l'analisi

Crimini di guerra svelati con l’Open Source Intelligence: vantaggi e limiti

Malgrado fornisca una risposta veloce e flessibile, accorciando i processi burocratici di raccolta e valutazione nella ricerca Open Source Intelligence OSINT, tutto dipende dalla credibilità del processo e dei suoi risultati; quindi, da come vengono reperite le fonti. Ecco pro e contro

Pubblicato il 30 Mar 2022

Davide Agnello

Analyst, Hermes Bay

Valeria Rosati

Analyst, Hermes Bay

osint

L’open source intelligence trova un nuovo banco di prova nell’attuale guerra in Ucraina.

Persino con la promessa di poter provare crimini di guerra dell’esercito russo e di Vladimir Putin; tema ora al vaglio della Corte penale internazionale, che appunto sta cercando prove di questi crimini per poter condannare il premier russo. Ricordiamo che una prova può essere l’attacco deliberato a civili oppure l’uso di armi proibite.

Un punto di domanda sarà il ruolo che l’Osint potrà svolgere su questo campo.

Le prime scoperte Osint in Ucraina

Già prima dell’invasione, vari utenti sono venuti a conoscenza dell’imminente operazione delle truppe di Mosca. Infatti, guardando il flusso di traffico su Google Maps lungo la strada principale da Belgorod fino a Kharkiv, un gruppo di ricercatori dell’Istituto Middlebury di Studi Internazionali di Monterey ha visto apparire un assembramento di mezzi intorno alle 3:15 del mattino, ora di Kiev. Precedentemente, uno studente neolaureato di nome Steven De La Fuente aveva notato la presenza di carri armati, lanciamissili mobili e altri veicoli militari attraverso immagini ad alta risoluzione provenienti da un satellite commerciale capace di penetrare le nuvole e la nebbia utilizzando il radar.

Anche Alex McKeever, un ricercatore OSINT part-time per un gruppo siriano per i diritti umani di New York, ha verificato l’attendibilità di un video che mostrava un carro armato russo distrutto a Bucha, sobborgo a pochi chilometri da Kiev. In un post su Twitter ha spiegato come, attraverso il riscontro con immagini presenti su Google Maps e Google Earth, sia stato possibile identificare il luogo esatto dell’avvenimento.

La geolocalizzazione è solo uno dei metodi impiegati per chiarire cosa sta succedendo in Ucraina. Altri strumenti includono l’identificazione dei proiettili russi dai loro frammenti, la localizzazione dei convogli militari nelle immagini satellitari e il conteggio delle perdite delle attrezzature.

Le tecnologie Open Source e i “DIY tech movements”

Eliot Higgins, il fondatore del gruppo di giornalismo investigativo Bellingcat, è uno dei primi ricercatori ad aver impiegato la metodologia OSINT per comprovare l’uso di diverse armi non convenzionali in Siria dal 2012. Inizialmente Higgins ha ricercato immagini e filmati da centinaia di canali YouTube, feed Twitter e gruppi WhatsApp, rivelando resoconti accurati della guerra. Successivamente, molti dei suoi rapporti sono stati ripresi dai media e dai gruppi per i diritti umani. Specifici contributi sono giunti pure dalle indagini condotte dalle ONG Syrian Archive, C4ADS e Open Society Justice Initiative per quanto riguarda le catene di approvvigionamento delle armi chimiche impiegate contro la popolazione civile.

Sull’esperienza maturata nel conflitto siriano, Bellingcat ha seguito altri scenari di crisi formando un gruppo di volontari con lo scopo di indagare su possibili violazioni dei diritti umani. Oltre al vaglio del materiale presente sulla rete, il lavoro di questi investigatori consiste anche nel recarsi nei luoghi interessati dai combattimenti e nel raccogliere testimonianze dirette dai rifugiati.

L’Osint e l’affidabilità e la credibilità delle fonti

Bellingcat è anche in prima linea nell’OSINT in Ucraina. Una delle loro indagini ha rivelato l’uso di munizioni a grappolo, armi specificamente progettate per infliggere maggiori danni e vittime, su obiettivi non militari.

Se da una parte l’OSINT offre l’opportunità di accedere facilmente a informazioni potenzialmente utili nelle inchieste sui crimini internazionali, dall’altra è necessario affrontare una serie di considerazioni sull’affidabilità e la credibilità delle fonti quando si utilizzano questi contenuti nell’ambito di un’indagine penale.

Nel processo di raccolta della documentazione, un altro problema significativo è rappresentato dalla necessità di setacciare la grande quantità di materiale presente sulla rete al fine di presentare prove ammissibili in un procedimento giudiziario. A tal riguardo, nel 2020 è stato redatto il Protocollo di Berkley sulle Indagini Digitali in Fonti Aperte, scritto dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani in collaborazione con l’Università della California. Si tratta di un primo tentativo di creare un sistema per la selezione di dati presenti su internet. Secondo questo protocollo, coloro che svolgono indagini online dovrebbero creare un elenco di parole chiave rilevanti e visionare differenti motori di ricerca. Inoltre, gli investigatori dovrebbero superare eventuali parzialità sia personali sia degli algoritmi impiegati nella ricerca (Parte VI).

L’impiego di questa documentazione nelle indagini ha attirato varie polemiche da parte dell’opinione pubblica. Alcune organizzazioni che ne fanno uso ricevono infatti finanziamenti governativi e possono apparire come condizionate nel loro lavoro. Nell’OSINT, tutto dipende dalla credibilità del processo e dei suoi risultati, quindi da come vengono reperite le fonti. Malgrado ciò, è possibile che la ricerca in fonti aperte venga impiegata sempre di più in futuro per questo tipo di inchieste, dal momento che fornisce una risposta veloce e flessibile, accorciando i processi burocratici di raccolta e valutazione.

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