Industria culturale

Turismo videoludico: tutte le declinazioni di un potenziale inesplorato

Il turismo videoludico indotto, il turismo videoludico interno al videogioco e quello attorno al videogioco: la crescita del mercato italiano dei videogame impone una riflessione su come valorizzare il Bel Paese attraverso il gaming. Il caso Assassin’s Creed II

Pubblicato il 02 Giu 2022

Andrea Desseno

Presidente IVIPRO - Italian Videogame Program

turismo videoludico

Per comprendere la portata del turismo videoludico è bene fare riferimento a due tendenze ormai stabili e consolidate nel nostro Paese.

Da una parte, la crescita del mercato dei videogiochi, che si accompagna a una consapevolezza sempre maggiore del potenziale culturale e della ricchezza contenutistica del medium. Dall’altra l’idea, già sperimentata in ambito cinematografico, che il territorio possa essere valorizzato attraverso l’audiovisivo, con un beneficio considerevole sia in termini di impatto turistico che di conoscenza del patrimonio.

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Turismo videoludico: il caso Assassin’s Creed II

Il cineturismo è un concetto oggi più che rodato e a cui sono dedicati numerosi studi: numeri alla mano, sono stati rilevati significativi incrementi in termini di visitatori per luoghi che sono stati location di celebri film o serie tv.

Nel caso del cosiddetto turismo videoludico la bibliografia non è altrettanto ricca, né possiamo contare su analisi numeriche diffuse e approfondite, almeno per ora.

Emblematico è sicuramente il caso di Assassin’s Creed II, videogioco del 2009 ambientato nell’Italia rinascimentale, tra Venezia, Firenze, Monteriggioni, San Gimignano e Forlì.

Nell’agosto 2016, il Comune di Monteriggioni ha promosso un’indagine chiedendo a 500 turisti di compilare un questionario. L’11,4% ha risposto di aver conosciuto il borgo grazie al videogame. Si parla naturalmente di un grande blockbuster, ma ciò non significa che anche altre opere, magari più piccole o indipendenti, non possano dire la loro in termini di valorizzazione del territorio.

D’altronde, nel nostro Paese si videogioca, e pure molto. Nonostante l’allentamento delle restrizioni dovute alla pandemia, che avrebbe potuto portare a un rallentamento nei consumi, il mercato videoludico è cresciuto ulteriormente in Italia anche nel 2021: un +2,9% che arriva dopo il boom del 2020 (+21,9%).

In questo scenario, è chiaro che non si può sottovalutare l’impatto culturale del videogioco e di riflesso il potenziale turistico connesso all’uso di videogiochi ambientati in luoghi reali.

Le tre declinazioni del turismo videoludico

Prima di passare in rassegna le declinazioni del turismo videoludico, oltre che le sue implicazioni e le possibili prospettive, è doveroso sottolineare che nei videogame le meccaniche ludiche non possono mai prescindere dagli spazi virtuali.

Chi gioca si trova immerso all’interno di mondi che è (più o meno) libero di esplorare, che rappresentano spazi di manovra oltre che spazi emotivi, in cui è possibile sperimentare una certa libertà di approccio pur all’interno dei paletti imposti dall’autore.

Questa immersione, questo rapporto tra giocatore, avatar e mondo virtuale, non ha eguali all’interno di altri media ed è un tratto distintivo che si lega molto chiaramente al turismo videoludico, quantomeno a una delle sue declinazioni.

C’è infatti un turismo videoludico indotto, quello più vicino al cineturismo: chi gioca viene condotto alla scoperta dei luoghi reali rappresentati sullo schermo e decide di visitarli di persona.

C’è poi un turismo interno al videogioco, che si sviluppa durante l’esplorazione degli spazi virtuali. È una declinazione da non sottovalutare, perché in termini divulgativi può generare impatti considerevoli.

Infine, c’è il turismo intorno al videogioco, concepito attraverso eventi a tema – mostre, fiere, rievocazioni storiche– che inducono gli appassionati a visitare luoghi non necessariamente scenari di un videogioco, ma che di fatto ospitano eventi a tema videoludico.

Spesso queste declinazioni possono presentarsi in forma aggregata: il turismo “interno” e quello “indotto” vanno di frequente a braccetto; quello “intorno” gode di una propria autonomia, soprattutto nel caso di eventi dedicati a videogiochi slegati da luoghi reali.

Turismo videoludico: il ruolo dell’Italia nei videogiochi

I videogiochi ambientati in Italia o che hanno tratto spunto dal nostro territorio, oltre che dal nostro patrimonio culturale, sono numerosi. Si potrebbero fare molti esempi di singole opere o di serie che hanno scelto l’Italia come protagonista o come sfondo della propria narrazione, ma più che il dato quantitativo merita forse una riflessione il dato qualitativo. Le regioni più spesso rappresentate nei videogiochi già in commercio risultano prevedibilmente essere Lazio, Veneto e Toscana (con le opere che si concentrano altrettanto prevedibilmente intorno a Roma, Venezia e Firenze).

Una tendenza che certamente non sorprende, ancor più considerando che molti di questi videogame vengono realizzati al di fuori dei nostri confini e guardano all’Italia più tradizionalmente turistica, ma che dovrebbe far riflettere sull’importanza di dare in futuro sempre più spazio ad aree videoludicamente meno battute, per veicolare una conoscenza più approfondita e varia del Paese.

Non solo turismo: le potenzialità della divulgazione

Un altro tema su cui è opportuno soffermarsi riguarda l’altra faccia del turismo, ovvero la divulgazione. L’Italia ha un patrimonio di luoghi e storie che ben si presta a diventare spunto anche per i videogiochi: il potenziale è vasto e ancora tutto da esplorare. Non dimentichiamo, tuttavia, che accanto al turismo e all’impatto economico che esso può generare, esiste anche un tema divulgativo non per forza connesso alla visita in loco.

L’approccio ai “videogiochi per il territorio” può quindi andare sì nella direzione di incentivare il turismo, ma può anche prendere vie complementari: porre cioè l’aspetto divulgativo e di diffusione della cultura e della conoscenza al centro dell’esperienza. Il videogioco diventerebbe così stimolo per l’apprendimento e veicolo di nuove conoscenze legate al patrimonio culturale anche quando non trasforma chi gioca in turista.

Si potrebbe parlare di “risorsa” invece che di “strumento”: il videogioco che diventa una risorsa in più all’interno delle politiche culturali del Paese, al riparo da derive puramente strumentali che rischiano in alcuni casi di appiattirne il valore creativo.

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