L'approfondimento

Principi ESG, quando un’azienda può dirsi sostenibile: criteri di valutazione e impatti

Misurare i valori legati ai principi ESG – Environmental, Social and Governance offre la possibilità di quantificare e qualificare i valori non economici nelle aziende, in linea con l’action plan della Commissione Europea pubblicato nel 2018 per supportare la crescita sostenibile

Aggiornato il 12 Mag 2023

Daniele Tumietto

Dottore commercialista

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Uno degli obiettivi della misurazione dei valori collegati ai principi ESG – Environmental, Social and Governance è quello di sviluppare una scala affidabile e valida per rilevare nuovi parametri basati su concetti e valori non economici per le aziende. Ricordiamo che nel marzo 2018 la Commissione Europea ha pubblicato l’Action Plan on Financing Sustainable Growth che rappresenta il piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile contenente diverse dimensioni specifiche che sono accompagnate da scadenze definite.

L’obiettivo della Commissione Europea è quello sviluppare e sostenere gli investimenti in progetti sostenibili che favoriscano l’integrazione dei criteri ambientali, sociali e di governance nella gestione dei rischi, tenendo in considerazione anche il fattore tempo. In questo scenario, è interessante anche approfondire uno studio del World Economic Forum sull’impatto dei principi ESG sulle PMI.

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Gli obiettivi dei principi ESG

In particolare, le azioni previste sono destinate a:

  1. orientare flussi finanziari verso investimenti sostenibili,
  2. gestire in modo più efficace i rischi finanziari che derivano dal cambiamento climatico, dal consumo di risorse, dal degrado ambientale e dalle disuguaglianze sociali,
  3. migliorare la trasparenza e incoraggiare un approccio di lungo periodo nelle attività finanziarie.

Tali azioni sono state accompagnate con la definizione di un piano di azione di finanziamento della crescita sostenibile attraverso l’attuazione dei seguenti punti:

  • introdurre una tassonomia europea per la finanza sostenibile, per la definizione e classificazione delle attività economiche sostenibili,
  • creare standard e certificazioni di qualità per i prodotti finanziari sostenibili, per garantirne la credibilità e rafforzare la fiducia degli investitori,
  • incrementare gli investimenti verso progetti sostenibili,
  • modificare le Direttive MiFID II e IDD e le linee guida ESMA sulla valutazione di adeguatezza dei prodotti, per garantire che le preferenze in materia di sostenibilità siano tenute in considerazione nella valutazione dell’adeguatezza,
  • rendere più trasparenti le metodologie adottate dagli index provider nella costruzione dei benchmark di sostenibilità, elaborando indici gli indici di riferimento,
  • stimolare l’integrazione dei criteri di sostenibilità ESG da parte delle società di rating e di ricerca di mercato,
  • introdurre i criteri di sostenibilità nella definizione di dovere fiduciario, che vincola gli investitori istituzionali ad agire nel migliore interesse dei beneficiari,
  • valutare una riduzione nei requisiti patrimoniali delle banche in relazione agli investimenti sostenibili in materia ambientale (c.d. “green supporting factor”), nel caso in cui i profili di rischio siano effettivamente inferiori,
  • migliorare qualità e trasparenza della rendicontazione non finanziaria delle imprese,
  • incoraggiare l’integrazione dei criteri ESG nel governo societario e attenuare la visione di breve periodo da parte dei mercati dei capitali.

Oltre a ciò è previsto:

  1. Un sistema di classificazione unificato a livello dell’UE (“tassonomia”): la Commissione europea ha definito i criteri armonizzati per stabilire se un’attività economica è ecosostenibile, inoltre ha individuato le attività che soddisfano questi criteri, tenendo conto delle pratiche e delle iniziative attuali del mercato per fare chiarezza sulle attività considerate ecosostenibili, per consentire agli operatori economici e agli investitori di prendere decisioni più informate.
  2. Obblighi degli investitori e adempimenti informativi, al fine di introdurre coerenza e chiarezza sulle modalità con cui gli investitori istituzionali integrano i fattori ESG nel loro processo decisionale. I gestori di patrimoni e gli investitori istituzionali dovrebbero inoltre dimostrare in che modo i loro investimenti si allineano con gli obiettivi ESG e rendere noto come adempiono agli obblighi previsti.
  3. Indici per investimenti a basso impatto di carbonio: lo scopo è creare una nuova categoria di indici, comprendente l’indice di basse emissioni di carbonio (cioè la versione “decarbonizzata” degli indici standard) e gli indici di impatto positivo in termini di carbonio. Questo nuovo standard di mercato dovrebbe riflettere l’impronta di carbonio delle imprese e fornire agli investitori maggiori informazioni sull’impatto di un determinato portafoglio di investimenti in termini di emissioni.
  4. Una migliore consulenza ai clienti in materia di sostenibilità, al fine di valutare come integrare in maniera efficace considerazioni d’ordine ambientale, sociale e di governance nella consulenza fornita dalle imprese di investimento e dai distributori di prodotti assicurativi ai singoli clienti.

Principi ESG, gli impatti sulle aziende

La fase dell’efficienza che arriva grazie al digitale (fare di più con meno) resta fondamentale e importantissima ed è legata al fatto che il digitale apre a nuove forme di trasformazione economica. Accelerazione non vuol dire solo fare le stesse cose in meno tempo e nemmeno dare maggiore potenza al motore per aumentare la velocità. L’efficienza da sola non basta per quel cambio di paradigma che si chiede ai processi di sostenibilità e all’ESG: parliamo di progetti basati direttamente o indirettamente sui 17 SDG (Sustainable Development Goals) delle Nazioni Unite, che portano nuovi modelli innovativi come la circular economy, come la remotizzazione, lo smart working.

Ma i cambiamenti di scenario sono accompagnati anche dalla necessità di individuare i seguenti aspetti:

  • rischi ambientali
  • rischi sociali
  • rischi di governance
  • possono comportare rischi economico-finanziari e attenzione a:
  • globalizzazione e rischi politici (guerra in Ucraina)

Occorre rivedere completamente il rapporto con le risorse, qualunque sia il tipo di azienda e il tipo di business nel quale è coinvolta, e vanno valutati tutti i rischi sopra menzionati per arrivare ad avere un’adeguata analisi delle minacce strategiche verso la continuità aziendale. Quest’ultimo aspetto è importantissimo nella vita delle imprese perché attraverso un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile l’azienda sostiene l’imprenditore fornendogli tutte le informazioni che gli permettono anche di implementare strategie di sostenibilità, da cui poi derivare la rendicontazione ESG.

I vantaggi della reportistica ESG sono rilevanti anche per l’accesso al credito, e si sta sviluppando anche un sistema di clienti responsabili che chiedono alle aziende maggior attenzione ai temi della sostenibilità ambientale, e non solo.

ESG, come si svolge l’analisi

Spesso l’imprenditore, quando sente parlare di ESG, si domanda:

  1. come introdurli?
  2. quali standard devo implementare?
  3. Dove e come posso reperire le informazioni che mi servono?

Per rispondere a queste domande deve essere sviluppato un percorso di informazione, poi seguito da una formazione specifica che porti tutta l’azienda a condividere la conoscenza dei principi ESG e, quindi, avviarne la loro implementazione con una consapevolezza che guidi al meglio la loro attivazione.

L’analisi preliminare deve passare da una chiara definizione della identità dell’organizzazione, che possa portare all’obiettivo di avere una relazione di sostenibilità, suddivisa in:

  • Relazione economica
  • Relazione sociale
  • Relazione ambientale

Questo si può ottenere solo con il coinvolgimento delle strutture dell’organizzazione, secondo un modello di gestione operativa articolato nelle fasi seguenti:

• formazione

• redazione

– pianificazione e programmazione,

– raccolta ed elaborazione dei dati e dei testi,

– pubblicazione e diffusione.

Vanno pertanto individuate le misure da implementare che, a titolo esemplificativo e non esaustivo, sono individuabili nelle seguenti.

Misure ambientali

  • Emissioni e cambiamento climatico:
  • Emissioni di CO2 – Scope 1
  • Emissioni di CO2 – Scope 2
  • Emissioni di CO2 – Scope 3
  • Obiettivi riduzione emissioni di CO2
  • Iniziative di riduzione emissioni di CO2
  • Policy interne per il cambiamento climatico
  • Consumo di energia
  • Consumo totale di energia
  • Consumo di energia da fonti rinnovabili
  • Obiettivi di miglioramento energetico
  • Acque e rifiuti
  • Prelievi idrici
  • Scarichi idrici
  • Rifiuti totali prodotti
  • Rifiuti pericolosi prodotti
  • Rifiuti riciclati
  • Politiche per l’ambiente
  • Politica di riduzione dei rifiuti
  • Politica ambientale
  • Politiche di riciclaggio dei rifiuti
  • Politiche di riutilizzo delle acque
  • Politiche di riutilizzo dell’energia
  • Supervisione ambientale

Misure di sostenibilità

  • Turnover del personale
  • Diversità di genere
  • Numero di dipendenti (totale)
  • Diversità di genere (totale)
  • Numero di dipendenti (full time)
  • Diversità di genere (full time)
  • Numero di dipendenti (part time)
  • Diversità di genere (part time)
  • Sicurezza e formazione
  • Tasso di infortuni
  • Politica per la formazione
  • Ore di formazione (totali e pro-capite
  • Salute, sicurezza e politiche sociali
  • Discriminazione di genere
  • Salute e sicurezza dei lavoratori
  • Lavoro minorile
  • Lavoro forzato
  • Diritti umani
  • Politiche contro la corruzione
  • Politiche per la protezione del cliente
  • Politiche per l’etica del business

Governance

  • Certificazioni
  • Diversità di genere del CDA
  • Percentuale di membri indipendenti
  • Incentivi e remunerazione legati a obiettivi ESG
  • Codice di condotta dei fornitori
  • Etica de business
  • Etica di reporting
  • Etica e anticorruzione
  • Privacy dei dati
  • Reporting di sostenibilità
  • Revisione documento di sostenibilità
  • Certificazioni e adesioni a protocolli
  • United Nations Global Compact
  • SDGs Obiettivi di Sostenibilità (ONU 2030)
  • ISO 14001
  • ISO 50001
  • ISO 45001
  • ISO 9001
  • ISO 26000
  • GRI Green Investment Ratio
  • CSRM Corporate Sustainability Reporting Manager
  • Proposta di direttiva. sui Green Claim e sul greenwashing nella comunicazione delle imprese

Come funziona la tassonomia UE

La tassonomia è stata sviluppata con l’obiettivo di aiutare imprese, stakeholder finanziari e enti pubblici ad individuare ciò che è realmente sostenibile secondo criteri oggettivi e ben definiti. Un’attività economica per essere definita “ambientalmente sostenibile” deve soddisfare i seguenti requisiti per contribuire in maniera significativa ad almeno uno degli obiettivi ambientali individuati dalla Commissione europea,

  • mitigazione dei cambiamenti climatici;
  • l’adattamento ai cambiamenti climatici;
  • l’uso sostenibile e la protezione delle acque e delle risorse marine;
  • la transizione a un’economia circolare, la prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti;
  • la prevenzione e il controllo, inclusi i fondi pensione, dovranno fornire informazioni riguardo l’attinenza dei prodotti che offrono alla Tassonomia, specificando in che misura gli investimenti sottostanti sono allineati alla tassonomia, espressa in percentuale dell’investimento, del fondo e del portafoglio.

La tassonomia genera una serie di vantaggi per tutte le imprese, in particolare per le PMI, in quanto:

  • anche le imprese che non sono obbligate a rendicontare aspetti ESG, se presenti nella catena di fornitura delle grandi imprese soggette ad obbligo, saranno coinvolte nel loro processo di rendicontazione e potrebbero essere richieste questo tipo di informazioni per qualificarsi nelle loro supply chain;
  • potranno intercettare importanti risorse pubbliche e private, messe in campo a livello europeo e nazionale, grazie agli strumenti finanziari ad hoc allineati alla tassonomia.

Pertanto è fondamentale l’utilizzo tassonomia per aiutare anche la ridefinizione dei modelli di business in modo che integrino realmente la sostenibilità, con particolare riferimento alla comunicazione con gli stakeholder.

I doveri delle aziende

Le imprese dovranno vigilare in tutte le fasi dei processi aziendale e su tutta la catena di fornitura. Per fare questo le aziende dovranno:

  • integrare la capacità di controllo nelle politiche aziendali;
  • individuare gli effetti negativi reali o potenziali sui diritti umani e sull’ambiente;
  • prevenire o attenuare gli effetti potenziali;
  • porre fine o ridurre al minimo gli effetti reali; istituire e mantenere una procedura di denuncia;
  • monitorare l’efficacia delle politiche e delle misure di dovuta diligenza;
  • dar conto pubblicamente del dovere di diligenza.

Più concretamente, tutelare i diritti umani previsti dalle convenzioni internazionali in modo più efficace, come la tutela dei lavoratori che devono avere accesso a condizioni di lavoro sicure e sane. Le imprese dovranno adottare misure adeguate, la cosiddetta obbligatorietà dei mezzi, tenendo conto della gravità e della probabilità dei diversi effetti, delle misure a disposizione in circostanze specifiche e della necessità di definire le priorità.

Inoltre, le imprese del primo gruppo dovranno disporre di un piano per garantire che la loro strategia commerciale sia compatibile con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 °C, in linea con l’accordo di Parigi. Le autorità nazionali dagli Stati membri saranno responsabili del controllo di queste nuove norme, ed avranno poteri sanzionatori in caso di inosservanza, mentre le vittime avranno la possibilità di intentare azioni legali per il risarcimento dei danni che avrebbero potuto essere evitati con adeguate misure di dovuta diligenza.

Per garantire che il dovere di diligenza diventi parte del funzionamento complessivo delle imprese, si dovranno coinvolgere gli amministratori e quindi essi avranno l’obbligo di istituire e controllare l’attuazione della dovuta diligenza e di integrarla nella strategia aziendale.

Environmental, Social and Governance per le PMI

Per quanto riguarda le PMI si può dire che esse si adattano al rapido cambiamento del panorama economico, come confermato in un recente studio del World Economic Forum che rileva che le difficoltà che incontrano nell’implementare soluzioni di sostenibilità, in realtà possono portare a nuove opportunità per le piccole e medie imprese. Lo studio evidenzia come le PMI possono sfruttare le loro dimensioni, le reti, le persone e la tecnologia per supportare:

  • la crescita sostenibile,
  • l’impatto sociale positivo,
  • una solida capacità di adattamento.

L’interesse fino ad ora si è concentrato principalmente su come le grandi aziende contribuiscono all’economia globale e agli obiettivi di sviluppo sostenibile, e le PMI sono state spesso trascurate nonostante siano i più importanti motori dell’attività economica, così come del progresso sociale e ambientale in tutto il mondo.

Proposta di direttiva. sui Green Claim e sul greenwashing nella comunicazione delle imprese

greenwashing nella comunicazione delle imprese

Le associazioni ambientaliste e di consumatori hanno definito come “occasione sprecata” la nuova Direttiva Green Claim annunciata dalla Commissione europea il 22 marzo 2023, sottolineando come la lotta al greenwashing e all’ambientalismo di facciata debba essere una priorità.

La Direttiva mira a concentrarsi su tutte le dichiarazioni green presenti nelle etichette dei prodotti e nelle pubblicità, imponendo alle aziende di fornire prove evidenti sulla fondatezza di tutte le affermazioni green, preoccutandosi di fatto anche delle informazioni relative all’economia circolare.

Per comprendere l’importanza delle informazioni relative all’economia circolare basti pensare ai dati resi disponibili dall’Unione Europea che, dal 2014, ha rilevato che almeno il 75% dei prodotti sul mercato presentava dichiarazioni ambientali.

Eppure, nel 2020, più della metà delle informazioni ambientali e climatiche riportate sull’etichetta di un ampio campione di prodotti erano ingannevoli, con il 40% completamente prive di basi solide. Per comprendere l’importanza dell’economia circolare si può considerare che, anche se i brick di cartone realizzati con materiali riciclati possono essere considerati green con riferimento al cambiamento climatico, se vengono analizzati con altri indicatori del ciclo di vita, non si riscontra alcun vantaggio nell’utilizzo di questi contenitori rispetto ad altri materiali.

Tornado al testo della Commissione sui Green Claim, si osserva che la direttiva è stata depotenziata perché il testo attuale non tiene conto di alcuni esempi di evidente greenwashing, come la cattura di carbonio, e manca di concretezza nei criteri di valutazione.

Con la crescente centralità dei temi ecologici, le aziende cercano di sfruttare economicamente la consapevolezza della popolazione dimostrando il proprio impegno nella difesa dell’ambiente, spesso con informazioni vaghe, fuorvianti o addirittura infondate.

La Direttiva Green Claim richiederà alle aziende di fornire prove scientifiche sulla veridicità delle dichiarazioni green, prendendo in esame l’intero ciclo di vita del prodotto. Le etichette ambientali dovranno essere veritiere, trasparenti e verificate da terze parti, e le evidenze scientifiche sulle affermazioni green dovranno essere trasparenti e disponibili per tutti.

Le sanzioni per le aziende che utilizzano dichiarazioni ambientali non comprovate per commercializzare i propri prodotti potrebbero essere multe pari ad almeno il 4% delle entrate o esclusioni fino a un anno dalla partecipazione ad appalti pubblici o sussidi.

La Direttiva Green Claim si concentra su quanto le aziende comunicano volontariamente e si estende il campo di applicazione delle normative europee e stabilisce cosa le aziende possano fare in questo campo, ma non è l’unica Direttiva dell’Unione europea sul tema.

Secondo le previsioni della Commissione, contrastare il greenwashing ridurrebbe le emissioni di circa 7 milioni di tonnellate di CO2 nell’arco di quindici anni.

Cosa dice lo studio del World Economic Forum

Il nuovo studio, che ha preso in esame nove casi, ha riscontrato come oggi si trovano fattori positivi per le PMI, che precedentemente erano svantaggi, e come essi possono portare nuove opportunità che fino ad oggi erano precluse a loro.

Pur registrando per le PMI un ritardo in termini di impatto sociale, lo studio evidenzia che c’è una chiara consapevolezza e necessità di operare in linea con gli obiettivi di sostenibilità, anche se attualmente molte PMI devono ancora includere strategie esplicite e misurare le prestazioni incentrate sull’impatto sociale.

Le principali sfide, individuate dai dirigenti delle PMI, includono:

  • l’acquisizione e il mantenimento dei talenti (per il 52,5% degli intervistati),
  • la sopravvivenza e l’espansione (43,8%),
  • il finanziamento e l’accesso al capitale (35,7%),
  • un ambiente politico non favorevole (21%),
  • la difficoltà di mantenere una cultura forte e un chiaro scopo e valore aziendale (20%).

Le PMI possono sfruttare le loro dimensioni, le reti, le persone e i punti di forza della tecnologia per sostenere i loro obiettivi di crescita sostenibile, impatto sociale positivo e robusta capacità di adattamento. Mentre è essenziale per le PMI e per l’economia in generale aumentare la loro preparazione per il futuro, esse possono prosperare solo nella misura in cui esistono le necessarie infrastrutture di supporto e i quadri normativi.

Lo studio ha l’obiettivo di sviluppare una prima comprensione più profonda delle capacità organizzative e degli orientamenti necessari alle PMI per:

  • generare con successo una crescita finanziaria duratura,
  • influenzare positivamente la società e l’ambiente e
  • – sviluppare alti livelli di resilienza e agilità.

Le conclusioni presentate nella ricerca sono state derivate da un’analisi di oltre 200 articoli, rivisti da esperti, e dall’impegno di più di 300 amministratori delegati e fondatori di PMI che sono stati oggetto di indagini e d’interviste approfondite.

Articolo originariamente pubblicato il 14 Giu 2022

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