clinton; influenzare le elezioni francesi del 2017 per favorire le forze di Marine Le Pen, screditare il governo ucraino, favorire la polarizzazione del dibattito pubblico europeo su pandemia e immigrazione. Il rapporto di Graphica “Secondary Infektion”[4] dimostra il tentativo di interferenza russo dati alla mano. Nello specifico, in 6 anni, dal 2014 al 2020, account social (prevalentemente su Twitter) riferibili alla regia di Mosca hanno condiviso oltre 2500 contenuti sugli argomenti citati, la maggior parte dei quali supportati da documenti e foto contraffatte o da bot che avevo il compito di aumentarne la viralità e la diffusione.

La guerra in Ucraina non ha fatto eccezione. Secondo NewsGuard, sarebbero circa 151 i siti che diffondono propaganda e disinformazione pro-russa[5]. I loro contenuti sono ripresi da migliaia di utenti su Twitter, Facebook, Instagram e TikTok. Ancora una volta, i topos narrativi più diffusi riguardano il presunto genocidio delle popolazioni russofone nel Donbas, la natura nazista del governo di Kiev, il ricorso ad attacchi indiscriminati contro la popolazione civile da parte delle Forze Armate ucraine ed infine ai missili della NATO puntati contro Mosca in caso di ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza Atlantica.

Conclusioni

Il debunking e la destrutturazione di queste narrative sono stati già fatti da commissioni indipendenti di organi internazionali (OSCE, Nazioni Unite ecc) o da team di giornalisti investigativi altamente qualificati (su tutti Bellingat) e questa non è la sede per procedere ad ulteriori approfondimenti sui casi specifici. La vera questione è quanto la disinformazione e la propaganda siano stati in grado di influenzare il dibattito europeo sulla guerra in Ucraina e quanto le opinioni pubbliche del Vecchio Continente sposino in tutto o in parte la narrativa e le ragioni russe. Al momento, non esistono abbastanza dati per misurare gli schieramenti, ma è sufficiente un rapido monitoraggio dell’ecosistema social italiano, per esempio, per comprendere quanti utenti siano davvero convinti che Kiev sia governata da elementi affini al Terzo Reich o che le popolazioni russofone del Donbas siano state a rischio di sterminio. Le stesse manifestazioni pubbliche nelle piazze italiane che condannavano sia l’aggressione russa che la NATO o che esprimevano solidarietà sia per il popolo ucraino che per il popolo del Donbas rappresentano già una piccola vittoria per la propaganda russa ed un segnale su come il nostro Paese possa essere l’anello debole della catena continentale da attaccare per indebolire la strategia e l’unità d’intenti europee nel rispondere all’aggressione di Mosca.

  1. “Operation “Denver”: KGB and Stasi Disinformation regarding AIDS”. https://www.wilsoncenter.org/blog-post/operation-denver-kgb-and-stasi-disinformation-regarding-aids
  2. “Uncovering Operation NEPTUN, the Cold War’s Most Daring Disinformation Campaign”. https://www.wired.com/story/uncovering-operation-neptun-the-cold-wars-most-daring-disinformation-campaign/
  3. “Russia’s Fancy Bear and Cozy Bear hacking groups are under the spotlight”. https://www.cnbc.com/2020/07/17/fancy-bear-cozy-bear-russia.html
  4. “Exposing Secondary Infektion”. https://secondaryinfektion.org/
  5. “Centro di monitoraggio della disinformazione sul conflitto Russia-Ucraina: oltre 150 siti pro-Putin e le false narrazioni più diffuse”. https://www.newsguardtech.com/it/special-reports/centro-di-monitoraggio-della-disinformazione-sul-conflitto-russia-ucraina-oltre-100-siti-pro-putin-e-le-10-false-narrazioni-piu-diffuse/

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