Bollette sempre più salate, prezzi del gas in crescita, per non parlare dello scenario di guerra che sta mettendo in crisi gli approvvigionamenti. Il tema energetico è la priorità che sta portando l’Europa a scelte drastiche, costringendo gli Stati a disfarsi dei tacchi, con cui hanno camminato finora, andando in punta di piedi sul Green Deal, per indossare le scarpe da ginnastica, pratiche e veloci, più adatte al cambio di passo imposto dal nuovo programma Re-Power EU.
Eppure sono ancora poche le amministrazioni pubbliche che si affidano a procedure di acquisto di beni e servizi servendosi del procurement innovativo o che utilizzano soluzioni innovative per l’efficientamento energetico. Il che significa che sono tanti quei Comuni che scelgono, per esempio, di sostituire le vecchie lampadine con le nuove tecnologie a led, ma sono ancora poche quelle amministrazioni che riescono a integrare l’acquisto dei led in progetti di digitalizzazione di interi centri urbani.
Insomma non basta più sostituire le vecchie lampadine con i led, ma occorre rendere “intelligente” l’uso dei pali dell’illuminazione, cioè tali da rendere ogni singolo palo un sensore per raccogliere e analizzare dati.
Il concetto di smart city va quindi oltre le innovazioni tecnologiche e racchiude in sé un nuovo modo di concepire la realtà urbana. I servizi per la smart city abbracciano l’intero spettro delle tecnologie informatiche, dal microscopico sensore al data center che ospita le applicazioni. Le amministrazioni centrali e locali devono quindi fornire da un lato infrastrutture abilitanti e dall’altro servizi adeguati.
Accordi con i Comuni per le nuove smart city
Le municipalità sono chiamate sempre più ad aprirsi all’idea di stringere accordi con partner tecnologici, cioè esperti con i quali disegnare il progetto complessivo per le città, un piano che poi i Comuni dovrebbero realizzare con bandi e gare. Ma orchestratati possibilmente da un’unica cabina di regia, con obiettivi chiari, di lungo periodo e con un chiaro rapporto di fiducia tra i partner.
Le città stanno capendo che non basta realizzare piste ciclabili, aggiungere qualche autobus elettrico per contenere le emissioni e rendere più fluido il traffico. È necessario un progetto integrato di connessione, anche flessibile, in base ai cambiamenti della stessa città, trovando la giusta partnership pubblico-privata.
È in quest’ottica che andrebbero colte le opportunità degli appalti innovativi: saper esprimere un fabbisogno in termini funzionali e integrati, per migliorare e rendere più efficienti i servizi ai cittadini e alle imprese, lanciando una “sfida” al mercato, lasciando agli operatori di mercato la libertà di proporre la soluzione tecnica ritenuta più idonea, senza però accettare vincoli o “restrizioni” dai privati per sviluppi futuri.
Procurement innovativo: un potenziale ancora inespresso
Il potenziale degli appalti innovativi è enorme ma ancora inespresso: i dati di AgID ci dicono che dal 2013 al 2019 le pubbliche amministrazioni italiane hanno avviato ottanta gare d’appalto innovative per un valore di 470 milioni di euro. Ancora troppo pochi.
Gli investimenti pubblici ammontavano al 3,3% del Pil nel 2009. Sono crollati un decennio dopo (2018) al 2,1%. Secondo l’Ance, l’Associazione che riunisce le imprese di costruzione, vi sarebbero opere pubbliche, per complessivi 40 miliardi, bloccate solo per la mancanza di firme, lentezze burocratiche, la semplice paura di funzionari assumersi responsabilità personali, penali e patrimoniali.
Lo studio della Banca d’Italia Tempi di realizzazione delle opere pubbliche e loro determinanti ha analizzato, nel periodo 2000-2013, gli interventi dell’Agenzia territoriale per la coesione. La durata media delle opere era di 4 anni e 10 mesi che saliva inspiegabilmente a 11 anni per importi di spesa superiori ai 5 milioni. La progettazione (quando vi erano le professionalità per farla) prendeva il 40% del già lunghissimo tempo. Gli affidamenti in media 6 mesi. Non è, quindi, solo un problema di soldi ma anche di procedure amministrative, di competenze tecniche che molti enti locali hanno perduto.
Pensare allo sviluppo di una città in maniera integrata non è affatto facile. Si tratta di una funzione particolarmente complessa e non sempre facile da gestire. Anche perché quando parliamo per esempio di transizione energetica, e più in generale di ambiente e clima, è impossibile trattare l’argomento a compartimenti stagni.
La partita della transizione energetica e climatica è una partita giocata su più livelli. Da quello comunitario a quello nazionale, per arrivare ai singoli territori. Parliamo di industria, di agricoltura, ma anche di città, di trasporti, mobilità, urbanistica, edilizia e di tante altre cose. Se la strategia energetica si intreccia con quella digitale, la situazione si complica ulteriormente. Parliamo di due strategie sistemiche molto complesse che devono trovare un senso di unitarietà.
Il digitale in aiuto alla transizione energetica
In questa cornice, il digitale può essere di supporto per creare intere città in grado di conoscere il proprio reale fabbisogno energetico, quindi, riuscendo a intervenire dove serve effettuare una riduzione di consumi.
Le tecnologie digitali, per esempio, consentono di creare reti locali e contatori intelligenti, le cosiddette micro-grid e smart meter, che rispondono alle esigenze di consumo di un’area industriale, di un edificio o di un quartiere. Si pensi a quelle esperienze che spingono per una gestione collettiva dell’energia, a quelle Comunità Energetiche Rinnovabili, che è vero che oggi ancora non decollano e nel brevissimo periodo possono incidere poco, ma testimoniano di come le persone vogliono partecipare e contribuire a trovare soluzioni. Quest’anno le Comunità sono salite a 26. Ma il loro numero è destinato a crescere perché molte Regioni stanno legiferando, rendendo l’istituzione delle CER molto più semplici e incentivate. Grazie alla direttiva RED II, le CER possono ora espandere i loro confini anche ad attori industriali e commerciali.
Andiamo verso un obbligo di installazione di energia solare, entro il 2026, su tutti i nuovi edifici pubblici e commerciali di dimensioni superiori a 250mq e su tutti i nuovi edifici residenziali entro il 2029. Se la leva fiscale può agevolare questo passaggio, è impensabile farlo senza il supporto della digitalizzazione.
Un nuovo equilibrio fra innovazione digitale e sostenibilità
Sappiamo che in Italia quasi un Comune su tre ha già avviato almeno un progetto di smart city nell’ultimo triennio. Una percentuale destinata a crescere, con il 35% dei Comuni intenzionata a investire in città intelligenti entro il 2024. Sono dati che inducono a essere ottimisti.
Si pensi all’utilizzo dei pali dell’illuminazione pubblica e dei semafori da utilizzare come sensori, creando così una rete di nodi grazie al 5G. Gli operatori dei dati, avranno bisogno di connessioni capillari per la raccolta e l’analisi dei dati. Occorre puntare a estendere i segnali delle reti utilizzando gli hotspot, i semafori, gli incroci, i pali dell’illuminazione stradale e le altre infrastrutture passive, che vanno digitalizzate e collegate alla rete in fibra ottica, per sviluppare soluzioni e puntare sui verticali, con soluzioni per la logistica, l’industria 4.0, il mondo della scuola, degli ospedali.
Da questo punto di vista, l’infrastrutturazione digitale a supporto della transizione ecologica si intreccia con la costruzione di nuove comunità di prossimità e va a collegarsi con le politiche urbane territoriali. Politiche urbane in cui occorre pensare a partnership tra operatori privati e municipalità.
Due esempi di virtuosità arrivano da Torino e dalla provincia di Viterbo.
Solo una trentina di giorni fa, il sindaco di Torino ha stretto un accordo con il rettore del Politecnico e con quello dell’Università per raccogliere e analizzare dati sui consumi energetici della città e decidere azioni per portare la città verso la neutralità climatica.
La seconda notizia arriva da Montalto di Castro, il primo Comune solare italiano in provincia di VT, che grazie alle norme per le misure compensative e ad accordi di cessione con le imprese fotovoltaiche, sta per azzerare la sua bolletta energetica e sarà in grado di offrire elettricità gratis ai cittadini in difficoltà.
Mobilità smart grazie al digitale
Anche la dimensione della mobilità smart potrà rivoluzionare la città del futuro. Si pensi all’utilizzo dell’intelligenza artificiale per la gestione dei consumi energetici nelle stazioni della metropolitana, con il caso di Madrid a fare da esempio pratico. Si pensi poi ai potenziali benefici delle tecnologie digitali per la della logistica, degli spostamenti urbani. Tutto quell’ambito legato all’infomobilità alla comprensione della mobilità degli utenti e dei viaggiatori.
Per questo è da valutare positivamente il bando da 8,5 milioni sulla mobilità nell’ambito del programma “Smarter Italy”.
Con la pubblicazione del primo bando sulla “Smart Mobility”, il progetto è entrato nella sua fase operativa. Questo primo appalto punta a migliorare la mobilità sostenibile dei Comuni italiani attraverso la sperimentazione di nuove tecnologie. I partecipanti, che hanno tempo fino al 30 giugno per presentare proposte, dovranno ideare una piattaforma innovativa a supporto della mobilità urbana dei territori coinvolti che hanno espresso i propri fabbisogni in tema di traffico, inquinamento, vivibilità dei centri storici e fruibilità dei distretti industriali.
L’accordo AgID-Sogei per l’innovazione sostenibile
Non è un caso che è di questi giorni la sigla di un accordo di collaborazione tra AgID e Sogei, della durata di tre anni, che hanno deciso di mettere a fattore comune la condivisione di conoscenze, competenze ed esperienze tecnico-scientifiche, con la volontà di consolidare l’ecosistema di Open Innovation e di mettere in campo le risorse necessarie per ridurre il time-to-market tra la domanda di innovazione e l’implementazione di soluzioni digitali e sostenibili utilizzando e indirizzando in sinergia gli strumenti degli appalti pubblici di innovazione.
Promuovere l’aggregazione della domanda di innovazione, mettendo in campo tutte le sinergie possibili, è la strada maestra affinché si realizzi quella trasformazione digitale della pubblica amministrazione in grado di cogliere le opportunità offerte dallo sviluppo tecnologico per creare valore e realizzare l’interesse pubblico. Di spazi se ne apriranno tanti. Secondo le stime di Assintel Report, l’osservatorio permanente sul mercato digitale dell’associazione nazionale delle imprese ICT di Confcommercio, curato da IDC, dagli 860 milioni di euro del 2021 si arriverà a 1,1 miliardi nel 2022, fino a raggiungere 1,4 miliardi di euro nel 2023.
La spinta del PNRR
Anche dal PNRR, se completamente attuato, può arrivare una grossa mano all’intreccio virtuoso tra le due transizioni. Grazie al PNRR sono stati avviati bandi e sono stati messi sul tavolo circa 6 miliardi per le energie rinnovabili, all’interno dei 25,3 miliardi destinati all’intera missione “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, in cui rientrano anche idrogeno e mobilità sostenibile.
Se tutto filerà liscio, i bandi si tradurranno in nuovi progetti e sempre in relazione al PNRR, va ricordato che entro questo mese di giugno ci sono importanti scadenze da rispettare:
- dovrà essere adottata la strategia nazionale per l’economia circolare e il programma nazionale per la gestione dei rifiuti;
- dovranno essere aggiudicati tutti i contratti di ricerca sull’idrogeno ed è atteso un bando sull’agri voltaico e agri solare;
- il ministero delle infrastrutture dovrà firmare le convenzioni per la riqualificazione dell’edilizia sociale nei comuni e città metropolitane;
- dal MiSE arriveranno due decreti: uno teso a finanziare lo sviluppo di start-up attive nell’ambito della transizione verde; un altro decreto per agevolare lo sviluppo della produzione energetica eolica e lo sviluppo degli accumuli elettrochimici.
Conclusioni
In un contesto generale di sempre maggiore attenzione degli Enti locali e delle PA verso l’innovazione digitale, sia per efficientare i propri processi interni sia per rendere disponibili a cittadini e imprese servizi digitali accessibili, sta emergendo la tendenza a far crescere la spesa per “innovazione sostenibile”, quella che lega l’utilizzo del digitale finalizzato al risparmio dei consumi energetici.
Le previsioni mostrano, anche, un maggior utilizzo dei canali centralizzati “AgID/Sogei/Consip”, ad evidenziare l’attenzione da parte degli Enti di ridurre i centri di spesa, aumentare il livello di specializzazione nella gestione delle procedure e “razionalizzare” la spesa buona del PNRR, nel senso di una maggiore efficienza ed efficacia piuttosto che di mero contenimento.
Rendere l’Italia una nazione più smart passa dall’accelerazione nell’utilizzo degli appalti innovativi. Ciò dovrebbe garantire l’avanzamento del sistema Paese lungo il percorso di avanzamento digitale, permettendo alle Amministrazioni centrali, Regioni, Città metropolitane e Comuni, di muoversi in maniera più coerente con le indicazioni provenienti dal contesto strategico e dalle regole tecniche generali. PE