social scoring

Ministeri e Comuni vogliono dare punti ai cittadini, ecco perché è gravissimo

Il Garante Privacy ha aperto tre istruttorie su altrettanti progetti di social scoring, che tanto ricordano la Cina. C’è dietro un’ansia di catalogazione e controllo del cittadino. Ossia la deriva della democrazia. Ora speriamo che il Garante sanzioni con forza

Pubblicato il 10 Giu 2022

Massimo Borgobello

Avvocato a Udine, co-founder dello Studio Legale Associato BCBLaw, PHD e DPO Certificato 11697:2017

italia cina

Il Garante per la protezione dei dati personali ha avviato tre istruttorie su altrettanti progetti di social scoring da parte di enti pubblici sui cittadini.

I rischi sono la profilazione indiscriminata e la connessione tra esercizio dei diritti e comportamenti considerati virtuosi.

La PA dà “punti” ai cittadini, pericolo privacy: il Garante apre tre istruttorie

Cittadinanza a punti made in Italy

Le istruttorie avviate dal Garante sono tre: una legata ad un progetto promosso dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, dal Ministero della transizione ecologica e dal Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, le altre promosse da due Comuni, Bologna e Fidenza.

La prima, sarebbe un’indagine “statistica a carattere sperimentale”, chiamata – nomen omen – “Progetto Pollicino”: il cittadino condivide i propri dati per consentire un’analisi della mobilità. Come contropartita per i dati – teoricamente anonimi – sono previsti “premi offerti dai partner privati del Progetto” (comunicato stampa del Garante del 8.6.2022).

Il comunicato stampa del Garante non riporta – generosamente – i nomi dei “partners privati”, forse per pudore o, forse per…privacy.

Sta di fatto che un’indagine pubblica viene condotta con modalità Pokemon-Go ed il Garante, correttamente, vuole indagare a fondo su una vicenda che può sia creare un precedente, sia determinare rischi concreti per gli utenti: per queste attività è sempre richiesta una valutazione d’impatto che raramente viene effettuata.

Il Comune di Bologna, per parte sua, ha avviato “l’iniziativa “smart citizen wallet” del Comune di Bologna, nell’ambito della quale è previsto che i cittadini possano aderire su base volontaria ad un sistema che consente di accumulare “crediti” all’interno del proprio “walletC (portafoglio), da spendere accedendo ad una serie di premi/incentivi messi a disposizione dal Comune e da partner accreditati” (comunicato stampa del Garante del 8.6.2022).

Ancora una volta, un soggetto pubblico chiede dati in cambio di premi forniti da privati, il cui vantaggio andrebbe a sua volta valutato: si tratta solo di una tecnica di marketing, o i dati sono accessibili anche ai partners?

Da ultimo, il Comune di Fidenza, ha avviato un progetto di scoring per l’edilizia popolare.

Per quanto possa rispondere a ragioni pratiche – sostenere il cittadino che “tratta meglio” i beni pubblici, la “carta dell’assegnatario” di Fidenza comporta implicazioni aberranti.

Dato che il “punteggio” è dato sia per riconoscere benefici che per determinare possibili sanzioni, è evidente il rischio di pregiudizio per le categorie più fragili.

Dei tre progetti, questo appare immediatamente il più borderline, perché incide su un diritto costituzionalmente tutelato dall’articolo 47 della Carta (“La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”) e da pronunce storiche della Corte costituzionale (“è doveroso da parte della collettività intera impedire che delle persone possano rimanere prive di abitazione”, sentenza 49 del 1987).

A parte il lato privacy, questa iniziativa di social scoring può determinare contenzioso amministrativo, a partire dalla liceità degli stessi criteri di assegnazione del punteggio.

Conclusioni

Bologna e Fidenza non sono la Cina o, almeno non dovrebbero esserlo.

Forse ragù e prosciutto di Parma dovrebbero essere tenuti in maggior conto: cercare di copiare modelli di vita da involtino primavera senza essere andati a scuola da Xi Jinping non sembra una buona idea.

Più in generale – per fortuna – il Parlamento europeo ha annunciato normative di divieto di introduzione del social scoring sul territorio dell’Unione (vedi articolo sotto).

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Questo perché il modello pavloviano cui questi sistemi si ispirano non può essere introdotto in democrazia senza snaturare l’idea stessa di libertà che fonda lo Stato democratico.

L’idea che dei soggetti privati possano offrire vantaggi alla cittadinanza attraverso progetti pubblici di cittadinanza a punti è solo apparentemente una scelta di amore civico: nasconde, invece, un’ansia di catalogazione e controllo del cittadino, con l’idea di migliorarne le qualità di vita attraverso la token economy.

Che la cittadinanza a punti impatti sulle case popolari, poi, è del tutto inaccettabile se non direttamente incostituzionale: l’edilizia popolare dovrebbe essere un presidio di decoro e civilizzazione del nostro Stato, e non un serbatoio per esperimenti sociali orwelliani.

L’iniziativa del Garante è stata sacrosanta e c’è da augurarsi che non proceda con i guanti di velluto, anzi: speriamo che l’istruttoria porti a sanzioni che facciano passare la voglia a chiunque di trasformare un Comune italiano in un Fattoria degli animali.

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